Un appuntamento immancabile non solo per i più bisognosi della città, ma ancor di più per chi passa mesi a organizzare tutto. «Praticamente è l'unico giorno in cui anche loro possono mangiare carne calda, appena scesa dal fuoco», racconta l'ideatrice
Il 25 aprile dei senzatetto, tra barbecue e volontariato «La data più importante dell’anno, una festa per tutti»
«Mi, un mi pari l’ura ca c’è l’arrustuta». Molti senzatetto di Palermo quella carne al barbecue hanno iniziato a pregustarla già dopo Natale. Perché l’appuntamento del 25 aprile, per loro, è uno dei più importanti in assoluto. Ma non solo per loro, forse lo è anche di più per chi, già molti mesi prima, comincia a organizzarlo. «È una giornata che non deve toccarmi nessuno, per me è una giornata tutta per loro», dice con visibile emozione negli occhi Sabrina Ciulla, fondatrice di Anirbas e artefice di questa iniziativa che giunge adesso al quinto anno di vita. Questa edizione, come la precedente, sarà dedicata a Vito Parinello, «che mi ha lasciato tanta positività e che è andato via presto, davvero troppo presto», dice del padrone di casa del teatrino Ditirammu, nel cuore della Kalsa. Emozioni a parte, dietro una giornata come quella del 25 aprile c’è soprattutto un livello di organizzazione enorme. Nulla è lasciato al caso, tutti hanno il proprio ruolo, tutti possono e devono darsi da fare.
«Ci saranno almeno 50 volontari che lavoreranno per garantire la sicurezza e il servizio a 360 gradi – spiega Sabrina Ciulla -. Quest’anno, rispetto ai precedenti, ho trovato molti sponsor e molte persone che mi hanno aiutata». L’appuntamento è alla stazione centrale, negli spazi di piazza Cairoli, dove partono i pullman. A dare una mano ci saranno anche altre associazioni, come Il mio amico Andrea (Imaa), e un’associazione di macellai che fornirà la carne, insieme ad altri privati; la Tecno box di Carini invece fornirà il materiale biodegradabile, per evitare di andare incontro a multe. E ancora Dolce Carollo porterà dolci e pasta, l’amico Fabrizio Di Miceli, titolare di un panificio, a parte il pane di cui rifornisce sempre l’associazione, darà anche la pasta al forno. Un altro amico darà duecento uova e un altro ancora porterà il pesce da grigliare. Mentre L’artista del gelato di piazza Turba fornirà dei gelatini semifreddi da servire alla fine del pranzo. Ma tra i partner coinvolti ci sono anche Promograph pubblicità, Ryan Motorsport e il centro revisione Carap. Immancabili insalata, limoni, olio e carbone, che raccoglierà per loro un’associazione di motociclisti. «Avremo tutti i grembiuli bianchi con scritto “sono un volontario griller”, con la rarigghia in vista e il logo Anirbas – spiega ancora la volontaria -. C’è dietro una mole di lavoro incredibile, io inizio a preparare tutto almeno due mesi prima, soprattutto a livello di pubblicità per coinvolgere le persone, farle venire, invogliarle a darci una mano e non dandoci dei soldi, ma raccogliendo la carne, le bibite e tutto il necessario».
Il giorno di Pasqua, durante la consueta ronda serale, i volontari hanno distribuito ai senzatetto un vero e proprio invito, facendo capire che è una cosa personale, uno stratagemma per far capire che quell’iniziativa vale per loro e non per chiunque arbitrariamente. «Gli inviti sono per quelli che sono davvero senza un tetto sulla testa, che sono davvero bisognosi, una cosa architettata nel tempo». Una volta arrivati all’appuntamento, intorno a mezzogiorno, vengono censiti i tutti e ricevono poi un ticket col quale hanno il diritto di mangiare illimitatamente. «La prima volta, la prima di tutte, la stessa cosa l’ho fatta a casa mia, chiaramente in piccolo – racconta Sabrina -. Ho selezionato in tutto trenta senzatetto, quelli che non erano ubriaconi. L’associazione era in vita da pochissimi mesi. È stato un giorno di festa, non c’erano ospiti, chiunque si è messo a fare qualcosa: uno si è messo alla griglia, chi era in sedia rotelle si è messo a spremere il limone, c’erano cani, disabili, stranieri, tutti insieme, è stato bellissimo. Ma così tanto che l’anno dopo mi sono detta “ma perché invitarne solo trenta e nello spazio ristretto di casa mia? Non è giusto”». Da qui l’idea di fare l’arrustuta alla stazione. «Neanche il tempo di dirlo che i miei volontari mi hanno preso per pazza. Alla fine l’ho fatto. È andata sempre alla grande, sono sempre più organizzata e anche più motivata – rivela -. C’è un mondo dietro e tutti quelli che ci stanno mettendo qualcosa mi fanno sentire davvero bene, è come se loro si rispecchiassero in me e in quello che faccio, come fossi un mezzo attraverso cui fare del bene, lo trovo incredibile».
È l’unico giorno dell’anno in cui i senzatetto possono mangiare la carne cotta e calda, appena scesa dal fuoco. Finito il pranzo, quello che resta non torna indietro con i volontari, viene tutto diviso: la carne cotta viene data ai senzatetto, mentre quella rimasta cruda alle famiglie che hanno la possibilità di cucinarla a casa o di congelarla. Stessa cosa con le bibite e con tutto quello che viene portato, «non rientra niente con me, se non tavoli, scope e palette. Perché noi puliamo tutto appena arriviamo là e ripuliamo di nuovo non appena finito, prima di andare via, lasciamo meglio di come lo abbiamo trovato. È una giornata spettacolare, la più bella dell’anno per noi, in assoluto. Io la attendo tutto l’anno, proprio come loro, è una cosa che amo fare, molto più di tutte le altre iniziative che organizziamo. Questa è la giornata più bella in assoluto, ci sono volontari che magari non si fanno le ronde ma che per l’arrustuta ci sono, tanto è importante».
E quello che ognuno dei partecipanti è in grado di restituire ai volontari è, dai racconti di Sabrina, qualcosa di impagabile. «“Mai avevo mangiato un chilo di carne” oppure “aveva ca un facieva ‘na grigliata qualche deci anni” sono le frasi che mi hanno colpita di più in questi anni – rivela ancora la volontaria -. “Io stasera parlerò di te rientrando in carcere, racconterò di come sono stato accolto, di come mi avete voluto bene senza conoscermi, oggi mi sono sentito in famiglia”…me l’ha detto un napoletano alla grigliata dell’anno scorso, era uscito la mattina dal carcere e la sera doveva rientrarci, mentre mi parlava così mi veniva da piangere. Non hanno nulla alla fine, una giornata del genere, che non è solo mangiare e basta, ma è anche e soprattutto stare insieme, stare bene insieme, restituisce loro tantissimo. In quelle tre ore esce fuori di tutto, la gente quando mangia è felice, sta bene, e gli esce fuori tutto, ti raccontano molto di sé ed è una cosa spettacolare, esce qualcosa in più a livello di comunicazione, grazie al tempo passato insieme, è davvero una giornata che non cambierai con nient’altro in assoluto». Provare per credere.