Gela, metanodotto e pozzi petroliferi al minimo Gli operai ai consiglieri: «Venite ai blocchi con noi»

Il proclamato sciopero nazionale di oggi in tutti gli stabilimenti italiani Eni e Saipem (40mila i lavoratori interessati) a Gela diventa tappa di un percorso più ampio. Che ha come principale obiettivo quello di mettere alle corde il cane a sei zampe e il governo italiano e trovare una soluzione, tutt’altra che raggiunta come invece ha proclamato nei mesi passati il primo ministro Matteo Renzi. Intanto la mobilitazione dei lavoratori e dei sindacati di ieri ottiene già qualche risultato. 

Per tutta la giornata di oggi verrà tenuto fermo il 90 per cento dei pozzi estrattivi di Enimed (soprattutto petroliferi), ad eccezione di un’unica pipeline che rimarrà attiva per ragioni di sicurezza. Così come marcerà a regime minimo il Greenstream, il gasdotto lungo 520 chilometri che consente il passaggio del metano dalla Libia all’Italia. Inoltre il 21 gennaio i sindacati confederali, con la mediazione della prefetta di Caltanissetta Maria Teresa Cucinotta, incontreranno a Palermo il presidente della Regione Rosario Crocetta. «L’ennesima verifica del protocollo d’intesa e nulla più», è quello che temono i lavoratori che da 24 ore bloccano gli accessi alla città, tra temperature glaciali e una pioggia che non dà tregua. 

Infine giorno 22 a Roma la principale protagonista sarà la giunta comunale, che intende capire a che punto è l’attuazione dell’accordo di programma del settembre scorso. Di fronte alla rabbia dei lavoratori, ai sindacalisti e ai politici non resta che ammettere la resa. «Diteci voi quel che dobbiamo fare», è la frase più gettonata. Al consiglio comunale che si è svolto ieri sera era presente una delegazione del movimento spontaneo dei lavoratori, sul piede di guerra già da dicembre

Il gruppo consiliare del Pd aveva inizialmente proposto una lettera da spedire a Renzi, accolta con sarcasmo dagli stessi operai presenti. «Sembra scritta da una bambina di quarta elementare», hanno sottolineato gli stessi. Così quando il consigliere Luigi Di Dio ha rigettato l’idea dei democratici locali, invitando piuttosto i colleghi a «strappare le tessere di fronte al vostro partito che sta distruggendo il territorio», si è fatta larga l’ipotesi di un consiglio comunale permanente, da svolgersi in strada e a sostegno degli operai presenti. «Non mi farò più parte attiva nello smobilitare le proteste – ha assicurato da parte sua il vicesindaco Simone Siciliano -. Ho chiesto al ministero dell’Ambiente date certe sulla partenza delle bonifiche e della green refinery».


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