Le storie della tradizione - dai paladini di Carlo Magno a Colapese - sono state protagoniste di uno spettacolo particolare nel quale si è esibito il cuntastorie Gaspare Balsamo e organizzato dal centro Astalli. Ad assistere i ragazzi ospiti dell'istituto penale per minorenni catanese e i loro docenti. Vicende forse dimenticate, ma i cui temi continuano ad affascinare qualsiasi platea
I cunti della tradizione siciliana a Bicocca Una lezione speciale per i minori dell’Ipm
Le gesta di Orlando, la mattanza, la storia di Colapesce, i riti a metà tra religione e superstizione. Sono gli argomenti dei cunti, le storie della tradizione orale siciliana, portati dall’attore di origini trapanesi Gaspare Balsamo su un palco speciale, quello dell’Istituto penale per minorenni di Bicocca. Un gruppo di giovani ospiti e i loro insegnanti per un giorno, lo scorso 16 gennaio, hanno messo da parte libri ed attività collaterali per assistere all’esibizione dell’artista nel grande auditorium blu, il teatro Nautilus costruito grazie anche all’impegno dei minori. L’evento è stato realizzato in collaborazione con il centro Astalli che già lo scorso dicembre aveva ospitato un pranzo destinato ai migranti e preparato dai ragazzi impegnati nei corsi di sala e cucina.
Balsamo inizia la sua performance spiegando il ruolo dei cuntastorie, i narratori delle vicende dei paladini di Francia, e inizia una particolare seduta giornaliera del cunto rivolta a una ventina dei 52 giovani ospiti della struttura, sei dei quali extracomunitari. Con il tipico ritmo sincopato e incalzante, l’attore narra dei duelli della tradizione cavalleresca lasciando a metà il racconto, un espediente utile affinché gli spettatori tornassero a sentire in piazza le storie. Ma è con la storia di Colapesce che cattura completamente l’attenzione della giovane platea. Il gradasso re viene caratterizzato quasi come un boss mafioso, ma è il coraggio del pescatore che sceglie di restare a reggere una delle colonne della Sicilia ad ammutolire anche lo spettatore più irrequieto.
Al termine di ogni racconto, una lunga catena di storie che si susseguono con naturalezza, parte l’applauso entusiasta dei ragazzi. Un altro argomento coinvolgente è quello della mattanza. La descrizione della camera della morte nella quale vengono riuniti i pesci da issare sulle barche, la figura del raìs, l’invocazione a Sant’Antonino – la cui statua «sembra innalzarsi sulla barca», a meno che qualcuno non bestemmi – sono tanto fedeli da trascinare gli spettatori in mare aperto. E poi si piomba nella tragedia della cronaca, con l’incontro immaginario tra un giovane migrante in balia delle onde e un grosso tonno sfuggito per tre volte al massacro annuale. Gaspare Balsamo confessa di non aver mai immaginato che la sua storia – le vite dei passeggeri delle carrette del mare aggrappate alle reti – potesse essere realtà. «Un n’è pozzu cchiu di mari», si sfoga il naufrago nel racconto. E in risposta il pesce gli racconta come, mentre in superficie si consuma la tragedia, sul fondo il ciclo della vita prosegue inesorabile.
[Foto di tcatcarson]