Formazione, chi ha abusato della Cassa integrazione?

La Cassa integrazione guadagni in deroga (Cigd) è illegittima nel settore della formazione professionale in Sicilia? È un interrogativo che frequentemente molti osservatori si pongono. In diverse segnalazioni pervenute in redazione se ne contesta l’utilizzo e vengono rimarcati i motivi dell’illegittimità. Proviamo a sintetizzare i diversi richiami normativi citati e rappresentare un quadro il più asettico possibile.

A scanso di equivoci, ci limitiamo a dare voce a coloro i quali hanno segnalato la questione, evitando congetture. Cominciamo col dire che il settore della formazione professionale si è sempre sostenuto attraverso un sistema normativo e pattizio di maggior favore per i lavoratori. La legge regionale n.25 del 1 settembre 1993 e successive modifiche ed integrazioni ha introdotto nel sistema formativo il principio della continuità lavorativa, cioè la garanzia del posto di lavoro.

Fino a qualche anno fa, prima dell’avvento del famigerato trio delle meraviglie LAC (Raffaele Lombardo, Ludovico Albert e Mario Centorrino), se un Ente formativo chiudeva i battenti il personale veniva posto in mobilità “interna” al sistema e ricollocato presso altri Enti formativi. Tale tipologia di mobilità si regge, infatti, sull’articolo 132 della legge regionale 16 aprile 2003, n.4, che ha istituito il Sicilia il fondo di garanzia. Si regge sull’allegato 12 del vigente contratto collettivo di lavoro di categoria che disciplina proprio il ricollocamento del personale in esubero, previa riqualifica, presso altri Enti del settore o in uffici diversi della pubblica amministrazione.

Accordo, quello del Contratto collettivo di lavoro (Ccnl) di categoria sottoscritto da Cgil, Cisl, Uil e Snals e dalle associazioni degli Enti formativi Forma e Cenfop. Un processo di mobilità mutuato da quello sottoscritto trilateralmente, da sindacati, Regione siciliana e associazione degli Enti sin dal Contratto nazionale di lavoro del 1994/1997. Ma veniamo alla critica.

Per potere funzionare, il capitolo di bilancio del Fondo di garanzia dovrebbe essere rifinanziato ad ogni esercizio. Cosa che da due anni non avviene più. E poi dovrebbe garantire solamente il personale assunto entro il 31 dicembre 2008. Quali siano state le iniziative del trio LAC è presto detto. Non ha rifinanziato il Fondo di garanzia e non ha normato l’estesione della garanzia lavorativa al personale assunto al 31/12/2008.

L’articolo 132 della legge regionale n.4/2003 si limita a garantire solamente il personale assunto a tempo indeterminato entro il 31 dicembre 2002. Ma il trio LAC, con l’avallo di una legge approvata dall’Ars (la numero 10 del 2011), si è ‘superato’, introducendo all’articolo 1, comma 4 della già citata legge regionale la norma che ha eliminato il divieto di assunzioni al 31/12/2008. Una sanatoria per le assunzioni illegali fatte dal 2008 alla data di promulgazione della legge n.10 del 2011 e la possibilità di ‘pilotare’ altre assunzioni.

Una scelta opinabile, quella di assumere nuovo personale negli Enti formativi e inspiegabilmente poco contrastata dalle organizzazioni sindacali. E con la stessa legge 10/2011 è stata inoltre introdotta la Cassa integrazione nel settore della formazione professionale. Una seconda decisione assunta dal passato Governo Lombardo che non ha trovato le barricate dei sindacati. E come se gli stessi sindacati si fossero d’un colpo rimangiati decenni di lotte a difesa dei diritti degli operatori della formazione professionale. Incredibile!

Veniamo al bello. Sin dal 2010 sono iniziati i processi di mobilità del personale da parte di diversi Enti formativi in difficoltà finanziarie. È il caso di due Enti messinesi: Aram e Ancol. Enti che hanno avviato i processi di mobilità applicando la circolare n.10/94 che implementava il ricorso alla mobilità interna al settore secondo quanto previsto dall’articolo 132 della legge regionale n.4/2003. Peccato che, strada facendo, il dirigente generale del tempo, Ludovico Albert, e il presidente del Comitato regionale per l’occupazione della Presidenza della Regione, Salvatore Ciancialo, abbiano dissuaso i rappresentanti degli Enti interessati. Proprio così, perché i fatti vanno ricondotti a prima dell’approvazione della legge regionale 10/2011.

Da quel momento la Cassa integrazione è divenuta l’unico strumento adottato nel settore, dimenticando la disciplina regionale sulla gestione dei processi di mobilità. Il quadro che analizziamo oggi è quello di un settore che ha già licenziato oltre mille lavoratori attraverso l’attuazione della mobilità “esterna” in’applicazione degli articolo 4 e 24 della legge n.223 del 23 luglio 1991.

Quale il risultato? Sindacati appiattiti sulle posizioni di diversi Enti formativi. Fa eccezione lo Snals che ha preso le distanze dai licenziamenti adottati da taluni Enti. Procedure di mobilità attivate in maniera difforme e in deroga alle stessa legge 223/’91. E’ il caso del Cefop, che ha adottato requisiti ad hoc per l’elenco degli esuberi. Diversa il la situazione per l’Anfe, che ha applicato rigidamente quanto previsto dalla normativa nazionale.

Leggi regionali disattese sulla mobilità, dicevamo, così come inapplicato rimane anche l’allegato 12 del Ccnl di categoria. Un controsenso difficilmente comprensibile. L’azione sindacale irriconoscibile. Quali i motivi? Clientelari? Politici? Di impegno governativo? O cos’altro? Non è facile dare una risposta. Una cosa è certa però: se il Governo regionale si fosse limitato ad applicare la normativa regionale oggi non registreremmo un migliaio di lavoratori licenziati.

Non sarebbe il caso di avviare il “Piano Barca” in Sicilia che prevede, tra le misure, la riqualificazione degli operatori in esubero ed il successivo ricollocamento a seguito del prepensionamento volontario di parte del personale? A noi questa sembra la migliore soluzione.

È la politica che deve assumersi la responsabilità di trovare adeguate soluzioni al contenimento dei licenziamenti ed al ripristino della certezza del diritto. I lavoratori si aspettano dal presidente della Regione, Rosario Crocetta, e dall’assessore regionale all’Istruzione e Formazione professionale, Nelli Scilabra, un immediato intervento risolutore per scongiurare l’ennesima “macelleria sociale”.

 


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