Formazione professionale: riforma del settore possibile? Il clima avvelenato da sospetti e scandali non lascia presagire a nulla di buono

IL GOVERNO REGIONALE SI APPRESTEREBBE A LANCIARE LA CROCIATA CONTRO GLI ENTI AFFIANCATO DAL MONDO DELLE IMPRESE

La formazione professionale siciliana agli industriali (o presunti tali) dell’Isola? Nella Sicilia prossima al fallimento (fallimento della Regione, ovviamente) fanno gola a tutti i soldi in arrivo per la prossima Programmazione comunitaria 2014/2020. Una pioggia di miliardi di euro.

Per accaparrarsi le risorse che l’Europa destina alla formazione professionale (che poi non solo fondi europei, dal momento che c’è il cofinanziamento dello Stato) pare sia scattato il conto alla rovescia. Non si spiegherebbe diversamente che in Sicilia, terra dei paradossi e dei Gattopardi, accade anche che il popolo venga chiamato a votare per indicare la guida politica per poi, a distanza di quasi un anno, ritrovarsi nel caos istituzionale.

Almeno questo è quello che emergerebbe dalla lettura politica su quanto sta accadendo nel settore della formazione professionale. Sembrerebbero delinearsi con chiarezza i contenuti della riforma nel settore che si appresterebbe ad attuare il Governo regionale del presidente Rosario Crocetta. Il modello di formazione vincente sarebbe, quindi, quello di trasferire i fondi a Confindustria Sicilia per gestire corsi e attività di orientamento?

La tesi non è campata in aria. Intanto perché – e questo è un altro dei paradossi – l’industria, in Sicilia, a parte le raffinerie e i vari poli chimici e l’Enel (tutti gruppi che, peraltro, pagano le imposte fuori dalla Sicilia pur distruggendo il nostro territorio), non c’è più. Chi rappresenta, oggi, Confindustria Sicilia? Quali attività industriali?

Sembra più che logico che gli ‘industriali’ di Confindustria Sicilia, non riuscendo più a fare industria, cerchino di fare altro. Un ‘pezzo’ importante di Confindustria Sicilia, con le buone o con le cattive, ha monopolizzato il settore delle discariche. ‘Giusto’ che un altro ‘pezzo’ di Confindustria Sicilia cerchi di ‘arpionare’ i fondi della Formazione professionale.

Almeno, così, questi bravi industriali di Confindustria Sicilia li ‘sistemiamo’ tutti a pane e fondi pubblici. Del resto, non essendoci le industrie ed essendo al potere, cosa dovrebbero fare? Non approfittarne? Una mano lava l’altra…

Insomma, in una Sicilia dove scarseggiano le aziende che stabilmente occupano almeno 250 addetti, l’associazione degli industriali siciliani prova a tracciare una possibile riforma che metterebbe al “centro dell’universo” se stessa. Della serie, “levati tu che mi ci metto io…”. Che, alla fine, è una grande politica industriale…

Dicevamo che le risorse fanno gola a tutti, a maggior ragione in epoca in cui a fallire sarebbe anche la Sicilia e la politica siciliana, arida di idee e proposte. Cioè a fare la formazione professionale ci penserebbero le aziende con le risorse pubbliche. Una pacchia, insomma. Friggi e mangia…

Che l’attuale Governo regionale fosse a impronta confindustriale non vi erano dubbi. In verità, anche nel criticato Governo precedente del presidente Raffaele Lombardo vi era una presenza costante di rappresentati di Confindustria. Quello che appare paradossale è che la tanto agognata riforma della formazione professionale debbano suggerirla, promuoverla, quasi spingerla proprio gli imprenditori.

Questo appare quanto mai singolare. Confindustria Sicilia traccia i contenuti di una possibile riforma attraverso le parole del suo più autorevole testimone, Ivan Lo Bello.

Il vice presidente nazionale di Confindustria, siciliano di Siracusa (a proposito, ma il signor Lo Bello che cosa produce in Sicilia?) commentando su Twitter l’ennesima inchiesta nel settore della formazione professionale registratasi a Catania dopo i fatti di Messina e Palermo ha lanciato i contenuti della possibile riforma.

Riformare la formazione attraverso l’alternanza scuola e lavoro che permette a sedici anni di essere assunto con contratto di apprendistato per fare anche formazione. In perfetta sintonia gli fa eco il governatore Rosario Crocetta che oggi al Giornale di Sicilia ha dichiarato: “Via gli enti dalla formazione”. E spazio agl’industriali senza industrie, aggiungiamo noi. Chissà cosa pensano di tutto questo i vertici di Confindustria nazionale…

Dalle parole del governatore sembrerebbe emergere la volontà di chiudere definitivamente l’esperienza della legge regionale n.24 del 6 marzo 1976, che fonda l’erogazione del servizio formativo con gli enti di formazione senza finalità di lucro. Almeno questo appare emergere dalla tempestività che Lo Bello e Crocetta hanno mostrato nel rilasciare dichiarazioni a commento dei fatti di Catania nello stesso giorno. Quasi si trattasse di una dichiarazione congiunta.

C’è aria di giustizialismo in Sicilia. Monta sempre più il messaggio che, per evitare gli arresti, si deve mettere mano ad un modello di riforma incentrato su altro. Cosa c’entra?

Gli enti di formazione, quelli sani e che hanno sistematicamente applicato le norme e rispettato le regole, costituiscono ancora oggi una garanzia per la tenuta del sistema formativo e per l’erogazione del servizio che la Regione siciliana ha il dovere di provvedere. Il malaffare alberga nella formazione professionale come nell’edilizia, nei servizi, nel turismo, nell’ambiente, nei rifiuti, nell’agricoltura, fino alla pubblica amministrazione.

Ciò che si è scatenato nel settore della formazione professionale non ha pari in nessun altro settore dell’economia siciliana. Cosa c’entrano gli arresti con lo smantellamento del sistema? La riforma va fatta e in fretta, lo dicevano anche i rappresentanti del precedente Governo regionale, alla cui guida vi erano partiti e referenti del mondo dell’associazionismo oggi seduti accanto al presidente Crocetta nella stanza dei bottoni. Eppure…

È compito del Governo regionale promuovere il cambiamento con l’impulso legislativo, in un clima disteso e con la concertazione delle forze sociali e della rappresentanza parlamentare. Fuori da questo schema democratico si attenta alla democrazia e non si persegue il bene dei cittadini siciliani.

Dalla parole del presidente Crocetta sembrerebbe annidarsi il dubbio sulla gestione della formazione professionale da parte del precedente Governo e di molti politici e sindacalisti. Ma Crocetta non ha forse goduto dei voti di Raffaele Lombardo e di tutto il PD per garantirsi la poltrona di primo cittadino della Sicilia? Cosa è accaduto dal 28 ottobre 2012 ad oggi? Sono cambiati gli equilibri, oppure la brillante ed incisiva azione di vera legalità della magistratura siciliana ha scoperchiato il “vaso di pandora” a cui tutti distrattamente non facevano caso, atteggiandosi a struzzi?

Secondo il pensiero del presidente Crocetta, tutto il personale della formazione professionale andrebbe trasferito in un’Agenzia regionale che dovrebbe gestire anche i corsi, centralizzando così la decisione nelle mani di pochi. Effettivamente, è un esempio di buona democrazia.

Con quali strutture, attrezzature, logistica la Regione siciliana, prossima al crollo finanziario, andrebbe a gestire l’istruzione e la formazione professionale in Sicilia?

Torna ancora attuale il recente sconquasso degli Istituti scolastici di proprietà delle Province costretti alla chiusura a seguito dell’azzeramento degli organi elettivi delle Province siciliane. Spaventa l’idea di azzerare per poi ricostruire con percorsi normativi che si sono rivelati assenti, o quasi, in questi undici mesi di governo.

Non mancano gli esempi, dalla mancata riforma dei Consorzi dei Comuni, all’attesa della nascita delle Società regionali rifiuti (Srr), tutte riforme ferme al palo. E i lavoratori? Spedirli come pacchi postali in un’Agenzia regionale può essere la soluzione auspicata dalla maggioranza degli operatori del settore. Ma con quale status giuridico?

L’idea di trasferire i dieci mila lavoratori, oggi garantiti giuridicamente nella continuità lavorativa e nella salvaguardia occupazionale da un sistema di leggi regionali, presso il Ciapi di Priolo per utilizzarli come precari, spaventa non poco. Il rischio è che gli stessi possano essere utilizzati alla stessa stregua del personale docente del sistema dell’istruzione, e cioè per alcuni mesi all’anno, come accade per gli utilmente collocati nelle graduatorie dei provveditorati e titolari di incarico annuale.

Sospetti, confusione e aria di giustizialismo sono le peggiori componenti per approcciarsi ad una riforma organica del settore della formazione professionale.


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