Guerra in Libia, la novità è il ruolo di Pantelleria «Da mesi aerei spia Usa dall’isola e da Catania»

«Per mesi, almeno una volta al giorno dall’aeroporto Fontanarossa di Catania e da Pantelleria si sono levati aerei spia americani per monitorare vaste aree del Nord Africa». Il lavoro di raccolta informazioni sulla mutevole situazione tra Libia, Tunisia e Algeria, di cui parla il giornalista e attivista Antonio Mazzeo, adesso potrebbe essere finito. Superato da una fase che è già operativa – in Libia è presente un gruppo di agenti dell’Aise, i servizi segreti per la sicurezza esterna – e che potrebbe portare, nel giro di qualche settimana, a un vero e proprio intervento militare guidato dall’Italia, che potrebbe portare sul campo un contingente che va dai tremila ai settemila uomini. Un piano in cui la Sicilia riveste un ruolo strategico: Trapani Birgi, Sigonella e Pantelleria sarebbero al centro delle operazioni. 

«Sigonella – spiega a MeridioNews Gianluca Di Feo, giornalista di Repubblica – servirà per gli aerei spia e da trasporto, da Birgi partiranno gli aerei italiani e della coalizione internazionale mentre Pantelleria sarà fondamentale per il trasferimento dei Ch46, gli elicotteri più imponenti che non possono essere smontati e trasportati dentro la pancia degli aerei e che non riuscirebbero ad andare dalla Sicilia alla Libia senza fare uno scalo. Grazie al bunker che c’è sull’isola, Pantelleria si presta perfettamente per questa funzione, a differenza di Sigonella». La piccola isola rappresenterebbe la vera novità nello scacchiere militare, anche se le attività di preparazione vanno avanti da mesi. «C’è un enorme hangar – descrive Mazzeo – costruito nella seconda guerra mondiale, ampliato con fondi della Nato e capace di ospitare fino a una sessantina di velivoli da guerra. Da un anno è stato messo a disposizione del comando statunitense Us Africom per operazioni clandestine e semiclandestine di spionaggio, confermate dall’aeronautica militare e dal ministero della Difesa». Quello che invece non è confermato è la durata di queste attività. «Sono state autorizzate solo per pochi mesi – continua il giornalista – a partire dal marzo 2015, ma io ho le prove della presenza degli americani a Pantelleria fino al 24-25 febbraio. Il governo su questo dovrebbe dare spiegazioni. C’è stato un importante vertice sull’isola tra il generale statunitense di Us Africom e il comandante italiano dello Stato maggiore dell’aeronautica». Pantelleria quindi come portaerei al centro del Mediterraneo, «non una novità ma un enorme salto di qualità», secondo Mazzeo. 

Da Trapani Birgi, che è base Nato, dovrebbero invece partire i cacciabombardieri italiani e delle altre forze internazionali. Ai tornado del 37esimo stormo, a gennaio si sono aggiunti quattro Amx dell’aeronautica militare. Dallo scalo della Sicilia occidentale già nel 2011, in occasione della prima guerra in Libia contro Muhammar Gheddafi, sono partite un terzo delle operazioni. E in autunno ha ospitato Trident Juncture, la più imponente esercitazione della Nato. Sigonella – sede dei droni armati – rivestirà un ruolo chiave soprattutto per il supporto che potrebbero garantire gli Usa. «Ma anche il porto di Augusta in passato è stato interessato per i rifornimenti, anche dei sottomarini, grazie all’oleodotto», aggiunge Mazzeo. 

In quali tempi potrebbe realizzarsi lo scenario delineato? «Tutto è subordinato dalla composizione del governo di unità libico – spiega Di Feo – a cui spetta chiedere a una coalizione internazionale di intervenire. Quel che è certo è che cento uomini possono partire in 24 ore, ma per trasferire un comando da tremila soldati servono almeno tre settimane». Finora nessuna decisione è passata al vaglio del Parlamento. «Ma sarà impossibile bypassarlo al momento di inviare un contingente con migliaia di uomini». Meno sicuro Mazzeo alla luce del recente passato: «Molte operazioni di guerra sono state discusse in parlamento solo dopo i bombardamenti – attacca – così come non c’è stato voto sul Muos o sui droni a Sigonella».

Proprio oggi il ministro dell’Interno Angelino Alfano, parlando dei rischi di attentati terroristici in Italia legati all’operazione, ha ammesso al Corriere della Sera che «è ovvio che ci sia questa possibilità, dal momento che tutte le analisi investigative e di intelligence hanno stabilito un nesso tra la politica punitiva messa in atto dall’Isis con gli attentati di Parigi e la partecipazione della Francia ad azioni militari». Ma ha anche sottolineato come «escludere a priori una nostra partecipazione all’intervento su quello che sta avvenendo davanti casa nostra non è più tranquillizzante per la nostra sicurezza interna». Secondo Mazzeo «siamo davanti a una guerra asimmetrica, per cui non immagino che partiranno missili per colpire avamposti siciliani, perché l’Isis non ha le tecnologie per farlo, ma se non possono rispondere ai bombardamenti il terrorismo diventerà per loro l’unico mezzo per portare avanti questa guerra ed è evidente che se si alza il livello di scontro, i rischi aumentano. Portando a un’internazionalizzare ancora maggiore del conflitto». 

Salvo Catalano

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