Gammazita chiede in affido lo storico pozzo «Non un parcheggio ma un luogo di cultura»

Un bene abbandonato dalle istituzioni, ma tutelato per decenni dal basso. È il pozzo di Gammazita, vicino al Castello Ursino, oggi all’interno di un cortile da cui si accede a diversi palazzi. Uno spazio che in realtà fa parte di una via pubblica, via Gammazita appunto, che dal pozzo arrivava a via Vela, attraversando via Scuto. Il bene del XII secolo però da anni è separato dalla città da un cancello eretto almeno vent’anni fa da uno dei residenti, il signor Pippo, senza alcuna autorizzazione ma per evitare che il pozzo venisse utilizzato come una discarica a cielo aperto. 

Una tutela fai da te davanti all’indifferenza delle amministrazioni, ma anche uno strumento condiviso: ad avere le chiavi del cancello, infatti, sono stati per anni associazioni e studiosi. Che si occupavano volontariamente di far visitare il bene a concittadini e turisti. Almeno fino a qualche mese fa. «Purtroppo a settembre 2014 un abitante di via San Calogero, che parcheggia abitualmente la propria auto all’interno del cortile, ha cambiato il lucchetto e da allora ci è impedito l’accesso e la possibilità di poter continuare la nostra attività di promozione e conoscenza del pozzo». Così l’associazione Gammazita racconta nel documento protocollato a metà gennaio al Comune etneo per richiedere l’affidamento del bene. «Il lucchetto non l’ho sostituito io, ma in ogni caso era vietato accedere per motivi di pubblica incolumità», risponde Michele Capobianco, il residente citato nella richiesta e fondatore della costituenda associazione Gammazeta che partecipa all’iniziativa dell’assessorato all’Urbanistica Fabbrica del decoro per la gestione partecipativa dei beni e degli spazi pubblici.

Un nome simile, due percorsi diversi. Gammazita, da circa un anno circolo Arci, è un gruppo attivo in piazza Federico di Svevia dal 2013 per la riqualificazione del quartiere, dove ha organizzato a settembre il festival di arti circensi e di strada Ursino buskers e la biblioteca permanente all’aperto Piazza dei libri. Oltre a promuovere le visite al pozzo. «Da oltre un anno l’associazione, con il consenso di alcuni abitanti che hanno consegnato una copia delle chiavi ai volontari, organizza delle passeggiate domenicali in cui è possibile accedere al cortile e guardare il pozzo di Gammazita – spiegano gli stessi volontari nella richiesta al Comune – Attraverso queste passeggiate centinaia di catanesi e turisti hanno potuto conoscere uno dei luoghi più caratteristici della nostra città. Il luogo è segnalato in tutte le più prestigiose guide turistiche europee, che ha dato vita ad una delle leggende più importanti della nostra città ingiustamente caduta nell’oblio negli ultimi decenni». Nel cortile che ospita il pozzo si affaccia invece la sede di Gammazeta, associazione che sta per costituirsi, «al momento mettiamo a disposizione il nostro spazio per chi vuole esporre le proprie opere e ci vediamo lì tra amici», spiega Capobianco. Che ha preso parte all’iniziativa Fabbrica del decoro promossa dal Comune di Catania per affidare ai cittadini alcuni spazi da riqualificare e rendere fruibili. Spazi appunto come il pozzo di Gammazita.

«L’apertura del cortile e la possibilità di poter guardare un bene inaccessibile da decenni è stato accolto con grande interesse dalla comunità di studiosi e curiosi di storia patria – raccontano alle direzioni Cultura e Patrimonio dell’amministrazione etnea i ragazzi di piazza Federico di Svevia – Alcune importanti istituzioni culturali cittadine, come la Società Dante Aligheri, ha organizzato visite al monumento che è stato anche oggetto nell’ultimo anno di ben due tesi di laurea». Per questo i volontari di Gammazita chiedono la riapertura del cancello e di poter prendere in gestione il pozzo garantendo, «a titolo gratuito e senza scopo di lucro, la fruibilità del bene culturale», per continuare «nell’opera di promozione e sensibilizzazione intrapresa». Una volontà che da mesi si scontra con un cancello chiuso. «Da un abitante che vive lì e ha una bottega in via San Calogero con un ingresso sul cortile, che utilizza da sempre come parcheggio, e uno sulla via – spiega Daniele Cavallaro, di Gammazita -. Prima di fare le visite, noi ci siamo presentati, ma ho sempre avuto l’impressione che gli desse fastidio, forse per l’attività che ha avviato nella bottega, come le mostre. In passato si è lamentato perché secondo lui, non essendo residenti, non possiamo utilizzare il cortile».

L’abitante in questione è Michele Capobianco, architetto e residente. «Innanzitutto le chiavi del cancello non le ho sostituite io, ma un altro inquilino a cui erano state rubate anche le chiavi di casa e ha sostituito tutte le serrature – spiega Michele Capobianco -. È vero però che evitare l’accesso al cortile serviva anche a me, perché in questi mesi ho fatto dei lavori richiesti dal Comune». 

Tutto comincia nel 2012, con un sopralluogo dell’amministrazione e della Sopintendenza etnea che hanno accertato il pericolo di crollo di alcuni elementi strutturali del palazzo che dà sul cortile e il pozzo. «Con un’ordinanza, è stato chiesto ai proprietari delle case di eliminare il pericolo. Io stesso per mesi ho evitato di utilizzare una stanza di casa mia che giace su quella porzione, per questo ho chiesto gentilmente di non accedere al cortile. Se fosse successo qualcosa a qualcuno, la responsabilità sarebbe stata mia». Così Capobianco chiede le necessarie autorizzazioni e, dopo l’estate, monta un ponteggio. Smontato pochi giorni fa. «Adesso l’ordinanza dovrebbe venire meno – conclude Capobianco -. Spero che il Comune si riattiverà per la fruizione di un bene che appartiene a tutta la comunità».


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In una nota protocollata al Comune etneo a metà gennaio l'associazione di piazza Federico di Svevia chiede di gestire il bene del XII secolo, abbandonato, per garantirne «a titolo gratuito e senza scopo di lucro, la fruibilità». Adesso interrotta dal cambio del lucchetto del cancello da cui vi si accede e dalle divergenze con uno degli abitanti, che risponde: «C'era il rischio per la pubblica incolumità»

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