Mentre la maggior parte dei partiti presenti all'Ars ha iniziato a posizionarsi in vista della campagna elettorale del prossimo anno, gli ex cinquestelle restano a guardare. «Ci sono cose da fare. Agli elettori servono soluzioni, non illusioni», dichiara a MeridioNews
Il futuro di Attiva Sicilia in vista delle Regionali 2022 Foti: «Ricandidatura? Solo se passa la riforma Ipab»
«Mi vendo… un’altra identità». La politica, come la vita, è fatta anche di coincidenze e alcune sono più simpatiche di altre. È il caso, per esempio, di quando si chiede un commento ad Angela Foti sui movimenti dei principali partiti in ottica Regionali 2022 – e va da sé su cosa farà Attiva Sicilia – e alla radio parte Renato Zero. Per l’ex cinquestelle e vicepresidente dell’Ars, i prossimi dodici mesi saranno importanti per capire cosa fare da grande. Quesito che, pur non avendo più tra i piedi il vincolo del secondo mandato che scricchiola anche tra i grillini, non ha ancora una risposta.
Onorevole, la playlist è casuale o ispirata agli ultimi movimenti all’Ars? A proposito, Attiva Sicilia cosa farà?
«Renato Zero fa parte della playlist sempre. Per il resto, Attiva Sicilia continua a lavorare per cercare di risolvere i problemi dei siciliani, portare avanti le proposte di legge e guardare alla concretezza delle cose».
Ma tra una seduta d’aula e una commissione, insieme agli altri quattro ex cinquestelle avrà pure parlato di futuro. Con chi vi candiderete?
«Innanzitutto bisognerebbe chiedersi se ci candideremo. Parlo in prima persona, ma sono convinta che anche i miei colleghi condividano la posizione: per proporsi ai cittadini per un terzo mandato servono argomenti validi. Non siamo macchine elettorali, non abbiamo Caf e clientele da chiamare a raccolta, ma solo l’impegno, la volontà e le idee che abbiamo messo in campo ogni giorno in questi anni. Chiaro è che agli elettori servono anche i risultati».
Aria di mea culpa?
«No, semplicemente voglia di guardare alle cose da fare che, nel mio caso, significa innanzitutto la riforma degli Ipab che, così come è stata pensata, significherebbe non solo ridare speranza a tantissimi lavoratori ma anche intervenire nella riorganizzazione dell’offerta socio-sanitaria. Ci lavoro da dieci anni e ancora la politica regionale non è riuscita ad approvarla. Cosa dovrei dire agli elettori?»
Tre quarti di tempo li ha trascorsi all’opposizione. Oggi non siete maggioranza, ma con il governo Musumeci il rapporto è costruttivo. Cosa blocca la riforma?
«Ma guardi nel caso di questo disegno di legge, dal principio porta le firma anche degli onorevoli Di Mauro (Popolari e Autonomisti) e Pellegrino (Forza Italia). Credo piuttosto che speso in Aula ci si perda in cose secondarie e che ultimamente si tiri a campare. Ma vale anche per altre importanti leggi che spero possano vedere la luce: da quella sui rifiuti a quella riguardante i consorzi di bonifica».
Ha la sensazione che oramai si pensi più a preparare la campagna elettorale, evitando magari di incorrere in riforme che possano destabilizzare certi equilibri in settori delicati?
«Non lo escludo, c’è un po’ di inerzia. E invece per quello che mi riguarda è fondamentale portare a casa dei risultati. Perché non è semplice fare un comizio senza potere dare risposte adeguate dai cittadini. O meglio quando mi sono candidata la prima volta l’ho fatto perché non ne potevo più della politica che punta soltanto ad alimentare le speranze degli elettori senza mai risolvere le cose».
Parlando di rifiuti la legislatura rischia di finire con un piano di gestione regionale e una mezza crisi sui territori, tra chiusura di Sicula e l’idea di portare la spazzatura all’estero.
«La situazione non è rosea e non lo sarà finché le città di Palermo e Catania non faranno seriamente la differenziata. Bisogna anche fare questi benedetti impianti pubblici, ma è altrettanto fondamentale fare la riforma trasformando le Srr in soggetti di diritto pubblico. Solo così si potranno usare i fondi europei necessari alla pianificazione».
Intanto si è formato pure il Grande centro e Cuffaro non è più un tabù.
«Ho letto. Diciamo che trovo naturale che in questa fase ognuno faccia quel che è possibile per mostrarsi appetibile, in ottica alleanze future. Poi non so se quest’area arriverà al voto con un proprio nome. Qualcuno ha tirato in ballo Lagalla. Fosse davvero così sarebbe il caso di dimettersi, per galateo istituzionale».
I suoi ex colleghi del Movimento 5 stelle andranno con il Pd. Che effetto le fa?
«Nel 2017 abbiamo ottenuto grandi risultati portando alla luce le nefandezze di quel partito. Oggi, o meglio da un po’, i cinquestelle lo hanno designato come padrino. Che dire? A quel punto tanto vale votare gli originali».
Quindi più facile vederla fare campagna elettorale insieme al centrodestra?
«Io credo di incarnare il pensiero del Movimento delle origini. Non mi colloco né a destra né a sinistra, ma provo a guardare con obiettività alle cose. Posso dire che questo governo Musumeci, ripensando al precedente di centrosinistra, tutto sommato non ha sfigurato».
Giampiero Trizzino sindaco di Palermo lo voterebbe?
«Non voto a Palermo. Però posso dire che Trizzino sicuramente sarebbe un sindaco migliore di Orlando, che al di là del fascino che continua a suscitare ha mostrato evidenti limiti amministrativi. Per il resto credo che a Giampiero questa esperienza potrebbe anche fare bene, anche per capire che governare è diverso da fare opposizione a oltranza».
E Angela Foti se malauguratamente non dovesse riuscire a portare a casa i risultati che farà? Dopo dieci anni non deve essere semplice tornare a fare la vita da comune cittadina.
«Sono sempre stata eclettica, qualcosa mi inventerò e il mio impegno nella società civile proseguirebbe così come facevo prima dell’esperienza da deputata. Poi in questi anni ho cercato di condurre una vita normale».
Niente spese pazze?
«Stasera cucino le zucchine».