Formazione, le accuse di Bruxelles

La notizia non è ancora ufficiale. Anche se, da qualche giorno, è oggetto di discussioni piuttosto animate tra i politici siciliani di area governativa, i burocrati regionali e il governo nazionale (il ministro Fabrizio Barca e i suoi collaboratori). Tema: la formazione professionale. Questa volta, però, non si tratta del Piano formativo 2012 che ancora non è partito, o del mega finanziamento di 12 milioni erogati al Cefop per far partire i corsi del 2011. Questa volta la faccenda è un po’ più seria. E riguarda l’utilizzazione delle risorse del Fondo sociale europeo. Un problema che sarebbe stato affrontato stamattina a Palermo, a Palazzo d’Orleans, nel corso di una riunione ‘riservata’.
Parliamo, insomma, tanto per cambiare, ancora di fondi europei o non spesi (argomento che abbiamo affrontato oggi nell’articolo dal titolo: ‘Fondi UE: disastro in Sicilia’) o di fondi spesi male, come nel caso che ora proveremo ad esaminare, partendo comunque dal presupposto che le notizie sono frammentarie.
Cominciamo col dire che il Fondo sociale europeo (Fse) stanzia cifre notevoli per la formazione professionale. Basti pensare che nella Programmazione 2007-2013 ci sono 2 miliardi di euro e rotti da spendere. Precisiamo, inoltre, che, a differenza del Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr), con il Fondo sociale europeo le procedure sono più semplici. Bisogna, naturalmente, evitare di commettere errori – o ‘furbate’ – perché altrimenti Bruxelles ritira i fondi. Che è, poi, quello che potrebbe essere successo in Sicilia.
L’Unione Europea stanzia – come già accennato – un sacco di soldi per la formazione. Ma chiede che i fondi vengano impiegati bene. Per lo svolgimento di attività formative e non per altre cose. Cosa sarebbe successo in Sicilia?
A quanto pare, sul conto – o se preferite sul ‘groppone’ – di Bruxelles sarebbero stati caricati oneri che nulla hanno a che vedere con le attività formative finanziate dall’Unione Europea. Uno dei nodi, a quanto si racconta, potrebbe essere legato alle assenze del personale che Bruxelles non giustifica. Se un protagonista della formazione finanziata con fondi europei si assenta per un qualunque motivo, il pagamento dei giorni di assenza non è a carico dell’Unione Europea, ma a carico – per esempio – di un ente previdenziale o di un qualunque altro soggetto. Ma non di Bruxelles.
Cosa sarebbe successo in Sicilia? Abituati con gli enti cresciuti all’ombra dellla legge regionale numero 24 del 1976 – una legge pensata e, soprattutto, applicata per foraggiare gli enti di formazione e (almeno in tanti casi) e non certo per formare giovani da indirizzare nel mondo del lavoro – i gestori di molti corsi si sono comportati con Bruxelles così come si comportavano con la Regione: assenze, vacanze, fughe in avanti e indietro, mettendo tutto sul conto di Bruxelles. Peraltro specificandolo (altrimenti gli euroburocrati non se ne sarebbero nemmeno accorti).
Stando a indiscrezioni, Bruxelles starebbe contestando alla Regione una serie impressionante di pagamenti che il governo siciliano aveva messo sul conto del Fondo sociale europeo. Soldi, in pratica, che Bruxelles rivorrà indietro nel caso di pagamenti già effettuati e che non erogherà nel caso di pagamenti da effettuare. Un’aaltra bella ‘grana’ per il governo regionale che ha pensato bene, per i prossimi anni, di caricare sul Fondo sociale europeo tutta la formazione professionale della Sicilia. Ora, però, i nodi starebbero venendo al pettine.

 

 


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