In via D’Amelio suona il silenzio alle ore 16:58 Palermo ricorda Borsellino e agenti della scorta

Alle 16.58, in via D’Amelio, le note del silenzio rievocano il boato di 24 anni fa, quando il tritolo mafioso dilaniò il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Cosina, Vincenzo Li Muli e Claudio Traina. In alto si levano le mani dei partecipanti, quest’anno in numero leggermente inferiore rispetto alle celebrazioni scorse, che stringono le agende rosse. Poi un lungo applauso. 

Per tutta la giornata il popolo delle agende rosse ha animato la strada con tantissimi bambini, che sono stati coinvolti in tante attività educative e di gioco. Decine di striscioni campeggiano ancora adesso sulla cancellata del palazzo dove abitava la madre del giudice, luogo dell’attentato. La maggior parte sono del movimento che si chiama, appunto, Le agende rosse, portate da volontari provenienti da più parti della Sicilia e d’Italia. Ci sono anche i volontari di Scorta civica ed esponenti del Siap, il sindacato della polizia e del reparto scorte di Palermo

Tanti gli slogan che si possono leggere sugli striscioni, come «ricordare ci rende consapevoli, forti, ma solo agire ci rende simili», oppure «via D’Amelio strage di Strato». E poi decine le magliette e i cappellini rossi che ricordano le stragi del ’92. Su questi, ancora altri slogan: «la mafia uccide, l’indifferenza pure», «un giorno questa terra diventerà bellissima», e ancora «le loro idee camminano sulle nostre gambe» e «mai più trattative Stato-mafia». Presenti tra gli altri, il fratello del giudice Paolo e leader del movimento Agende Rosse, Salvatore Borsellino, il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, il primo cittadino di Messina, Renato Accorinti, e quello di Palermo Leoluca Orlando, che hanno preso in braccio proprio Salvatore Borsellino. Sul palco allestito in via D’Amelio le testimonianze di vita e di impegno e l’orchestra dell’istituto comprensivo di Ficarazzi.

«Paolo è stato ucciso da una bestia che aveva la testa dello Stato e il corpo della mafia – attacca ancora una volta Salvatore Borsellino – Paolo è vivo, non siamo venuti a piangere né lui né quelli che hanno sacrificato la loro vita nella ricerca della verità. Il loro sacrificio li ha resi invincibili. Li hanno dotati di una forza che non gli potranno mai togliere, noi continueremo a combattere per loro». Borsellino racconta anche di avere ricevuto una lettera da parte del giudice Nino Di Matteo, «Mi sento come un animale braccato – avrebbe scritto il magistrato – mi hanno messo il bavaglio». «Oggi – dice il fratello di Paolo Borsellino – lo hanno mandato via da Palermo perché non fosse qui. Gli hanno messo il bavaglio, questo è il trattamento che hanno riservato a chi combatte per la verità».


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