Dagli scontri tra il Pd e il governatore alla difficoltà di mettere insieme una maggioranza stabile nell'ultimo parlamento con 90 deputati. Nel giorno in cui MeridioNews ospita un dibattito su delusioni e aspettative dell'esecutivo regionale, ripercorriamo i passaggi che hanno segnato la mancata rivoluzione
Governo Crocetta, una lunga navigazione a vista Dal 2012 tutte le tappe della difficile Via Crucis
La vigilia del voto del 28 ottobre del 2012 – che mise di fronte il mondo della politica siciliana a cavallo tra le nuotate nello Stretto di Beppe Grillo, i resti dell’impero di Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo e l’istanza di cambiamento del M5s e del Pd – partì dalle dichiarazioni del candidato Rosario Crocetta al Corriere della sera sulle «cripto checche» che albergavano nel suo partito, reo di eccesso di conservazione, passando dalle polemiche sui termovalorizzatori per arrivare al ruvido corpo a corpo ingaggiato dai candidati per intercettare la base che andava a votare. Non la politica dei contenuti, ma la caccia all’elettore stanco della Sicilia e dei suoi mali.
Il report della giornata in cui Crocetta sconfisse Nello Musumeci raccontava che il candidato di Pd-Udc veniva eletto con il 30,47 per cento deivoti, lasciando al 25,73 Musumeci, candidato del Pdl, seguito d Giancarlo Cancelleri, M5s, (18,17 per cento) e Gianfranco Miccichè (15,41 per cento), ultima Giovanna Marano (Sel-Verdi e Idv). Già dall’elezione del presidente dell’Ars, il centrista dell’Udc Giovanni Ardizzone, avvenuta il 5 dicembre con 46 voti favorevoli sui 65 che in teoria avrebbe dovuto avere a disposizione la maggioranza di governo, si capisce che la legislatura non sarà una passeggiata di salute per l’ex sindaco di Gela. È la prima stazione di una Via Crucis che si è sempre alternata tra contrasti e vocazione al conflitto nei rapporti tra Crocetta, gli alleati, ma soprattutto il suo partito.
La prima defezione nella giunta dei supertecnici voluta da Crocetta dove siedono Lucia Borsellino, Linda Vancheri, ma anche Franco Battiato, il pm antimafia Nicolò Marino e lo scienziato Antonino Zichichi, arriva il 26 novembre in serata. Francesca Basilico D’Amelio, capo della segreteria tecnica di Bersani dal 2006 al 2008, è costretta per ragioni personali a dare forfait. Al suo posto arriverà dallo Svimez Luca Bianchi a ricoprire il difficile incarico di assessore regionale all’Economia. È il primo passo verso la crescente supervisione dei conti della Regione siciliana, sempre sull’orlo di un potenziale default. Una settimana dopo l’elezione di Ardizzone, il Pd va sotto al momento di eleggere i due vice presidenti: Mariella Maggio, candidata Democrat e il suo partito, escono con le ossa rotta; Antonio Venturino, all’epoca deputato pentastellato con 33 voti diventa vicepresidente insieme al pidiellino Salvo Pogliese. Laconico Giuseppe Castiglione: «Mi pare che nel Pd ci sia qualche problema».
Crocetta comincia una lunga e difficile navigazione a vista. Al comando della sua gestione di governo il ruolo più importante viene affidato al segretario generale Patrizia Monterosso. L’asse con Lumia è solido e l’assessore alla Formazione professionale Nelli Scilabra, partita con grandi ambizioni di riforma del settore, viene sacrificata in una delle tante rotazioni di giunta, insieme alla fedelissima Michela Stancheris, ex segretaria di Crocetta a Bruxelles. In ventidue mesi Crocetta cambia trenta assessori, ma la giunta della pace con il Pd non sarà neanche quella dell’ottobre del 2014, che porta a ulteriori sostituzioni. I parlamentari, e non solo quelli del Pd, scalpitano per entrare nell’esecutivo. A seguito delle dimissioni di Lucia Borsellino, in estate, assessora regionale alla Salute, una dei pochi presenti sin dalla designazione antecedente al voto, nel bel mezzo del caso Tutino, con la presunta intercettazione che coinvolge Crocetta, il capogruppo del Pd Baldo Gucciardi entra in giunta. Qualche mese dopo fanno il loro ingresso anche i parlamentari Dem Marziano, Cracolici, e Barbagallo e il centrista Miccichè.
Il convitato di pietra dello scontro quasi quotidiano con Crocetta Davide Faraone, sottosegretario di Stato renziano doc, non riesce nell’impresa di convincere in estate ad andare al voto. Dopo le dimissioni di Fabrizio Ferrandelli che lascia il parlamento regionale siciliano negli stessi giorni in cui pare che la legislatura debba interrompersi a luglio, l’esecutivo arriva alla vigilia della finanziaria più difficile da approvare, lasciandosi alle spalle un cammino di leggi impugnate dallo Stato, da quello che riordina il sistema idrico regionale, al caos infinito sulle Province, ma soprattutto stenta ad andare avanti tra precari da stabilizzare, conti da quadrare e il rinnovato contenzioso di fondi che continua a viaggiare tra la rotta Roma- Palermo.