Gela, vola in Spagna l’imprenditore anti-Eni «Non fuggo, preparo una strategia di guerra»

L’uomo da un milione di euro, il pentito, il pazzo. Sono tanti i soprannomi per David Melfa, imprenditore gelese da tempo nell’occhio del ciclone per le battaglie che porta avanti contro l’Eni. Reo, secondo la raffineria di Gela che l’ha citato in giudizio a giugno, di aver diffamato con le sue dichiarazioni e leso l’immagine dell’azienda. Una maxi richiesta di risarcimento di un milione di euro per un post sul social network Facebook nel quale Melfa, dopo uno sversamento a mare di idrocarburi avvenuto a giugno 2013, accusava i dirigenti di essere criminali ambientali. Adesso l’imprenditore ha deciso di andar via. Destinazione Spagna. Partire per tornare.

È il proposito di molti che sono costretti a fuggire dalla propria terra, e che vanno via con la speranza che nel frattempo si creino le condizioni per restare. «Nel mio caso – dice Melfa – sono io che decido di andare, non sto insomma emigrando. Un po’ come Troisi nel film Ricomincio da tre. La mia non è una fuga ma una strategia di guerra. Io sono un gatto, loro sono elefanti». Ha le idee chiare, Melfa. Ex socio dell’azienda di forniture di gas metano Meic Service srl, che opera sulla strada provinciale per Vittoria, ovvero a pochi passi dalle due enormi ciminiere che caratterizzano l’impianto gelese, è anche presidente dell’associazione Green Antinquinamento.

Per primo ha intrapreso un’azione giudiziaria in sede civile contro «la paura di ammalarsi» e contro gli «odori nauseabondi» che i lavori della raffineria causerebbero. «L’idea è di mostrare il danno morale, relazionale, esistenziale che la raffineria causa alla popolazione – sostiene – Ho invitato la cittadinanza ad unirsi alla class action che con la mia associazione ho intrapreso. Al momento abbiamo raccolto 20 denunce. La battaglia è lunga. Con questi processi mi sono legato al girone degli infedeli del cane a sei zampe». Sorride, nonostante tutto, Melfa. Non deve essere stata un’estate facile per lui dopo il cappio al collo del presunto e soprattutto esorbitante danno di immagine.

«Per me è stata una ghigliottina sociale, che allo stesso tempo mi ha fornito solidarietà e notorietà per aver scritto che l’Eni è un potere eco-mafioso criminale. Gela invece è la metafora del fallimento di una certa politica industriale». Non è nuovo ad accuse del genere, David Melfa. «Già nel 2004, quando un’intera città sosteneva che era meglio morire di cancro che di fame, io e pochi altri dicevamo il contrario. A quei tempi andai pure al centro di salute mentale perché la raffineria provocava in me uno stato ansiogeno». Ciò che più colpisce è come abbia provato a trasformare una battaglia personale in una lotta per la collettività. Pur col rammarico di un parziale insuccesso.

«Parto dal fatto che la mia è una critica al sistema dal quale provengo. Sono visto e trattato come un pentito di mafia. Eppure, o forse proprio per questo, ho provato a dialogare con tutti. Va creata una rete, una sinergia che al momento non c’è. Ognuno qui è un satellite che ruota attorno al proprio pianeta e basta». Quel che conta però sono gli spunti e le riflessioni che David Melfa lascia. Fili che spera prima o poi di riannodare. «Vado in Spagna a studiare l’esempio della riconversione di Bilbao, e mi occuperò di biometano per trasformare cioè i rifiuti in energia. Una questione fisica ma anche metafisica – sorride – Nel frattempo lavoro ad un piano industriale di riconversione».

E chi vuole davvero un piano industriale di riconversione per un territorio come quello di Gela? Finora tante promesse e nessuna attuazione. Nonostante l’attuale presidente della Regione Siciliana Rosario Crocetta sia stato per due volte sindaco della città. «Impossibile spettarsi questo passo da lui, se si considera il suo passato da ex ambientalista ed ex dipendente Eni. Nel resto del mondo si parla di terza rivoluzione industriale e qui siamo fermi al post-feudalesimo». «Dicono che sono un cane sciolto (nonostante il recente avvicinamento al Movimento cinque stelle, ndr), la mia linea politica è trasversale ed è: petrolio sì o petrolio no – conclude David Melfa – Credo che in generale l’energia derivante dai fossili vada superata, seppur in maniera graduale come spesso auspicato dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama».

[Foto di Michele Pantano]


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Sulla sua testa pende una richiesta di risarcimento da un milione di euro da parte della raffineria gelese. David Melfa, sostenitore della green economy, ha deciso di partire «per togliermi dal mirino», sostiene. Ma con l’intenzione di tornare con un piano industriale di riconversione: «Studierò l’esempio di Bilbao e mi occuperò di trasformare i rifiuti in energia»

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