Erano una cinquantina, riuniti in preghiera davanti alla chiesa simbolo di San Berillo, il Crocifisso della buona morte. Il ricordo di Andrea Verdura, senza fissa dimora e con gravi problemi psichici, impiccatosi nella notte tra il 5 e il 6 luglio, si trasforma in riflessione. «Siete sicuri che voi siete perfetti?», legge un amico di Andrea, prima che il gruppo si faccia strada fino alla stazione, davanti al luogo della sua morte. Tra gli sguardi stupiti del quartiere. Guarda le foto
In strada per ricordare Andrea, clochard L’assessore: «Una morte che mi ha colpito»
«Nessuno sceglie di vivere in strada, nemmeno Andrea lo ha fatto». Senza fissa dimora per molti anni, vissuti tra la stazione centrale e San Berillo, dove ieri, in piazza Giovanni Falcone, amici e conoscenti lo hanno ricordato. Andrea Verdura, 47 anni, si è suicidato nella notte tra il 5 e il 6 luglio, impiccandosi a una ruspa all’interno del cantiere della metropolitiana. «Era un sabato di luglio come oggi», ricorda Gabriella Virgillito, direttrice di quella redazione di strada che sul mensile Scarp de ‘tenis ha raccontato la sua storia. «Aveva una sontuosa coda di cavallo quando ci siamo conosciuti», ricorda Angus, anche lui una vita in strada e membro di quella redazione. Ma soprattutto amico di Andrea, uno dei pochi. «L’ultima volta che l’ho visto era quel giorno. Mi ha offerto una sigaretta e poi si è inginocchiato davanti alle auto, in una sorta di delirio. Spero che la sua morte serva alle istituzioni per fare di più», ricorda Angus ai presenti, una cinquantina di persone. Perché Andrea aveva gravi problemi psichici, ma mal curati.
«Lui non era famoso, ma era un amico. E nonostante i soli due mi piace quando l‘ho ricordato su Facebook, un po di lui resterà dentro», ricorda Roberto, anche lui redattore di strada. Così come Tony, che ha scritto una poesia. «Se davvero si è impiccato, ha avuto un bel coraggio. Ma siete sicuri che voi siete perfetti?», legge l’uomo. La risposta dell’assessore ai servizi sociali del Comune di Catania, Fiorentino Trojano, anche lui presente alla commemorazione, sembra quasi una dichiarazione di intenti. «Questa morte mi colpisce anche professionalmente. Posso solo dire che quando Basaglia chiuse gli ospedali psichiatrici, si occupò della scommessa più difficile ovvero tirare fuori gli ultimi, quelli nudi nella stanza in fondo, di cui nessuno si occupa», dichiara Trojano.
La piazza antistante la parrocchia Crocifisso della buona morte, nella quale si tiene l’insolita assemblea, è un continuo via vai di auto e motorini, nonostante sia chiusa al traffico. Dei bambini giocano a calcio e tantissimi stranieri passano accanto al gruppo, riunitosi in preghiera. «Andrea prega per noi, così piccoli e soli ogni volta che fingiamo di non aver visto», prega Paola, poco prima che inizi la processione, tra gli sguardi stupiti di molti. L’arrivo è alla stazione, davanti a quel cantiere all’interno del quale è stato ritrovato Andrea Verdura. Qui i volontari del Cope leggono un pezzo dell’omelia che papa Francesco ha rivolto ai migranti di Lampedusa. «Caino dove è tuo fratello? Chiede Dio. La voce del sangue del fratello ucciso grida a te a ne a noi. Rispondiamo che responsabile sono tutti, e quindi nessuno, ma Dio chiede a ciascuno di noi». Alla fine il foglio con l’omelia del pontefice viene bruciato, «affinché le parole salgano al cielo», ricorda Roberto.