Il caso Trinacria onlus spia di un malessere sociale molto più grave

Ieri mattina, nel presentare i Socialisti siciliani autonomisti – una formazione politica che, nelle prossime settimane si costituirà in Partito – abbiamo scritto che la Sicilia, oggi, vive una fase pre-rivoluzionaria.

Quasi ad avallare quello che abbiamo scritto, una delegazione di ex Pip – oltre 3 mila precari che il Governo regionale sta tenendo sul filo – ha dato luogo a una rivolta davanti la sede della presidenza della Regione, naturalmente a Palermo.

La vicenda non è finita male perché per le strade della città, ieri, c’erano poche decine di manifestanti. Ma anche se poche decine, sono stati registrati fatti gravi: incendio di cassonetti dell’immondizia, blocco delle strade adiacenti, intervento dei poliziotti in versione anti-sommossa.

Ci chiediamo e chiediamo: che cosa sarebbe successo, ieri, se in Piazza Indipendenza si fossero presentati tutt’e tre mila precari e forse più della Trinacria onlus?

Ricordiamo che, per la cronaca, questi 3 mila e passa precari, dal 2010, hanno prestato servizio presso gli uffici della Regione con una retribuzione di 800-1.000 euro al mese più i contributi.

In occasione dell’approvazione della Finanziaria il Governo si è accorto che le ‘carte’ circa i rapporti tra Regione e Trinacria onlus non erano a posto. L’occasione per togliere a questi 3 mila e passa precari la contribuzione e passarli a 800 euro al mese.

In altri momenti della storia del nostro Paese e della nostra Sicilia un Governo che avrebbe proposto di togliere a 3 mila precari i contributi Inps – perché questo ha fatto il Governo di Rosaro Crocetta: togliere i contributi Inps a questi lavoratori – sarebbe stato costretto a fare marcia indietro. Invece, oggi, è ‘normale’ tagliare i contributi Inps a oltre 3 mila lavoratori.

Oggi scopriamo che per questi oltre 3 mila lavoratori ci sono altri problemi. In pratica, non sono stati pagati. Almeno fino ad ora, non gli sono stati riconosciuti quegli 800 euro al mese senza i contributi.

Che dire? Che confermiamo quello che abbiamo scritto ieri: e cioè che in Sicilia, oggi, rischia di esplodere una questione sociale che è illusorio pensare di fermare con i celerini di scelbiana memoria.

Ieri, lo ribadiamo, in piazza, a Palermo, c’erano poche decine di persone. Ma i precari, in Sicilia, sono più di 80 mila, secondo quanto di ha detto il vice presidente dell’As, Antonio Venturino, in un’intervista al nostro giornale. A nostro avviso, i pecari siciliani spari tra Regione, Comuni, Province e enti regionali sono più di 100 mila.

Ci chiediamo e chiediamo: che succederebbe se tutti questi precari, abbandonati dallo Stato e dalla Regione, dovessero decidere di scendere nelle piazze delle città della Sicilia? 

Pensare di mollare questa gente, che peraltro si aspetta la ‘stabilizzazione’ nelle pubbliche amministrazioni dell’Isola, è una follia. Anche la proroga per il 23 mila precari degli enti locali dell’Isola – annuncio del Governo nazionale e del Governo regionale – che consentirà a questi precari di lavorare fino a dicembre e non fino al 31 luglio, non risolve il problema, ma si limita a rinviarlo al prossimo Natale.

Il Presidente el Consiglio, Enrico Letta, invita l’Unione Europea a fare di più per evitare il diffondersi delle proteste e delle rivolte. Da quando si è insediato a Palazzo Chigi, è la prima volta che gli sentiamo pronunciare parole sagge.

Ma alle parole sagge, però, non si accompagnano, almeno nei riguardi della Sicilia, atti altrettanto saggi. Il Governo che lo ha preceduto – il Governo Monti – ha scippato al bilancio della Sicilia 800 milioni di euro. Lo stesso Governo nazionale di Letta non ha ancora erogato alla Sicilia i 452 milioni di euro che il passato Governo regionale di Raffaele Lombardo ha “messo in sicurezza” a Roma (si tratta di risorse del Fondo sociale europeo destinato alla Sicilia che Rona non ha titolo per tenersi nelle propria ‘casse’).

Gli 800 milioni di euro scippati al bilancio 2013 della Regione siciliana hanno già fatto saltare i conti della Regione che, a tre settimane dall’approvazione della manovra economica, si ritrova già con le ‘casse’ vuote. Mentre il mancato arrivo dei 452 milioni di euro tiene sulla corda i circa 10 mila lavoratori della formazione professionale.

Il Governo regionale di Crocetta ha fatto malissimo a farsi scippare senza protestare gli 800 milioni di euro da Roma. E fa malissimo a non richiedere, subito, la restituzione, alla Sicilia di questi 800 milioni di euro e dei 542 milioni di euro del Fondo sociale europeo. In tutt’e due i casi, si tratta di soldi della Sicilia che Roma sta trattenendo abusivamente.

L’annuncio – l’ennesimo annuncio (e non un fatto concreto!) – che il Governo nazionale riconoscerà 500 milioni di euro per la sanità alla Sicilia non significa nulla. All’appello, lo ribadiamo, mancano un miliardo e 252 milioni nostri che Roma sta trattenendo.

Se il Governo nazionale vuole veramente allentare la pressione sociale che in Sicilia cresce di giorno in giorno, restituisca subito i soldi che ci ha scippato. E poi vada a discutere con l’Unione Europea. E discuta, ma seriamente, su come applicare l’articolo 37 dello Statuto siciliano.

Una corretta applicazione di questo articolo dello Statuto potrebbe risolvere tutti i problemi. Non, però, facendo arrivare in Sicilia solo 50 milioni di euro! Questa sarebbe una presa in giro.

Il fatto che il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, abbia ‘stoppato’ una mozione del Movimento 5 Stelle sull’articolo 37 non risolve il problema: semmai lo rinvia e mette solo in cattiva luce la presidenza dell’Ars e il Governo della Regione.

Rinviare i problemi non serve. Anche perché la pazienza ha un limite: e il limite è rappresentato da migliaia di famiglie siciliane che, tra qualche mese, non potranno pagare l’affitto e mettere d’accordo il pranzo con la cena. Chi non ha capito quello che potrebbe succedere è un incosciente.

 

La farsa dell’articolo 37: “Ardizzone si dimetta immediatamente”

 


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