Un romanzo utopico che profetizza, in una visione apocalittica, un mondo assoggettato al potere totalitario di un partito. A sessant'anni esatti dalla sua prima comparsa, l'opera dello scrittore inglese è di un'attualità disarmante
Giù dallo scaffale: George Orwell, 1984
A sessant’anni esatti dalla sua prima comparsa (fu pubblicato nel 1948 e non a caso intitolato 1984), il romanzo di Orwell è di un’attualità disarmante. L’utopia in esso contenuta profetizza, in una visione apocalittica, un mondo assoggettato al potere totalitario di un partito, “del” partito, il cui leader è conosciuto a tutti come “Big Brother”. Nessuno lo ha mai visto ma tutti sanno che c’è, e che controlla la vita di tutti come un occhio che ti segue ovunque tu sia e qualunque cosa tu faccia.
“BIG BROTHER IS WATCHING YOU!” è la scritta che riportano gli innumerevoli poster sui quali egli appare col faccione enorme e baffuto, poster che riempiono le città e rendono la minaccia del suo spettro sempre più incombente. Il partito del grande fratello controlla l’informazione, riscrive o cancella la storia, narcotizza le masse attraverso una studiata propaganda atta ad intimorire, bandisce dai vocabolari parole che presuppongono la conservazione di spazi individuali, elimina sentimenti e passioni poiché potrebbero condurre alla ribellione.
L’autore, per farla breve, immaginava che di lì a meno di quarant’anni ogni libertà individuale sarebbe scomparsa a causa di un governo totalitario che si sarebbe impadronito del mondo intero cancellando il passato e ricostruendo a proprio modo il presente. Profezie utopiche legate alla paura che qualcosa di simile potesse realmente accadere, un timore legittimo nel difficilissimo momento storico che aveva appena visto esplodere le due guerre mondiali, e che aveva assistito inerme all’imposizione di poteri totalitari quali nazismo, fascismo, franchismo e stalinismo. Una paura resa perfettamente da Orwell attraverso una visione assolutamente negativa e pessimistica del al futuro, che sfocia nella rassegnazione del finale.
La scrittura di Orwell è semplice e cristallina, la lettura procede senza intoppi. L’autore non ci risparmia immagini crude, come la visione del protagonista, Winston Smith, torturato per essersi macchiato del “reato di pensare”.
Oggi come ieri, grida il libro, la minaccia della manipolazione fa paura, il controllo sulla massa che “va tenuta a bada” perché le elite possano “conservare il potere” è un pensiero ricorrente. Siamo certi che non ci sia nessun occhio che ci spia, nessun Grande Fratello che, alla stregua di quello incarnato dall’aberrante distorsione del reality show televisivo, che ci controlla e ci guida? Siamo liberi cittadini liberi di uno stato pluralista? Viviamo in una società effettivamente libera, in cui gli individui sono pienamente coscienti di ciò che succede intorno a loro? O c’è piuttosto una disinformazione dilagante che fa perdere alla gente la capacità critica? Possiamo affermare con assoluta certezza di non essere, in qualche modo e nelle occasioni più disparate, “manovrati” dall’alto?