Francesco Virlinzi, ricordo dell’amico Nico «Non ho più visto un concerto dei Rem»

Quando a Nico Libra chiedi di parlare di Francesco Virlinzi lui abbassa lo sguardo e sospira: «Da quando lui se n’è andato niente è più lo stesso, anche io non sono più uguale». Checco e Nico erano grandi amici, di un’amicizia fatta di progetti lavorativi e viaggi e musica, soprattutto musica. Ne parlavano da Musicland, il negozio di dischi di via Gradisca che Nico aveva messo in piedi, e ne parlavano in qualunque altro momento, mentre inseguivano Bruce Springsteen in un tour dall’altra parte del mondo, organizzavano a Catania un concerto dei Flor de mal, o discutevano della nuova registrazione dei Sansone e i filistei, il gruppo amatoriale in cui proprio Virlinzi suonava. «Francesco era un creativo, non si fermava mai, era un leone, intraprendente e, soprattutto, stimolante», racconta Nico. Domani, Francesco Virlinzi avrebbe compiuto 55 anni.

Bruce Springsteen nel backstage di un concerto

«Aveva cominciato a lavorare nella Compagnia grandi macchine, l’azienda del padre, vendeva auto – ricorda l’amico – Ma non era felice, non gli piaceva, Francesco viveva per la musica». Viveva per mettere dischi e ascoltarli, «quando lui faceva il dj la pista della discoteca si riempiva come un uovo». Viveva per andare ai concerti: «Quando seguivamo una band di cui eravamo fan, portavamo sempre loro un regalo, qualcosa che li legasse a noi, avevamo capito che coi musicisti devi parlare di tutto tranne che di musica». Come quella volta, nel 1985, quando saltò un concerto degli U2 in un palazzetto, perché il tetto della struttura era crollato per il peso della troppa neve. «Lo spostarono al teatro-tenda di Lampugnano – spiega Nico – Prima di partire per andarli a sentire, andai da Verona e Bonvegna, in via Asiago, e mi feci fare una torta: quando ho incontrato Bono gliel’ho data. Siamo diventati gli amici siciliani degli U2». Quelli che salivano sui pullman delle band, che conoscevano l’entourage, che costruivano legami da una parte all’altra del pianeta.

Da sinistra: Francesco Virlinzi, Michael Stipe (frontman dei Rem) e Nico Libra

Il più famoso di questi rapporti, forse, è quello con i Rem. Lo storico gruppo rock statunitense che nel 1995 suonò allo stadio Cibali di Catania, proprio grazie all’amicizia con Virlinzi. Un’amicizia iniziata una decina di anni prima: «Era il 1985 e stavamo seguendo un tour di Springsteen in New Jersey». Ma un tornado cambia le carte in tavola, alcune date saltano e un gruppo di giovani catanesi si ritrova negli Stati Uniti d’America con la voglia di sentire gente brava suonare. «Ripiegammo sui Rem, dei quali avevamo sentito parlare, ci piacquero, andammo nel backstage e ci presentammo». Nell’86, Nico e Francesco tornano negli States, stavolta per il tour della loro nuova passione, Michael Stipe e soci. «Francesco era anche un fotografo molto bravo e pochi anni dopo consegnò ai Rem un libro di foto che aveva scattato loro, in cui riusciva a cogliere l’essenza del gruppo». Il legame ormai era forte, c’erano le basi per portare quei musicisti di fama mondiale in Sicilia. «In realtà, quello di Cibali non fu poi l’evento da grandi numeri che s’è raccontato – ride Nico – Furono staccati poco più di 13mila biglietti e in totale erano riuscite a entrare 20mila persone». Ma il clima era entusiasmante.

In piedi: la formazione dei Rem. In basso, da sinistra: Enzo Bianco e Francesco Virlinzi. 1995, foto di Antonio Parrinello

Nel frattempo, Checco Virlinzi era diventato produttore discografico. Nel 1990 aveva ascoltato una ragazzina di 16 anni cantare alla Cartiera, in via Casa del mutilato. Era Carmen Consoli, la cantantessa, arrivata al successo in pochi anni. «Mediamente isterica fu registrato proprio a casa di Francesco. In generale, quell’uomo era in grado di riempire Catania di buone cose», prosegue Nico Libra. Dall’amicizia con Francesco Virlinzi erano passati anche Mario Venuti, Brando, Kaballà e Moltheni. Poi una breve pausa: «L’1 agosto 1999 è nato il figlio di Francesco, Francesco anche lui. Compirà 15 anni tra poco, suona la batteria, cresce immerso nella musica». La musica di cui avrebbe voluto parlargli suo padre, che è morto a New York il 28 novembre 2000. «L’anno dopo sono andato a un concerto dei Rem – conclude Libra – L’incontro coi ragazzi è stato molto mesto, eravamo tutti troppo sinceramente tristi. Non sono mai più riuscito ad andare a un loro concerto, non ho mai più trovato quella forza. E ho capito che mi mancava lo stimolo: e lo stimolo era fare le cose insieme al mio più grande amico, lo stimolo era lui».


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