Uno strumento che costerebbe allo Stato 17 miliardi di euro, recuperabili secondo i pentastellati da tagli e tassazioni. Per un sostegno di almeno 780 euro al mese ai cittadini in possesso dei requisiti. E che rispettino alcune norme «per non cullarsi sull'assistenzialismo», spiega la senatrice Nunzia Catalfo
Il M5s presenta il reddito di cittadinanza Ecco i diritti e i doveri dei beneficiari
Combattere il rischio povertà e incentivare la ripresa economica, con una mossa che sembra più una manovra finanziaria che una misura assistenzialista. Sono questi gli obiettivi alla base della proposta del Movimento 5 stelle di introdurre in Italia il reddito di cittadinanza. Il disegno di legge, discusso di recente in commissione Lavoro e previdenza sociale del Senato, in attesa di arrivare in Parlamento – è stato presentato ad Acireale nel corso di un incontro a cui hanno preso parte la senatrice Nunzia Catalfo, le deputate regionali Angela Foti e Gianina Ciancio e Luca Romeo dell’associazione Libera.
«È inaccettabile che lo Stato abbandoni i propri cittadini a se stessi in seguito alla perdita del lavoro o all’impossibilità di trovarne uno – dichiara Catalfo -. La nostra proposta rappresenta una possibilità concreta per tirare fuori tantissime persone dal rischio povertà». Il riferimento alla soglia sotto la quale ufficialmente si vive in un regime di povertà è al centro del disegno di legge. Il reddito di cittadinanza, infatti, mira ad assicurare un minimo di 780 euro mensili al singolo, una cifra che su base annua garantirebbe il percepimento di 9.360 euro. «La nostra proposta rappresenta non solo un sostegno per le persone in difficoltà e per i tanti giovani che oggi non riescono a trovare le condizioni idonee a inserirsi nel mondo del lavoro – prosegue la senatrice – ma anche un’opportunità per l’intera economia di riprendersi, poiché aumentando la disponibilità economica degli individui anche i consumi potrebbero beneficiarne».
Il reddito di cittadinanza, stando alla proposta del M5s, prevede un aumento proporzionale del contributo in base al numero di persone che compongono il nucleo familiare e costerebbe allo Stato, per il primo anno, circa 17 miliardi di euro. Una somma che avrebbe già le coperture: «Parliamo dell’un per cento del Pil – continua Catalfo -. Recuperare questi soldi è possibile, andando a incidere nella tassazione dei giochi d’azzardo e tagliando le spese superflue della pubblica amministrazione e della politica, senza dimenticare le pensioni d’oro». La proposta, inoltre, non rischierebbe di indurre i cittadini a ritirarsi dal mondo del lavoro, confidando nell’assistenzialismo di Stato. «Il rischio non si pone – commenta Catalfo – poiché, per percepire il reddito di cittadinanza, il singolo deve dimostrare di essere attivo nella ricerca del lavoro. Il ddl prevede un potenziamento degli uffici per l’impiego e una serie di doveri per il beneficiario che avrebbero ricadute positive per l’intera comunità in cui vive».
Tra gli obblighi per il beneficiario sono previsti, oltre alla ricerca attiva di un’occupazione, l’impossibilità di rifiutare per tre volte le proposte di lavoro fatte dall’ufficio per l’impiego, informare lo Stato di ogni variazione del reddito, nonché l’impossibilità di licenziarsi per due volte nello stesso anno senza giusta causa. Il cittadino, inoltre, dovrebbe dare il proprio contributo per otto ore settimanali a favore della comunità. «Cambiare le cose è possibile, basta volerlo. Nel 2015 l’Italia non può permettersi di continuare ad abbandonare i cittadini al proprio destino», conclude la senatrice.