Il 22enne ha scritto un pezzetto di storia del ciclismo ed è a un passo dalla vittoria finale. La sua avventura europea inizia in Sicilia grazie a Paolo Alberati, papà del parco ciclistico dell'Etna. «Non aveva mai toccato il mare, lo ha fatto a Catania». Guarda le foto
Il passato siciliano di Egan Bernal, nuovo re del Tour L’Etna, il mare e una casa a Taormina che lo aspetta
Il Comune di Trecastagni potrà un giorno vantare una rotonda che, seppur in maniera ufficiosa, porterà il nome del possibile vincitore del Tour de France 2019: il colombiano Egan Bernal, 22 anni lo scorso gennaio, che ieri è stato capace di scrivere una grande pagina di ciclismo contemporaneo.
Il colombiano del Team Ineos (ex Sky) ha infatti sovvertito tutti i pronostici, con un’azione da lontano che ha sconvolto la classifica generale: Bernal è scattato a 5 chilometri dalla sommità dell’Iseran, vetta più alta del Tour di quest’anno con i suoi 2700 metri, facendo letteralmente il vuoto. Un’azione pronosticata dal suo primo mentore in terra europea.
Paolo Alberati – ex ciclista perugino ma siciliano d’adozione ora talent scout e procuratore, nonché papà del parco ciclistico dell’Etna – ha infatti adottato il giovane Egan per un mese a partire dall’agosto del 2015. Tutto inizia grazie ad Andrea Bianco, ct della nazionale colombiana di Mountain Bike che, in vista di una gara ad Andorra, segnala ad Alberati questo grande talento. Grazie ad un accordo con la federazione, Bianco riesce a prolungare il volo di rientro da Barcellona a Bogotà di trenta giorni, e Alberati organizza l’arrivo del biker in Sicilia.
L’atterraggio in piena notte a Fontanarossa segna l’inizio dell’avventura di Bernal nel Vecchio Continente. Le due gare disputate prima di stipulare il suo primo contratto si tengono a Montalbano Elicona e sulle strade toscane: due vittorie nette, ottenute sbaragliando i rivali. Gianni Savio, manager della squadra Androni-Giocattoli, decide di non farselo scappare, dando così inizio alla carriera su strada del fenomeno venuto da Zipaquirà.
Il mese vissuto a Pedara accanto a Paolo Alberati è pieno di curiosi aneddoti: il primo giorno d’allenamento su strada, complice la mancanza di abitudine e un asfalto leggermente bagnato, Bernal cade nella vicina Trecastagni all’altezza di una rotonda che, da allora, porta scherzosamente il suo nome. La Playa di Catania, poi, è anche il luogo del suo primo approccio col mare: «Non sapeva nuotare e non aveva mai toccato l’acqua – ricorda Alberati – per questo siamo andati al Lido Azzurro. Lui, però, ha desiderato che andassimo fin lì in bicicletta, per non perdere un giorno d’allenamento. Gli ho fatto anche visitare la pescheria di Catania: sempre rigorosamente in sella alle due ruote».
Bernal è stato un professionista a tutto tondo anche durante il periodo siciliano: «Faceva vita da atleta – conferma Alberati – dormendo molto e mangiando in maniera equilibrata. Niente zuccheri, pane tostato, molte uova, prosciutto e solo un po’ di the. Il caffè lo ha bevuto soltanto una volta, lo ha fatto agitare. Durante un pranzo, Bernal ha rifiutato anche una lattina di Coca Cola offertagli da mia moglie. Ci ha confessato di non berne da un anno come fioretto dedicato alla possibile vittoria del mondiale di mountain bike ad Andorra. In quell’occasione era giunto terzo e aveva deciso di prolungare l’astinenza fino alla firma del primo contratto. Egan – ricorda sorridendo Alberati – si è concesso quella lattina solo dopo la firma dell’accordo con la Androni».
Un particolare rivela, poi, il suo attaccamento alla Sicilia, luogo in cui ha stravinto anche la Etna Marathon Mtb: «A metà strada tra l’Isola Bella e Taormina – racconta Alberati – c’era una casa abbandonata. Mi ha detto che un giorno gli sarebbe piaciuto comprarla. A breve, magari, potrebbe tornare qui per acquistarla. Così potrebbe anche mangiare nuovamente la crostata di mia moglie, di cui andava ghiotto».