Il figlio di Ursino ritratto in foto con uno dei fermati «Frequentava il centro sociale, noi accogliamo tutti»

La voce circolava da qualche giorno sui social, adesso però arriva la conferma proprio dai centri sociali: Erik, il figlio di Massimo Ursino, leader provinciale di Forza Nuova, ha frequentato per diverso tempo il centro sociale Anomalia. E a testimoniarlo è proprio una foto che ritrae il giovane Ursino in un’immagine dello scorso anno, nella sede del centro con il braccio attorno al collo di Carlo Mancuso, uno dei due fermati per l’aggressione del padre. «In questi giorni in molti ci hanno chiesto chiarimenti in merito – spiega Giorgio Martinico, portavoce dei centri sociali – In quella foto eravamo nella sede di Anomalia e stavamo organizzando delle serate in maniera molto tranquilla».

«Erik è venuto più di una volta al centro – continua – ha partecipato a nostre manifestazioni e serate. Questo conferma tutta l’ipocrisia che c’è dietro questa vicenda e alla cattiva immagine che è stata dipinta di chi frequenta i centri sociali. Noi lo abbiamo accolto nonostante la genitorialità discutibile. Ognuno è giusto che venga valutato per le sue idee e non per quelle dei padri». Il giovane, infatti, avrebbe anche preso parte a contestazioni studentesche al fianco delle persone accusate dell’aggressione a Massimo Ursino. La pubblicazione della foto vuole essere una risposta alle generalizzazioni e alle critiche degli ultimi giorni. «Di recente non lo abbiamo sentito – continua Martinico – non ho suoi contatti personali, ci siamo solo incrociati al centro sociale, aveva più rapporti con Carlo, ma non credo si siano parlati. Visto però che in tanti, anche di Forza Nuova, in tutta Italia dicono che noi siamo solo dei drogati violenti forse non sapevano che in quel momento lo stavano dicendo anche al figlio del loro capo e forse adesso dovranno rivedere qualche valutazione a riguardo».

E ritornando alla notizia dell’aggressione in via Dante: «Per quattro giorni si è fatta una spettacolarizzazione di un fatto che se fosse stato raccontato per quello che era fin dall’inizio non avrebbe scatenato tutto quello che ha scatenato – conclude il portavoce – Ci voleva un giudice, paradossalmente, prima di giornalisti e opinionisti, per dire che ci trovavamo di fronte non a un pestaggio ma a un atto di umiliazione pubblica. Se uno vuole fare del male a una persona non lo fa certo in via Dante, in pieno giorno, con dei rotoli di scotch e soprattutto facendo un video». 


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