Dopo anni di lotta alla mafia, l'imprenditore vitivinicolo di Linguaglossa, uno dei testimoni del processo Iblis, cade nello sconforto e annuncia pubblicamente che inizierà una protesta ad oltranza: niente cibo né acqua a partire da venerdì 25 gennaio. «Sono solo e stanco dell'indifferenza delle istituzioni. Ho denunciato, ma lo Stato mi ha abbandonato»
«Ho denunciato gli estorsori, ma sono solo» Saro Puglia annuncia lo sciopero della fame
«Sono Rosario Puglia e dal lontano 2008 lotto contro la mafia e la malavita organizzata alla quale appartengono molti colletti bianchi ed anche personaggi che dovrebbero tutelare tutti coloro che si sono ribellati». Inizia così la lettera aperta con cui l’imprenditore vitivinicolo di Linguaglossa, da anni vessato da minacce e intimidazioni per aver denunciato i suoi estorsori, annuncia lo sciopero della fame e della sete a partire da domani.
«Ormai ho deciso, non so più a cosa attaccarmi. Ho denunciato e da allora sono iniziati i miei guai», dice con la voce strozzata. «Lo Stato, le istituzioni mi hanno lasciato da solo. Le mie cantine sono senza vigilanza. L’unico bene che mi è rimasto è la mia vita e posso scommettere solo su questa e sulla cantina, il posto che amo di più». Dove, sostenuto da altre due vittime della mafia, Litterio Giuffrida e Franco Ragusa, anche loro di Linguaglossa, insieme alle associazioni per la lotta contro le illegalità Antonino Caponnetto e I cittadini contro le mafie e la corruzione, inizierà la sua protesta.
Il posto, le Cantine Don Saro, dove inizia la storia di Puglia. Un’attività fortemente voluta dal viticoltore di Linguaglossa, con un passato da imprenditore finanziario, e la passione per il vino. Che proprio nel momento in cui ha avviato l’attività vitivinicola, ha chiesto l’appoggio finanziario alle stesse persone denunciate poi come suoi estorsori. «Mi sono fidato in un momento di difficoltà, invece loro volevano truffarmi», racconta. «Volevano e vogliono tuttora impossessarsi della mia azienda». Da allora, dopo le ripetute denunce dell’imprenditore, la causa è andata avanti nelle aule di tribunale dove nel frattempo i presunti estorsori – Giovanni DUrso, Salvatore Arrabito, Mario La Spina e Giuseppe Marzà – sono stati rinviati a giudizio dal gup Laura Benanti.
Ma nonostante le piccole vittorie in tribunale contro chi, nel frattempo, lo accusava di truffa per il suo passato da promotore finanziario, nell’ultimo periodo le difficoltà di Puglia non sono terminate. Una testa d’agnello e una scritta cornuto morte un anno fa. Poi l’incendio nel vigneto l’agosto scorso. Un danno di oltre 25mila euro per un’azienda che già da tempo arrancava. Oggi Don Saro teme il tracollo dell’azienda. «Questi malfattori racconta non solo hanno provato a vendicarsi cercando persone che mi denunciassero per mettermi nei guai con la giustizia. Il colmo», sospira. «Ma continuano a danneggiarmi intimando ai ristoranti di Catania e dintorni di non acquistare il mio vino. Così non posso più andare avanti».
«Ho toccato il connubio Stato-mafia. Sono stato presente ai voti di scambio tra Raffaele Lombardo e Giovanni D’Urso, rischiando tutto per denunciare, per essere onesto», dice facendo riferimento al processo Iblis in cui è stato sentito come uno dei testimoni chiave. «Ma non ho avuto lo stesso sostegno dallo Stato. Ho perso tutta la fiducia nelle istituzioni. In Prefettura nemmeno ci vado più. E nei momenti di sconforto penso che l’unica soluzione sia togliermi di mezzo», racconta con tono sommesso. «Ho pure tentato il suicidio. Il 15 novembre scorso sono stato ricoverato d’urgenza all’ospedale di Acireale. Mi ero chiuso in auto con il gas di scarico aperto. Purtroppo ho perso le speranze. E spero che questo mio gesto serva a suscitare qualcosa nelle coscienze».
[Foto di Don Saro]