Sono quattro le emergenze finanziaria della regione siciliana. Prima emergenza: i 22 mila precari degli enti locali. Secondo: i circa 28 mila forestali. Terzo: i 10 mila dipendenti della formazione professionale, problema che lex governo regionale di raffaele lombardo ha rimosso. Quarto: i nuovi arrivati nel mondo del precariato: i mille e 300 dipendenti degli ato rifiuti (lex presidente lombardo continua a ripetere che il suo governo non ha creato un solo precario: e questi mille e 300 da dove arrivano? dalla luna?).
I conti in rosso della Regione siciliana (e le colpe dello Stato)
Sono quattro le emergenze finanziaria della Regione siciliana. Prima emergenza: i 22 mila precari degli Enti locali. Secondo: i circa 28 mila forestali. Terzo: i 10 mila dipendenti della formazione professionale, problema che lex Governo regionale di Raffaele Lombardo ha rimosso. Quarto: i nuovi arrivati nel mondo del precariato: i mille e 300 dipendenti degli Ato rifiuti (lex presidente Lombardo continua a ripetere che il suo Governo non ha creato un solo precario: e questi mille e 300 da dove arrivano? dalla luna?).
Sia chiaro: questi non solo i soli problemi del bilancio regionale: sono quelli macroscopici. Proprio in questi giorni, lassessore regionale uscente allEconomia, Gaetano Armao, ha diffuso i dati sui disastri finanziari della Regione. La cosa, come dire?, quasi divertente è che lo ha fatto con uno spirito più da esteta della comunicazione che non da governante corresponsabile dello sfascio: come se, detto in altre parole, il Governo Lombardo – del quale Armao ha fatto parte – fosse terzo rispetto a questo disastro.
I giornali, da qualche giorno, ci deliziano sui dati diffusi dallo stesso Governo uscente: indebitamento dei Comuni dellIsola par a 6,5 miliardi di euro; indebitamento delle Province pari a un miliardo di euro (ma non erano virtuose?); un altro miliardo di debiti tra ex Consorzi Asi, Iacp e Consorzi di Bonifica (qui ci sono altri lavoratori assunti, naturalmente senza concorso, ma per chiamata diretta, della politica); e altri 2,5 miliardi di debiti frutto dellottimo lavoro fatto dai manager delle Aziende sanitarie provinciali.
A questi, ovviamente, vanno aggiunti i circa 6 miliardi di debiti della Regione siciliana. Domanda: in questi 6 miliardi circa di debiti ci sono anche i credit vantati dalle imprese siciliane verso Regione e Comuni?
Detta così, lo ripetiamo, sembrerebbe che i Governi Lombardo, con questo sfascio, non abbiano nulla a che fare. E pure, se non ricordiamo male, lo stesso Governo Lombardo, non due o tre anni fa, ma appena cinque mesi fa, a Sala dErcole, proprio in occasione dellapprovazione di Bilancio e Finanziaria, in combutta con la stragrande maggioranza dei parlamentari della vecchia Assemblea regionale siciliana, presentava una manovra zeppa di finte entrate. Una manovra, lo ricordiamo, approvata dallArs e plurimpugnata dal commissario dello Stato (oltre 80 norme impugnate, record mondiale delle impugnative ).
Non sarebbe stato quello il momento di diffondere questi dati, invece di presentare una manovra che, se non bloccata dal commissario dello Stato, avrebbe reso ancora più disastroso lo scenario odierno? Ma come: cinque mesi fa il Governo Lombardo voleva addirittura spendere risorse finanziarie che non cerano in cassa e, adesso, ci viene a dire che la situazione è grave?
La vicenda della manovra plurimpugnata dal commissario dello Stato la dice lunga sulla serietà del Governo Lombardo (come dimenticare lannuncio dato in pompa magna dallo stesso ex presidente della Regione, qualche giorno prima delle elezioni comunali, che avrebbe comunque pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale le norme impugnate, quando, invece, il suo Governo non ha nemmeno presentato ricorso davanti alla Corte Costituzionale, di fatto dando ragione al commissario dello Stato su tutta la linea: che figura, ragazzi!).
Detto questo, se ci limitassimo solo a illustrare i problemi, finiremmo anche noi per unirci al coro di quelli che dicono al nuovo presidente della Regione, Rosario Crocetta, che peraltro si deve ancora a insediare: caro presidente, vede che bei problemi che lattendono
Noi, al contrario,vorremo provare a dare qualche soluzione, senza avere la presunzione di possedere la ricetta giusta. Non prima, però, di replicare, in anticipo, a quegli intellettuali che vanno dicendo in giro che la responsabilità della crisi finanziaria che oggi vive la Sicilia è dellAutonomia siciliana. Chi sostiene tale tesi o è male informato o è in malafede: nelluno o nellaltro caso, beh, non ci fa una bella figura.
A questi scienziati e nemici dellAutonomia siciliana ricordiamo che non cè stata una sola legge approvata dallArs sui forestali, sui precari, sulla formazione professionale, sugli Ato rifiuti e, per estensione (visto che sono stati tirati in ballo dallo stesso Governo regionale uscente), sui Comuni, sulle Province, sugli Iacp, sui Consorzi di Bonifica, sugli ex Consorzi Asi e sulle Aziende sanitarie provinciali che non sia passata dal vaglio del commissario dello Stato. Così come non cè stato un solo bilancio regionale – dove tutti questi disastri finanziari sono perfettamente visibili – che non sia stato parificato dalla Corte dei Conti.
Tutto questo per dire che le responsabilità di quanto è avvenuto in Sicilia negli ultimi quindici-venti anni vanno ripartite, in egual misura, tra Stato e Regione siciliana. Anzi, forse lo Stato ha qualche responsabilità in più: perché di fronte a una classe politica siciliana che proponeva, di fatto, di utilizzare i fondi regionali e, soprattutto, gli interventi straordinari dello Stato nel Sud per creare finti posti di lavoro nella forestazione e nel precariato, lasciando al Governo nazionale di turno la facoltà di stornare nel Centro Nord Italia i fondi ordinari dello Stato di pertinenza del Mezzogiorno, avrebbe dovuto essere lo stesso Stato italiano – se fosse stato tale (e scusate il gioco di parole) – a dire: cari politici del Sud, cari politici siciliani, non se ne parla nemmeno: voi le risorse straordinarie nazionali le dovete spendere produttivamente e, in più, avete a disposizione anche i fondi ordinari: perché se fondi ordinari e fondi straordinari non si sommano, non si forma quella che a Bruxelles chiamano addizionalità: elemento indispensabile per eliminare il divario economico e infrastrutturale tra Nord e Sud dItalia.
Purtroppo – per il Sud e, in particolare, per la Sicilia – i Governi nazionali non sono stati meno banditeschi e spataiuoli dei politici siciliani: al contrario, sono stati uguali, se non peggiori, dei Governanti della nostra Isola.
Tutto questo per dire che oggi è troppo comodo fare quello che sta facendo il Governo delle Banche e dei Massoni di Mario Monti. Della serie: siccome adesso ci siamo noi gli accordi che avevate con i Governi nazionali passati sulla Gesip di Palermo, sui Forestali, sui precari e via continuando non valgono più. Troppo facile fare come Ponzio Pilato.
La verità è che quando si parla del Sud e, in particolare, della Sicilia, sono tutti bravi: è bravo il Governo Monti che deve risanare i conti, è bravo il Governo regionale uscente che tira fuori i numeri, sono bravi certi commentatori che si ergono a Soloni della situazione (ce nè uno in particolare, stamattina – il solito Nino Sunseri, per capirci- che ci ricorda che il il vecchio modello di sviluppo è ormai andato in crisi, dimenticando che questo non è stato un modello di sviluppo: semmai un modello di sottosviluppo).
Fatte queste precisazioni, vediamo le possibili soluzioni. Tornando a precisare che, le nostre, sono solo proposte.
Pensare di fare quello che il Governo Monti sta facendo con i mille e 800 dipendenti della Gesip di Palermo, e cioè – di fatto, abbandonarli al proprio destino – è una follia. Ricordiamo al Governo nazionale che, tra forestali, precari degli enti locali, lavoratori della formazione professionale e dipendenti degli Ato rifiuti ci sono oltre 60 mila persone.
Abbandonare 60 mila lavoratori – soprattutto dopo che lo stesso Stato, come abbiamo dimostrato, è responsabile quanto la classe politica siciliana di quanto avvenuto – è una follia. Ciò significherebbe abbandonare la nostra Isola a disordini sociali di proporzioni non calcolabili.
Non è serio nemmeno pensare di scaricare sui redditi di 5 milioni di siciliani il costo di un eventuale dissesto finanziario di Regione e Comuni. Ricordiamo, infatti, al Governo Monti che la Sicilia è una Regione ad Obiettivo convergenza (ex Obiettivo 1), proprio perché i redditi dei siciliani sono più bassi della media europea.
Piaccia o no al Governo delle Banche, deve essere lo Stato, insieme con la Regione siciliana, a trovare una soluzione a questi problemi. Con un piano di risanamento che non può essere fatto solo di tagli. Roma, gli piaccia o no, dovrà mettere mano ai soldi.
Su questo tema la nuova Assemblea regionale siciliana e il nuovo Governo dovrebbero avviare in tempi stretti un proficuo dialogo con lesecutivo nazionale.