È il triste primato fatto registrare a Palermo e provincia dall'inizio dell'anno. Un trend in costante aumento anche nell'Isola. La Sicilia, infatti, è una fra le regioni più pericolose per i lavoratori, con già 49 vittime fino a luglio e molti feriti anche in tarda età
Incidenti sul lavoro, nel 2019 due morti al mese Sindacati: «Poca sicurezza, servono più controlli»
Due morti al mese. È il triste primato fatto registrare a Palermo e provincia dall’inizio dell’anno con 15 vittime nei primi sette mese del 2019. Un trend, quello degli incidenti mortali sul lavoro, purtroppo in costante aumento anche nell’Isola. La Sicilia, infatti, è una fra le regioni più pericolose per i lavoratori: già 49 morti a luglio e tantissimi feriti anche in tarda età. Rispetto al periodo gennaio-luglio 2018, infatti, nei primi sette mesi di quest’anno vi sono stati ben 13 morti bianche in più: 29 nell’industria e servizi, 8 in agricoltura, 2 nel pubblico impiego. E quasi un terzo solo nel nel capoluogo. Un’emergenza senza fine, come conferma l’ultimo caso, in ordine di tempo ma ancora non incluso nei dati open data diffusi dall’Inail, della tragica morte dell’operaio ucciso dal fulmine a Polizzi Generosa la scorsa settimana.
Ma a preoccupare sono anche i numeri legati gli infortuni. Seppure in lieve diminuzione – 516 gli episodi -, sono aumentati in modo significativo non solo nel Palermitano, ma anche a Messina, Ragusa e Trapani, nella fascia di età compresa tra 55 e 69 anni. In totale, si contano a Palermo nei primi sette mesi dell’anno 3592 denunciati nel 2018, e 3504 nel 2019. Una tendenza che ci conferma anche a livello regionale: a fronte di 16275 casi segnalati nel 2018, quest’anno, nello stesso intervallo di tempo, sono stati 16126.
«Morire di lavoro non è colpa del destino – denuncia l’economista Franco Garufi commentando i dati Inail diffusi oggi sul sito del Centro Pio la Torre – è una diretta conseguenza della diminuita attenzione alla sicurezza dei luoghi di lavoro e del generale appesantirsi delle condizioni di lavoro. Frutto anche del protrarsi della crisi economico, le aziende investono meno in sicurezza. Le lavoratrici e i lavoratori sono pressati anche dal timore della perdita del posto e riescono assai meno del passato ad organizzare iniziative di resistenza contro l’arretramento delle condizioni materiali nelle quali prestano la propria opera». Per l’economista, proprio la caduta di attenzione e capacità di intervento sui temi della sicurezza, sommata agli effetti di provvedimenti legislativi sbagliati, è alle origini della tragica impennata del numero dei morti, tanto che non sarebbe eccessivo definire gli incidenti mortali come omicidi bianchi.
«Ognuno deve assumere le proprie responsabilità ed è necessario alzare il livello della mobilitazione di massa – prosegue lo studioso – per richiamare l’attenzione dell’intero paese sulla drammatica condizione di chi esce da casa per guadagnarsi il pane quotidiano e va incontro ad un tragico destino provocato non dalla malasorte ma da precise responsabilità delle aziende e degli enti preposti ai controlli. Il paradosso, poi, è che gli incidenti mortali crescono di più nella parte d’Italia dove c’è meno lavoro e nei settori in cui le condizioni della prestazione sono più pesanti, come l’agricoltura, dove la lotta per la sicurezza del lavoro si intreccia strettamente con quella al caporalato».
«È un dato preoccupante che non riguarda solo la Sicilia ma l’intero Paese dove si registrano quasi 600 casi dall’inizio dell’anno – segnala Sebastiano Cappuccio segretario regionale Cisl – Da tempo come sindacato stiamo chiedendo al governo un impegno effettivo, incisivo e di grande tutela rispetto a una questione che è diventata non più tollerabile: non è possibile morire sul lavoro. Occorre, infatti, che ci sia un impegno vero sul tema della sicurezza nelle aziende e nei cantieri dove si fanno le opere. Da tempo abbiamo avviato una forte mobilitazione con le altre sigle sindacali – aggiunge – c’è un problema sul quale occorre prendere una posizione seria per garantire i massimi livella di sicurezza e, soprattutto, servono puntuali verifiche».
«Gli incidenti mortali sul lavoro aumentano, soprattutto in Sicilia, e questo dato è inaccettabile – ricorda a sua volta il segretario generale Uil Claudio Barone – Non vogliamo più assistere alla semplice retorica del “piangere il giorno dopo”, servono scelte ben precise e immediate. Il numero degli ispettori del lavoro è insufficiente. Non ci sono norme valide se non c’è chi vigila per farle rispettare. È una scelta colpevole dei governi che sino ad oggi non sono intervenuti. Bisogna smetterla con questo atteggiamento ipocrita, chiediamo una convocazione immediata, insieme all’Inail, per intervenire e garantire ai siciliani massima sicurezza nei luoghi di lavoro».
«Di fronte a più di mille morti all’anno per incidenti sul lavoro è il caso di introdurre il reato di omicidio colposo – commenta Francesco Piastra, segretario d’organizzazione Cgil Palermo -. Responsabilizzare l’azienda e chi ne detiene la responsabilità è fondamentale affinché la sicurezza non sia un fatto formale. Le leggi ci sono, la 626 del 96 e il testo unico del 2008 ma vengono gestiti in maniera burocratica.È fondamentale che non solo nel progettare un ‘opera sia insito il piano di prevenzione dei rischi ma nell’esecuzione di qualsiasi attività lavorativa ci sia un applicazione pedissequa delle prescrizioni delle norme di sicurezze. Si continua a morire per le cadute dall’alto, per le attività nelle cisterne, nei pozzi è un cliché che si ripete ogni anno. La prevenzione e la cultura per la sicurezza devono iniziare nei banchi della scuola per i futuri imprenditori o lavoratori».