«Hotel Librino» a Librino

Cosa è successo il 2 luglio 2007 in Piazza Villaggio Sant’Agata a Catania? Non sono in molti a poterlo dire. Qualcuno sapeva che ci sarebbe stata una video proiezione in piazza aperta al pubblico in occasione del Docuday, la giornata nazionale del documentario etico e sociale organizzata dall’associazione Documè di Torino. Ma chi può dire realmente come è andata e cosa è stato proiettato? Non molti purtroppo. Sicuramente gli abitanti della Piazza, che hanno visto montare sotto casa uno schermo di 7 metri per 4, e hanno assistito, affacciati dai balconi delle loro case, alla proiezione di due ottimi filmati: il reportage di Rosa Maria Di Natale “Hotel Librino” (vincitore dell’edizione 2007 del premio “Ilaria Alpi”) e il documentario di Stefano Savona “Un confine di specchi”.

Tecnicamente la proiezione è stata impeccabile, qualità dell’immagine e sonora erano perfette, solo una cosa è mancata: le sedie per sedersi. ‘Come le sedie?’ direte voi. Sì, le sedie: un quarto d’ora prima di cominciare è arrivato il consigliere comunale Giuseppe Calabrese di An, che giorni prima si era impegnato a portare cento sedie per la proiezione, dicendo che avevano chiuso il teatro dove stavano le sedie, che il direttore era a Palermo e che lui non aveva le chiavi per prenderle.

Era surreale vedere uno schermo 7 metri per 4 montato su una distesa d’asfalto, circondato da palazzi presumibilmente pieni di gente e senza una sedia per sedersi. I bambini del quartiere, vedendoci montare quelle strane strutture di alluminio che servono per tenere lo schermo, le casse per l’audio e il videoproiettore, giravano intorno curiosi e divertiti. Tra una domanda e l’altra si concentravano soprattutto sul microfono. Chi voleva cantare, chi voleva dire qualcosa o semplicemente urlare, chi ha fatto sentire tutto il repertorio musicale salvato sul suo telefonino.

Quando abbiamo cominciato si sono seduti sull’asfalto davanti allo schermo e hanno guardato incuriositi le immagini di “Hotel Librino”, che mostrano l’estremo degrado in cui vivono bambini come loro a neanche un chilometro di distanza dalle loro case. Qualcuno ha detto con l’ingenuità e lo stupore tipico dei bambini: «ma quei bambini vivono in mezzo alla spazzatura!». Poi dai balconi si sono affacciati tutti, e tutti hanno visto e sentito quello che non si dovrebbe vedere; qualcosa di cui tutti sono a conoscenza ma che per quieto vivere è meglio tenere nascosto: come quei poveri figli imperfetti che vengono tenuti segregati perché impresentabili al resto del mondo.

La proiezione ha palesemente fatto arrabbiare il consigliere Calabrese che nel frattempo si era seduto su una sedia (se la sarà portata da casa?). La sua reazione rabbiosa non ha risparmiato nessuno: noi per averlo proiettato, la giornalista perchè «fa vedere solo le cose brutte», il consigliere di quartiere Leone (del suo stesso partito) perché «ha fatto una fangata». Poi se ne è andato con il suo scooter, e anche la sua sedia come per magia si è volatilizzata.

La proiezione è andata avanti col documentario di Stefano Savona “Un confine di specchi”, un film che, descrivendo la vita di alcuni pescatori tunisini, che abitano e lavorano a Mazara del Vallo, racconta un mondo, fa vedere una storia non scritta, forse volutamente dimenticata.

Qualcuno resiste fino alla fine: chi resta in piedi, chi si appoggia alle ringhiere, chi si siede per terra. I più fortunati trovano una panchina sulla quale sedersi in dieci. Da notare anche l’assenza della cosiddetta società civile, dell’associazionismo e dei media. Quali conclusioni dovremmo trarre da questa esperienza? Che la città non è ancora pronta per questo tipo di iniziative? Che la società civile è maledettamente pigra? Che in una settimana di organizzazione non si può pretendere chissachhè? E poi… ce ne sarà un’altra? E se l’avessimo fatto al centro della città sarebbe stato un evento mondano, con tanto di pubblico, applausi e media?

Chi lo può dire? Ognuno può rispondere come meglio crede, una cosa è certa: a piazza Villaggio Sant’Agata tre persone sono arrivate con due macchine piuttosto vecchiotte piene di cose; sotto gli occhi incuriositi della gente hanno tirato su uno schermo, hanno proiettato due bei film, poi hanno smontato tutto e se ne sono andati come sono venuti. Qualcosa è successo quella sera, forse qualcuno di quei bambini se ne ricorderà, forse qualcuno lo vorrà pure rifare… speriamo. Un seme l’abbiamo gettato, il resto si vedrà.


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