Il grande inghippo di Sicilacque spa

Stamattina abbiamo pubblicato la notizia dei possibili problemi dell’Eas, l’Ente acquedotti siciliani. Al quale l’Enel ha notificato una bolletta di 13 milioni di euro. Una somma che Eas non può pagare. Con il rischio, come potete leggere nel già citato articolo pubblicato oggi, che 45 Comuni siciliani rimangano a secco.

Questo è soltanto uno dei tanti esempi della follia, non esattamente ‘erasmiana’, con la quale la politica siciliana affronta i problemi legati alla gestione dell’acqua. Una gestione che, riordiamo, è ancora privata, in barba al referendun sulla pubblicizzazione del servizio idrico celebrato nel giugno dell’anno scorso. Un referendum che dovrebbe riportare in Italia la gestione pubblica dell’acqua. In Italia, ma non nella ‘Repubblica idrica siciliana’, dove i privati, foraggiati dalla Regione siciliana (cioè dali ignari contribuenti sicilianiche vorrebbero l’esatto contrario), continuano a fare il bello e il cattivo tempo.

La logica e la razionalità non sono di casa alla Regione siciliana, in materia di gestione idrica. Un esempio? Eccolo: si mette in liquidazione l’Ente acquedotti siciliani e si tenta di pubblicizzare la società Siciliacque spa per assolvere al compito cui era preposto l’Eas. Se c’è qualcuno che sappia spiegare la “ratio” di questa ‘riforma’ darà un grande contributo all’intelligenza comune, perché chi scrive che, forse, è dotato di una intelligenza mediocre, non riesce proprio a capire l’alto contenuto strategico di questo avvicendamento.

Si chiude, insomma, un Ente che ha svolto per 55 anni il proprio impegno realizzando sia la ricerca delle fonti idriche, sia la rete distributiva, curando la distribuzione ad oltre l’80 per cento delle utenze siciliane irrigue, industriali e civili. E lo si fa distruggendo un patrimonio di professionalità e di competenze di sicuro affidamento.

Solo per citare un esempio, va detto che il disegno di legge che istituisce la “Agenzia regionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acque”, esitato recentemente dalla IV commissione legislativa dell’Assemblea regionale siciliana, è in ritardo di 27 anni sulla proposta avanzata nel 1985 dai lavoratori e dai loro sindacati con propria elaborazione. Proposta nella quale la filosofia di fondo era rappresentata dalla tripla equazione: ambito unico, gestione unica e tariffa unica, allo scopo di evitare disparità tra le utenze presenti nelle diverse aree territoriali siciliane tra quelle più dotate di risorse idriche e quelle meno dotate.

Nel tempo la risposta a questa proposta è stata la costituzione di Sicilacque spa, un società privata dove la Regione siciliana ha una partecipazione di minoranza. Sicilacque avrebbe dovuto incamerare tutte le infrastrutture idriche pubbliche realizzate in oltre cinquant’anni con i soldi dei siciliani. Per poi rivendre la stessa acqua, che è già dei siciliani, agli stessi siciliani. Utilizzando, come già ricordato, le infrastrutture idriche pubbliche della Sicilia. Una follia! Operazione che è riuscita solo i parte, perché molti Comuni siciliani si sono rifiutati di avallare questo imbroglio voluto, nei primi anni del 2000, dal Governo Berlusconi e dal Governo regionale, sull’onda della gestione privata dell’acqua.

All’operazione Sicilacque si è associata la messa in liquidazione dell’Ente acquedotti siciliani. Più recentemente, a seguito del referendum popolare del 12-13 giugno 2011, l’Assemblea regionale siciliana ha affrontato l’argomento, trovando un escamotage che lascia tutto com’è, ma sovrapponendo alla gestione di stampo privatistico l’Agenzia regionale per la regolazione e la vigilanza il materia di acqua. Una sorta di autority che sovraintenda al rispetto dei “Principi per la tutela e la gestione pubblica delle acque” che, però, avviene tramite la società Sicilacque spa. Intanto l’Ente acquedotti, come già ricordato, va in liquidazione.

Per restare ai termini generali della materia, osserviamo che l’Agenzia avrebbe il compito di far rispettare i principi secondo i quali deve essere “utilizzato, gestito e governato il patrimonio idrico regionale”, nonché di “garantire il ciclo integrato dell’acqua rispettando i criteri di sostenibilità, solidarietà ed economicità”. Tutti precetti sacrosanti la cui osservanza non era mai stata messa in discussione nella precedente gestione pubblica operata dall’Ente acquedotti siciliani.

Va osservato, però, che per consentire il principio di economicità si disperde intanto il patrimonio di professionalità costituito dal personale dell’Eas, utilizzandolo un po’ qua e un po’ là. Tecnici specializzati che sono costretti a operare in settori diversi da quelli che conoscono.

Il tutto mentre nell’Agenzia, prevista dal disegno di legge esitato dalla quarta commissione legislativa dell’Ars, dovrebbe confluire il personale proveniente dai nove Ato provinciali esistenti (personale assunto, ovviamentee, con criteri rigorosamente clientelari, cioè senza concorsi, ma per ‘chiamata diretta’ da parte della politica). Affidando la gestione della distribuzione dell’acqua a Sicilacque spa che dovrebbe essere pubblicizzata. E, contemporaneamente, promuovendo la costituzione di altrettante sedi provinciali dell’Agenzia – definite agenzie d’ambito territoriale – ai cui costi si provvederebbe mediante l’istituzione di un fondo regionale per la “ripubblicizzazione del servizio idrico integrato”. Chiudete gli occhi e provate ad immaginare come potrà funzionare e quanto verrà a costare un’impalcatura così cervellotica.

Sarebbe molto più semplice chiudere definitivamente la fallimentare esperienza di Sicilacque (anche se, purtroppo,

Foto Giovanna Biondo

questo avrà un costo, a meno che non si trovi una modalità legislativa per evitare speculazioni). E istituire una società per la gestione pubblica dell’acqua in Sicilia. Con un solo ambito, come hanno fatto, ad esempio, in Puglia e in Sardegna.

Ma il parlamento siciliano non ama le cose semplici. Come già accennato, debbono ‘sistemare’ il personale degli Ato idrici assunto senza concorso. E debbono fare altre ‘operazioni’.

Ci fermiamo qui, riservandoci di intervenire nei prossimi giorni sugli aspetti particolari degli Ato, del personale, nonché dell’operazione strategica perpetrata in danno dell’Eas, Ente regionale di gestione pubblica dell’acqua, in favore di Sicilacque spa, società privata partecipata da soci nazionali ed internazionali, mossi da chiari intenti speculativi. Una società che, come già accennato, adesso si tenta di ‘ripubblicizzare” non abbiamo capito con quali costi.

Perché Siciliacque, oggi, con tanto di contratti trentennali o quarantennali, detiene alcune importanti infrastrutture idriche. Vuoi vedere che per rientrare in possesso delle proprie infrastrutture idriche – costate migliaia di miliardi di lire nella Prima Repubblica e centinaia di milioni di euro nella Seconda Repubblica – la Regione (cioè gli ignari contribuenti siciliani) dovrà pagare una barca di soldi? Si tratta, infatti, sotto il profilo tecnico, di rescissione in danno di un contratto quarantennale. In cui la Regione siciliana sarebbe in causa contro se stessa, se è vero che deteniene una partecipazione minoritaria di Sicilacque spa.

Di questa incredibile storia non finiremo mai di ringrazie il Governo Belusconi e il Governo regionale.

Foto sopra tratta da custonaciweb.it

In basso a destra, fto della diga Jato di Giovanna Biondo

 


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