Non ci sono (ancora) studenti e ricercatori su tetti e monumenti, ma nella nostra città la protesta contro il ddl Gelmini ha dato segni di vitalità e concretezza tra discussioni, assemblee pubbliche e una nutrita raccolta firme
Il cielo sopra luniversità di Catania
C’è un portone chiuso. Quello del Palazzo Centrale dell’università di Catania la sera di mercoledì 24 novembre, sul quale è stata affissa la petizione promossa dal Coordinamento Unico d’Ateneo. E ci sono due universitas: gli indisponibili e gli indifferenti. E’ la prima ad aver preso la parola nelle ultime settimane, mentre la seconda tace. Le tappe della mobilitazione catanese sono andate dalla partecipazione dei ricercatori di ruolo e dei precari della ricerca al corteo del 17 novembre, all’occupazione-lampo del’aula A1 dell’ex Monastero dei Benedettini, all’assemblea di riflessione sul Ddl Gelmini tenuta alla facoltà di Giurisprudenza il 24 ottobre.
A Catania la protesta non s’è ancora arrampicata sui tetti. Ma non sono mancate le azioni dimostrative per conquistare l’attenzione dei media. L’occupazione dell’Aula E del Dipartimento di Fisica – da cui è partita la spedizione “Ci lasciano in mezzo alla strada, e noi prendiamo l’autobus” – è il principale punto di riferimento alla Cittadella Universitaria. Da Scienze politiche gli studenti hanno bloccato il traffico cittadino con un sit-in nel centro storico. Per non tralasciare luoghi-simbolo della cultura e monumenti, il movimento studentesco ha organizzato picchetti all’inaugurazione della neonata “Libreria Feltrinelli” e al Teatro Massimo Bellini. E “si è svegliata” anche la facoltà di Architettura di Siracusa, dove striscioni anti-Gelmini campeggiano sulla facciata della Caserma Abela.
Il risultato più consistente rimangono comunque le migliaia di firme raccolte dal Coordinamento Unico d’Ateneo. Assieme ai tanti precari della ricerca e studenti, i “docenti strutturati” che hanno sottoscritto l’appello “Per una nuova e condivisa riforma” sono stati 551, un terzo dell’intero corpo docente dell’università di Catania. Pur partendo dal riferimento alla Rete29Aprile – il network della protesta dei ricercatori universitari di ruolo che hanno dichiarato la propria indisponibilità ad assumere incarichi didattici non obbligatori – il “Coordinamento Unico” (docenti-precari-studenti) è andato assumendo una fisionomia trasversale tra le varie fasce della docenza e gode di una ramificata presenza interfacoltà. Il coordinamento era stato l’unico organismo ad andare controcorrente in occasione dei test di ammissione alle facoltà con una lettera aperta rivolta agli studenti e alle famiglie.
Si è adesso in attesa della giornata cruciale di martedì 30 novembre. “Prepariamoci alla mobilitazione del 30 novembre. Non sarà la solita manifestazione”, si legge su facebook. Stando alle ultime dichiarazioni del leader di Fli, Gianfranco Fini, il ministro Gelmini ha acquisito, almeno sulla carta, i numeri per l’approvazione del ddl 1509 alla Camera dei Deputati. Il disegno di legge, tuttavia, dovrebbe poi tornare in seconda lettura al Senato. In ogni caso la sua effettiva applicazione sarebbe subordinata al varo di provvedimenti attuativi che richiederebbero una continuità di governo assai improbabile.
Sul piano nazionale la Conferenza dei Rettori si è spaccata. Da un lato stanno gli atenei la cui amministrazione si distingue per le forti riserve espresse nei confronti del ddl e per la cautela nei confronti delle conseguenze della sua applicazione, dall’altro i rettori che hanno appoggiato gli orientamenti ministeriali anticipando i contenuti della legge ancor prima della sua approvazione. Come dimostra l’adozione del numero chiuso in tutte le facoltà, quest’ultimo è il caso dell’università di Catania. E’ perciò facile prevedere che, a meno di un riflusso improvviso, in una fase transitoria che si annuncia confusa e contraddittoria, la protesta possa spostarsi sul piano locale riaprendo la discussione sugli indirizzi di gestione dell’ateneo.