Prosegue la rassegna cinematografica in lingua originale dell'Università di Catania. Protagonista della seconda serata è stato il film No - I giorni dell'arcobaleno del regista cileno Pablo Larraín. A rievocare il periodo precedente alla votazione indetta dal dittatore Pinochet per la sua riconferma, non è stata solo la pellicola candidata agli ultimi Oscar, ma anche i ricordi di Gabriel Aldunates, quarantaduenne attore cileno da tre anni in Sicilia
Il Learn by movies 11 nel Cile di Pinochet Il racconto: «A 17 anni votai no al plebiscito»
Non c’era l’attore messicano Gael Garcìa Bernal ieri al cinema Alfieri per la seconda serata del Learn by movies, la rassegna di film in lingua originale organizzata dall’università di Catania. L’annuncio sulla pagina Facebook della sua presenza durante la proiezione del film di Pablo Larraín No – I giorni dell’arcobaleno, di cui è protagonista, era un pesce d’aprile. Rivelato saggiamente in tempo dagli organizzatori per evitare che gli spettatori si arrabbiassero. A differenza della prima serata con l’astronauta Luca Parmitano in collegamento dagli Usa, nessun ospite ha introdotto la proiezione. In sala, però, c’era uno spettatore d’eccezione: Gabriel Aldunates. Attore e marionettista cileno, 42 anni, il periodo del referendum per il ritorno della democrazia in Cile lo ha vissuto e molti dei filmati originali della campagna, del sì come di quella del no, alle quali il regista ricorre frequentemente nella pellicola, li ha visti ai notiziari del tempo. Era il 1988 e il suo Paese era sotto la dittatura di Augusto Pinochet da 15 anni. Al referendum votò contro la conferma al potere del generale dittatore per altri otto anni, un mese prima di compiere 18 anni, mentendo sull’età.
«Era un periodo di violenza sistematica che, per fortuna, non ho subito in prima persona. L’ho vissuta indirettamente, perché conoscevo gente e amici che erano stati torturati o che avevano i genitori che erano stati fatti scomparire», racconta Aldunates, che vive in provincia di Siracusa da tre anni e gestisce con la sua compagna siciliana una fattoria didattica. «La campagna fu forte – ricorda – Per la prima volta si dicevano le cose che per 15 anni non si erano potute dire».
«Il plebiscito rappresentava una speranza ma, nonostante il risultato, alla fine non si è avverata», afferma con rammarico. Dal referendum, come dal film di Larraín, viene fuori un Paese diviso. «Noi abbiamo lasciato morire Pinochet di morte naturale senza sottoporlo a nessun giudizio. È la dimostrazione che non c’è stato un vero cambiamento», spiega Aldunates. E le scelte politiche degli anni seguenti ne sono la prova. Di quell’esperienza, però, secondo il marionettista cileno, è rimasto «lo spirito di volersi esprimere».
Il film, accolto con favore al Festival di Cannes, candidato agli Oscar come miglior film straniero e sconfitto da La grande bellezza di Paolo Sorrentino, Aldunates l’ha visto per la prima volta ieri sera insieme a tutti gli universitari, e non solo, presenti nella sala di via Duca degli Abruzzi. La storia del giovane pubblicitario René Saavedra (interpretato da Garcìa Bernal), a cui i leader dellopposizione decidono di affidare la campagna pubblicitaria a favore della caduta della dittatura, lo ha emozionato, risvegliando in lui ricordi offuscati dal tempo.
Per Aldunates è facile ritornare indietro con la memoria, ma il bravo regista cileno riesce a coinvolgere anche il pubblico che del Cile e Pinochet ha letto solo sui libri, scegliendo di girare interamente il film in 4:3, con una qualità delle riprese volutamente scadente, per creare continuità con le scene originali. Il ricordo più vivo nella mente dello spettatore cileno, che ha deciso di fare della Sicilia la sua casa, è quello dei festeggiamenti del 5 ottobre, il giorno del referendum. «Fu una festa bellissima. La gente abbracciava i poliziotti e regalava fiori. Fu un’esplosione di allegria», racconta. E lui, seppur diciassettenne, aveva detto «no» a Pinochet e fatto la sua parte.