Sono partite le convocazioni del vertice della società partecipata, che ha invitato i lavoratori a cui è stato notificato l'avviso di chiusura delle indagini a fornire le proprie spiegazioni. Sembra, inoltre, che la lista inizialmente coinvolgesse più di 17 persone
Furbetti a Sostare, partite le verifiche disciplinari Il presidente: «Daremo la possibilità di spiegarsi»
La strada dei provvedimenti disciplinari è stata imboccata. Da questa mattina sono partite le comunicazioni ai dipendenti che hanno ricevuto l’avviso di chiusura delle indagini della procura di Catania a proposito del caso dei «furbetti del cartellino»: 17 persone sono indagate perché accusate di timbrature false. In altri termini, avrebbero attestato la loro presenza negli uffici di via Proserpina, quelli del servizio rimozione, pur non essendo a lavoro. Adesso che la notizia è stata diffusa, il presidente della società partecipata ha dieci giorni di tempo per prendere i suoi provvedimenti: «Daremo loro la possibilità di spiegarsi», dice, asciutto, Luca Blasi. Ancora, del resto, a lui i documenti sull’inchiesta non sono arrivati. Almeno non per le vie ufficiali.
Da quanto risulta a questa testata, le indagini sarebbero partite negli ultimi mesi del 2018. Pare proprio su impulso del presidente dell’azienda, che avrebbe delegato la polizia municipale per operare delle verifiche sull’intero blocco dei dipendenti. Cioè 197 persone, i cui uffici sono suddivisi tra via Aldebaran (nella zona del Lungomare) e via Proserpina, nei pressi di piazza Lincoln. Mesi di verifiche avrebbero portato a documentare episodi della pratica, a quanto pare diffusa, per cui i colleghi si scambiassero i cartellini per timbrare, sebbene non si trovassero sul posto di lavoro. Da questi accertamenti sarebbe partita la comunicazione di notizia di reato alla procura di Catania e la conseguente apertura del fascicolo, affidato al gruppo che si occupa di reati contro il patrimonio.
Secondo l’accusa, si sarebbero «assentati senza autorizzazione dal posto di lavoro dopo aver timbrato il proprio badge attestante l’ingresso in ufficio e senza segnalare l’uscita». In più, avrebbero anche coperto i colleghi impegnati nelle medesime pratiche, «attestandone falsamente la presenza». In questo modo, facendo sì che le persone coinvolte percepissero spettanze per orari in cui, in realtà, erano altrove. Un danno che, per il momento, sembra essere quantificato in circa 2800 euro. Le 17 persone coinvolte in questa inchiesta fanno parte di un gruppo di lavoro, quello delle rimozioni, che conta 28 addetti. Tra gli impiegati finiti nel mirino degli investigatori, c’è anche il coordinatore del servizio.
Sembra, inoltre, che la lista degli indagati fosse in principio più lunga di quella odierna, coinvolgendo anche impiegati in settori diversi da quello delle rimozioni. E che molte posizioni siano state archiviate perché si sarebbe trattato di episodi singoli e per i quali era impossibile dimostrare il danno per la società partecipata. Rimarrebbe, però, il comportamento scorretto dal punto di vista disciplinare. Per cui sarebbero ipotizzabili eventuali procedimenti anche per i lavoratori nei confronti dei quali gli uffici di piazza Verga hanno ritenuto di non dovere procedere.