Géza Kertész è un nome sconosciuto ai più, ma che ha con la città di Catania un fortissimo legame. Calciatore, allenatore e organizzatore della resistenza antinazista nella sua Ungheria, per quattro stagioni – dal 1933 al 1936 e nella stagione ’41-’42 – dirige la squadra etnea guidandola dalla prima divisione alle soglie della Serie A. Dopo un periodo passato sulla panchina anche di Lazio e Roma, torna in patria, dove prende posto tra gli oppositori al regime nazista. Per permettere agli ebrei e ai dissidenti rinchiusi nel ghetto di Budapest di fuggire, si traveste da soldato della Wehrmacht. Catturato dalla Gestapo, viene giustiziato il 6 febbraio 1945. Ieri mattina Catania lo ha ricordato in piazza Verga, dove ai tempi di Kertész sorgeva lo stadio denominato il campo dei Cent’anni, con un mini-torneo di calcio per bambini e una piccola mostra fotografica con materiale d’archivio degli autori del volume Tutto il Catania minuto per minuto. A fare da guida anche i membri del comitato pro Géza Kertész, creato proprio per ricordare lo sportivo e che da tempo chiede che gli venga intitolata una strada in città.
«È riuscito a conciliare l’amore per lo sport con gli ideali più profondi – spiega Orazio Licandro, assessore ai Saperi – Ha lasciato a noi e ai più giovani un’eredità immensa, formata dai valori che hanno contraddistinto la sua vita». A lui fa eco il primo cittadino Enzo Bianco: «Oggi Catania lo ricorda con affetto e dolcezza. Molti anni dopo gli diciamo grazie». Eppure la stragrande maggioranza dei catanesi non ha idea del ruolo importante del tecnico ungherese negli anni prima della Seconda guerra mondiale. Una storia ignorata anche dai tifosi e dalla stessa società calcistica. «Tutto quello che è accaduto prima del 1946 – anno della fondazione del Calcio Catania, ndr – è come se non esistesse», spiega Roberto Quartarone, esperto di storia dello sport etneo e blogger di CTzen. «Nel 1936, l’anno in cui Kertész Géza va via, viene meno l’apporto economico del Duca di Misterbianco», racconta Santo Privitera, membro del comitato. Per sopravvivere, la società diventa l’associazione fascista Calcio Catania. Dopo la guerra, la squadra viene rifondata, ma l’accostamento scomodo al regime fa sì che la storia della vecchia società venga messa da parte. E con essa anche il ruolo dell’allenatore magiaro.
E adesso anche in Ungheria c’è il rischio che il ricordo del sacrificio di Géza Kertész venga meno. A lanciare l’allarme sono i discendenti dell’allenatore: «Nel 1946 ricevette una tomba onoraria dal ministro in carica in quel periodo – ha scritto in una lettera Lajos Peczely, nipote dello sportivo – Purtroppo per il governo di oggi non è più importante la sua storia ed hanno intenzione di togliere dal cimitero il suo posto di sepoltura». Alla richiesta di aiuto hanno risposto prontamente i membri del comitato. «Ci siamo impegnati ad aiutare i parenti – afferma Quartarone – Abbiamo inviato la rassegna stampa che lo riguarda e la ricostruzione della sua morte fatta dalla moglie e pubblicata sui quotidiani locali nel 1946». E quel filo reso labile dal tempo potrebbe adesso rinsaldarsi grazie all’impegno comune, nonostante l’indifferenza degli eredi di quel periodo.
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