Un collega e un amico. Che, nella sua vita professionale, ha scelto il rischio per amore della professione. Lasciando il più importante quotidiano dell'Isola per diventare editore e direttore del quotidiano LiveSicilia. E scegliersi i propri compagni di strada. Tra loro anche Giulio Ambrosetti, autore di questo testo «venato di tristezza e malinconia. Ma lo ricordo col sorriso dei migliori giorni».
In ricordo del giornalista Francesco Foresta «Forse la morte è solo l’inizio del secondo tempo»
Magari ha ragione Lucio Dalla quando dice che la morte è solo l’inizio del secondo tempo. Ci piace immaginarlo pensando a Francesco Foresta, il collega e amico che oggi ha lasciato questa Terra. Magari giocherà il suo secondo tempo come ha fatto nel primo: con allegria, rischiando. Un giornalista che lascia il posto di redattore al Giornale di Sicilia, il più importante quotidiano della regione: che follia, dicevano in tanti.
Ma Francesco Foresta ha tirato dritto per la propria strada, con la forza delle sue idee: diventare editore e direttore di un giornale per non prendere ordini da nessuno. O, magari, per scegliersi i compagni di strada, in libertà. Alla grande.
I ricordi personali sono tanti. E in questo momento sono troppo venati da tristezza e malinconia. La tristezza si accompagna al dolore. Mentre la malinconia può anche essere legata all’allegria. Ed è con qualche brandello di allegria, con il sorriso dei giorni migliori che provo a ricordare un amico.
Chi scrive ha conosciuto Francesco alla fine degli anni ’80 del secolo passato. Piero Fagone – uno dei decani dei cronisti politici della nostra Isola (l’altro è Giovanni Ciancimino della Sicilia di Catania) – lasciava il Giornale di Sicilia. Al suo posto, per seguire le cronache (o le comiche, a seconda dei punti di vista, che nel mio caso e in quello di Francesco coincidevano) dell’Assemblea regionale siciliana arrivava lui. Voluto lì, così mi era sembrato di capire, dall’allora vice direttore del suo giornale, Giuseppe Sottile.
Siamo diventati amici. E lo siamo sempre rimasti. Anche se le nostre strade si sono incrociate solo qualche volta. Ricordo ancora un pranzo in casa di un’amica comune con Giuseppe Amato. Che mi disse: «Prima o poi farò un giornale a Palermo». Ci siamo reincontrati dopo che ‘I love Sicilia’ – il mensile diretto da Francesco del quale Giuseppe Amato era ed è tra i protagonisti come editore – era in edicola. “Hai visto – mi disse Giuseppe -. L’ho detto e l’ho fatto. E faremo altre cose. Vedrai”.
Con Francesco ci siamo rivisti una mattina negli uffici dell’assessorato regionale ai Beni culturali. Io ero lì inchiummato nell’ufficio stampa. Francesco mi disse: «Tu qui duri poco. Siccome te ne andrai, comincia a collaborare col mio mensile». Risposi: «Francè, non mi va». Mi rispose: «Ma tu non devi scrivere articoli. Mi devi mandare una lettera al mese. Non mi dire che non puoi nemmeno scrivere una lettera perché non ci credo! Vai». E così è cominciata la mia collaborazione con I love Sicilia. Con le lettere surreali al direttore. Puro divertissement. Un modo divertente per scambiare quattro chiacchiere con Francesco ogni mese.
Io ero lì inchiummato nell’ufficio stampa. Francesco mi disse: Tu qui duri poco. Siccome te ne andrai, comincia a collaborare col mio mensile
Poi è arrivato LiveSicilia, il quotidiano on line. Francesco mi ha invitato a collaborare. Ero già disoccupato. Ricordo un articolo scritto dopo la condanna di Totò Cuffaro. Era un po’ tosto. Al telefono Francesco mi ha detto: «Tutto a posto, lo sto pubblicando».
A fine 2011, con un’amica, è nato LinkSicilia. Ricordo un suo sms: «Il sito è bello. Vai». Era un incoraggiamento. E’ stato bello leggerlo. Scritto da un collega vale il doppio. Poi non ci siamo più sentiti. Lui incasinato, noi peggio di lui.
Di recente mi hanno detto che stava male. Nemmeno per un istante ho pensato di non rivederlo più. Non ci ho voluto credere. Nemmeno ora ci voglio credere. E non ci credo. Per me è solo iniziato il suo secondo tempo.