Intervista a Giovanni Caruso, fondatore del centro di aggregazione popolare GAPA che si occupa del sociale nel quartiere storico di S. Cristoforo
GAPA: realtà sociale nel cuore di Catania
Da molti indicato come luogo di mafia, delinquenza e degrado, da altri amato e curato come parte insostituibile della propria città: ecco gli antitetici sentimenti nei confronti di S. Cristoforo, quartiere di cui spesso si sconosce la vera natura storica-artistica e che da anni è considerato una zona dombra di Catania.
Nonostante ciò, qualcuno continua a credere in una sua rinascita e spera di scoprirne il vero volto, fatto di vitalità, sorrisi e folklore, caratteristiche ormai quasi del tutto perse nei quartieri considerati “buoni”. Tra questi sicuramente spicca Giovanni Caruso che, insieme ad un gruppo di volontari, sostiene ed aiuta gli abitanti di S. Cristoforo con iniziative che coinvolgono sia i ragazzi che gli adulti. L’abbiamo intervistato per voi.
Che cosa significa GAPA?
E’ un acronimo che vuol dire “Giovani Assolutamente Per Agire”. Nel 2001 a questo termine si è aggiunta la definizione di “Centro di aggregazione popolare”.
Quando nasce il GAPA e da chi?
Tra il 1987 ed il 1988. Nasce da una costola distaccatasi dallassociazione cattolica delle dame di carità di S. Vincenzo. Un gruppo di ragazzi decise di allontanarsi dallambito religioso per dar vita ad un nuovo modo di intendere il volontariato, ovvero laico e lontano dal concetto dellassistenzialismo.
A chi si rivolge il GAPA e quali servizi offre?
Lattività principe è sicuramente il doposcuola che copre lintera fascia scolastica dai sei ai diciotto anni. È inevitabile però che dai bambini si passi ai problemi dei genitori ed a quelli dellintero quartiere.
Quale è la situazione che in questi anni di volontariato lha colpita di più?
Sicuramente le realtà in cui vivono molti bambini e le condizioni fortemente disagiate in cui sono costretti a passare il periodo più spensierato della vita quale dovrebbe essere linfanzia, anche se così non è per tutti. A pari intensità emotiva metterei il rapporto con le persone di S. Cristoforo che da sempre è stato per me molto significativo. Per questo tengo a precisare che non tutti i 18.000 abitanti di questo quartiere sono mafiosi, contrariamente a ciò che molti pensano.
Il GAPA si rivolge in particolar modo alla municipalità di S. Cristoforo: secondo lei quali sono i pregi ed i difetti di questa zona?
La municipalità di questa zona comprende anche i Cappuccini e gli Angeli Custodi che insieme alla Civita costituiscono il centro storico per eccellenza di Catania, ricco di bellezza e di storia. Daltro canto però S. Cristoforo è purtroppo un quartiere ad alta densità delinquenziale di stampo mafioso. Non ci dimentichiamo che è la patria di Nitto Santa Paola.
Secondo lei, come vede il mondo un ragazzo che proviene da una condizione sociale disagiata rispetto ad unaltro che viene da una situazione sociale migliore?
In maniera enormemente diversa, poiché la situazione economica-culturale è profondamente differente. Fino agli anni 40 S. Cristoforo viveva in una condizione che potrebbe essere paragonata a quella attuale del paese africano più povero. Ma dopo il boom economico lo scenario si è modificato radicalmente: oggi questo quartiere vive lapoteosi del consumismo, per cui si fanno debiti pur di acquistare la macchina di lusso o magari si possiede lultimo modello di televisore al plasma ma si vive in una catapecchia di un vano e mezzo in cinque persone. Avere lultimo modello di videofonino ed il motorino alla moda è lunico modo per questi ragazzi di sentirsi alla pari con i coetanei che vivono in famiglie più abbienti. È inutile dire quanto tutto questo faccia comodo alle organizzazione criminali ed a chi sfrutta il lavoro minorile.
Quale sentimento la spinge a mandare avanti la sua associazione di volontariato?
Non mollare mai. Questo spinge me e gli altri volontari a continuare, con lintento di creare un modello alternativo di realtà rispetto a quello che vivono le persone a cui ci rivolgiamo. Non dimentichiamo che ancora oggi molti ragazzini della nostra zona dicono “andiamo a Catania” quando vanno in centro, per cui è ovvio come tuttoggi esista un divario sociale.
Si sente ricompensato dellimpegno profuso quotidianamente nella sua associazione?
Mi sento molto gratificato. Il mio non è un obbligo, ma anzi è uno slancio che parte dallanima dal cuore e dalla mente. Il piacere che provo non è di natura egoistica ma altruistica: attraverso il racconto, le azioni e le parole è trasmesso agli altri. Il fine è che nulla debba rimanere in me e che ci sia un costante passaggio al mio prossimo.
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