Alla vigilia delle elezioni dei rappresentanti degli studenti, abbiamo intervistato quattro consiglieri uscenti per chiedere loro di fare un bilancio della loro attività tra le mura del Monastero
Gli uscenti: “Un ruolo poco riconosciuto”
Alla domanda se si ricandideranno, tre rappresentanti su quattro – Marina Currao (Lingue), Claudio Piticchio (Lingue) e Roberto Pirruccio (Lettere) – rispondono di no ma con motivazioni molto diverse.
Se per Currao e Piticchio è ormai tempo di dedicarsi alla laurea, Pirruccio ha delle motivazioni che vanno aldilà degli impegni accademici: «Sono convinto che la rappresentanza consiliare non sia il modo migliore per cambiare le cose. E ne ho avuto dimostrazione con i miei successi e insuccessi degli ultimi quattro anni» spiega. Giampiero Gobbi (Lingue) invece si ricandiderà «per due motivi: per far crescere il mio gruppo in Facoltà e per garantire la continuità con il lavoro fatto negli ultimi anni» afferma.
Sugli obiettivi portati a termine, il consigliere uscente di Lettere fa un bilancio a metà: «E’ stato fatto un buon lavoro di coordinamento tra rappresentanti e non rappresentanti per l’abolizione della marca da bollo o per il rispetto di norme e scadenze legate alle sessioni di laurea e d’esami. Personalmente, una volta constatata, a malincuore, l’indifferenza degli studenti rispetto a ciò che viene deciso sulle loro teste, ho diretto le mie energie verso l’Ateneo, collaborando in maniera proficua soprattutto con una parte dei docenti, in materia di diritto allo studio, didattica e iniziative culturali». I laureandi in Lingue invece si sono concentrati sulle cosiddette piccole cose: «Spostare appelli, ottenere la proroga della consegna delle tesi, migliorare il rapporto di mediazione docenti-studenti; è stata garantita inoltre più presenza grazie al forum e alla presenza in aula 74», spiega Currao. L’unico cruccio, l’impossibilità di far aggiungere un appello per gli scritti delle lingue straniere.
Il rapporto con gli studenti è un tema sentito anche per i rappresentanti di Lingue, infatti per Giampiero Gobbi un obiettivo da raggiungere è proprio la partecipazione dei propri rappresentati. Alla domanda se il ruolo di consigliere venga o meno riconosciuto, Pirruccio risponde: «In genere, il rappresentante viene interpellato quando esiste una necessità concreta e strettamente personale. Molto spesso si tratta di cavilli burocratici che, per inefficienza degli uffici, risolviamo noi. In altri casi, sono classici “reclami” verso un trattamento particolare ricevuto da questo o quel docente. Quasi mai lo studente va in cerca del rappresentante perché ha un’osservazione o una proposta che vuole porre all’attenzione del Consiglio». Di parere simile è anche Gobbi: «Da parte degli studenti c’è una scarsa conoscenza del ruolo e della figura del rappresentante», mentre in ambito istituzionale, confermano Piticchio e Currao, il «nostro parere è tenuto in considerazione».
Il rappresentante, si sa, è anche uno studente: quanto tempo quindi ha tolto la carica alle carriere accademiche? Molto fortunata è Marina Currao che è riuscita a conciliare studio e impegno politico. Un po’ meno Gobbi. «Ho fatto solo quattro esami in due anni». Roberto Pirru sospira: «la rappresentanza? Volendo quantificare, un annetto l’ha sottratto, sì».