A distanza di quattro anni dalla chiusura della Raffineria, l'alternativa industriale stenta a decollare. Il governo Musumeci sostiene un progetto ambizioso per creare «il primo impianto pilota nell'area del Mediterraneo». Eni però ha dedicato al gnl solo poche righe
Gela, Regione punta sul gas naturale liquefatto Ma restano dubbi sul contenuto del masterplan
«Completato lo studio di fattibilità e sottoscritta logistica per la distribuzione di gnl/gnc, grazie all’accordo tra Mise, Regione Siciliana, Comune di Gela ed Eni». È l’unica riga sul tanto agognato polo di gas naturale liquefatto/gas naturale compresso che si trova nel rapporto locale di sostenibilità Eni a Gela 2017, vale a dire il dossier di 44 pagine che il cane a sei zampe ha da poco sfornato sullo stabilimento gelese. Ci sono voluti più di quattro anni dalla chiusura della Raffineria per realizzare almeno lo studio di fattibilità su quella che doveva essere un’alternativa energetica. E quasi altrettanti dal protocollo d’intesa del 6 novembre 2014, che già lo prevedeva in questi termini: «l’Italia ha una consolidata leadership nell’uso del gas naturale compresso, ma l’utilizzo del gnl come carburante alternativo, nonostante l’elevato potenziale, è ancora agli esordi».
Un polo sul quale ha sempre puntato l’ormai ex giunta di Domenico Messinese. E sul quale ha mostrato recentemente il proprio interesse anche la Regione Siciliana. In un documento a firma dell’assessore regionale all’Energia, Alberto Pierobon, si legge infatti che è prevista l’istituzione di «una base logistica per la distribuzione di gnl/gnc finalizzato sia al trasporto su gomma che al trasporto su mare». Un tema, quello della mobilità sostenibile, che dal governo regionale sembra essere apprezzato, tanto che la giunta Musumeci propone sul tema «un gruppo di lavoro costituito da più assessori competenti per materia».
Insomma: di tempo ne dovrà ancora passare prima che il sogno di una rinascita del polo industriale possa avverarsi. Senza considerare che a metà 2017, come ammette lo stesso Pierobon, «i lavori (di studio, ndr) si sono però interrotti per il periodo della turnazione elettorale regionale e nazionale». Ecco perché a maggio del 2018 è l’amministrazione comunale che torna a farsi sentire, sollecitando «la convocazione di un tavolo tecnico-politico» che possa superare lo stallo, sottolineando «la possibilità tecnica di realizzare l’opera senza rigassificatori, essendo il gas metano un vettore energetico già disponibile all’interno del polo industriale, con l’obiettivo di creare il primo impianto pilota nell’area del Mediterraneo».
A incontrare l’assessore regionale è l’ex vicesindaco Simone Siciliano – colui che per tre anni e mezzo, tra le polemiche, ha condotto le trattative per la riconversione industriale della città – che fa presente (sempre secondo la relazione di Pierobon) come «non si può sottovalutare che Gela dispone di un porto industriale di proprietà della Regione Siciliana». Finora utilizzato esclusivamente da Eni, quel porto secondo Siciliano sarebbe «facilmente adattabile per la distribuzione del gnl alle navi in transito a poche miglia dalla costa gelese, così come si deve ricordare che le unità navali e i mezzi su gomma dal 2020 – aggiunge – dovranno essere alimentati a gas, sostituendo la propulsione diesel/fuel oil, al fine di ridurre l’anidride carbonica in atmosfera».
Restano comunque molti dubbi. La rete stradale di distribuzione del metano in Sicilia è ancora poco sviluppata: 40 impianti, di cui solo due autostradali. La stessa Federmetano (la federazione nazionale distributori e trasportatori di metano) sostiene che al momento «un distributore di gnc ubicato in Sicilia, costretto ad allacciarsi alla rete di distribuzione locale, sostiene annualmente dei costi di produzione che sono tripli rispetto a un analogo impianto situato al Nord Italia». A tali carenze potrebbe ovviare, in parte, proprio l’impianto di Gela, insieme alla realizzazione di almeno altri «sette distributori sul territorio regionale».
Nel documento di 32 pagine redatto da Pierobon, che contiene tra l’altro i dati già noti dell’inquinamento e sulle bonifiche («si apprende la presenza di valori di contaminazione di sottosuolo/falda altissimi che acclarano l’ipotesi di presenza di una fonte inquinante primaria»), spiccano due noticine personali dell’assessore, che si trovano in fondo al documento e con un carattere più piccolo. Ma che lascerebbero presupporre un’assenza di trasparenza sullo studio di fattibilità da parte del Comune di Gela e di Eni nei confronti della Regione (e della popolazione, che questo studio non lo ha ancora potuto visionare).
«Sembra che il Comune abbia dato incarico alla Rina Consulting (società di servizi per le aziende che operano nel campo industriale, ndr) – fa notare Pierobon – per gli aspetti turistici, industriali e della cantieristica. In tal senso, è stato redatto un masterplan che assume il ruolo di progetto di prefattibilità. Anche qui sarà interessante analizzare il predetto documento per capire se la visione regionale viene efficacemente trasfusa negli aspetti attuativi di cui trattasi». In un’altra nota, l’assessore prosegue: «Va capito se questo masterplan (o progetto di prefattibilità) sia stato (e come) condiviso dall’amministrazione gelese e dall’Eni, come pure da altri. Inoltre, cosa questo documento effettivamente abbia analizzato e prospettato».