Formazione: 10 mila lavoratori rischiano il licenziamento e il Governo strizza l’occhio solo a Confindustria Sicilia?

Il Governo del fare e del lavoro si sta rivelando il governo dei suicidi? L’interrogativo è di quelli che non lasciano spazio a giochi di parole. E per carità non servono accuse di strumentalizzazioni sulle tragedie umane che abbiamo registrato dall’inizio della stagione estiva e per le quali siamo stati tra i pochi giornali a parlarne.

Se la condizione pietosa, dovuta alle mancate retribuzioni ed all’incertezza sul futuro, non è stata la causa scatenante, di certo, dubbi rileviamo sul fatto che non possa non essere stata una probabile concausa che avrebbe contribuito, ognuno per il proprio profilo personale, ad aggravare lo stato familiare dei lavoratori, poi suicidatisi. Un suicidio ogni quindici giorni nel silenzio delle istituzioni e di parte dell’informazione, però, getta nel grigiore il settore e la Sicilia.

Riflettere ed agire dovrebbero essere le parole d’ordine del Governo regionale, altro che silenzio. Parole richiamate anche dai segretari regionali di Cgil, Cisl e Uil, Michele Pagliaro, Maurizio Bernava e Claudio Barone, che nei giorni scorsi, hanno raccontato al nostro giornale di non essere più disposti a confronti sterili e improduttivi con il Governo regionale su temi scottanti legati all’allarme sociale, vera e propria emergenza, che mette a rischio dieci mila posti di lavoro nel settore della Formazione professionale. Riflettere ed agire per l’appunto, perché il silenzio fa solo male a tutti coloro che dovrebbero trovare oggi la forza per guardare avanti e sperare in una soluzione.

Il riferimento è al futuro degli Sportelli multifunzionali, le cui attività cesseranno a fine settembre prossimo, degli Interventi formativi, le cui attività non si capisce invece quando saranno avviate e dell’obbligo formativo (Oif), la cui formazione diretta ai minori in obbligo scolastico ed a rischio dispersione, termineranno il prossimo 31 dicembre.

Monta, intanto, tra gli operatori del settore formativo, giorno dopo giorno, il sospetto che altri interessi si sostituirebbero a quelli sradicati dall’azione dell’autorità giudiziaria.

Tra le segnalazioni raccolte, riportiamo le considerazioni di taluni che hanno puntato il dito sul “sospettoso” interesse di Confindustria Sicilia alla gestione delle risorse assegnate al settore della Formazione professionale. Una critica che, anno dopo anno, gli industriali siciliani non hanno mai lesinato di esternare.

Recentemente, il presidente regionale degli industriali, il nisseno (come il presidente Crocetta) Antonello Montante, in un’intervista rilasciata ad un quotidiano siciliano della carta stampata, non ha lesinato critiche feroci contro il sistema formativo regionale. A parere del rappresentante del mondo industriale siciliano (ma di quali industrie?) sarebbe uno spreco ingiustificato la spesa di 300 milioni di euro annui per alimentare un settore, quale quello della Formazione professionale, autoreferenziale e lontano dai bisogni degli imprenditori di avere formate figure specialistiche.

Per carità, si tratta pur sempre della posizione della più importante associazione del mondo industriale che va rispettata, anche se può essere non condivisa. Quello che convince poco è che per Confindustria Sicilia la formazione professionale dovrebbe concretizzarsi nell’investimento di 30 milioni di euro in stage formativi all’estero, per formare, per esempio, giovani laureati in altri Stati come la Cina.

Quella dell’alta formazione non può esser vista come concorrenziale alla formazione di base e quella per ambiti speciali (Fas) diretta alle fasce deboli della popolazione (disabili, reclusi, disadattati, etc), ma semmai complementare. Infatti, formazione istituzionale e formazione indirizzata alle giovani generazioni di laureati deve poter coesistere per garantire il futuro all’economia produttiva in Sicilia. Non porsi la questione sociale appare quanto mai fuori luogo, un colpo basso che insidia qualche sospetto nel mondo dei rappresentanti degli industriali.

È risaputo che il settore della Formazione professionale ha costituito, negli ultimi anni soprattutto, strumento di ammortizzatore sociale migliaia di lavoratori e di impegno lavorativo per decine di migliaia di allievi (giovani, adulti, donne) disoccupati che non avrebbero saputo come impegnare la giornata, vista la carenza di industrie e opportunità di occupazione. Bendarsi gli occhi e non affrontare l’emergenza sociale non è un modo per risolvere il problema del lavoro nella nostra Isola. Le risorse ci sono, basterebbe saperle spendere nel rispetto delle regole comunitarie e nazionali.

A nostro avviso, come in ogni fase politica di cambiamento, la decisione di ripulire un settore economico dal malaffare e dalla clientela truffaldina provoca effetti distorsivi, modificando gli equilibri precedenti per crearne di nuovi. Diventa fondamentale, allora, porre in essere meccanismi gestionali volti al mantenimento in vita delle imprese pulite e dei livelli occupazionali collegati. Se ciò non accade, il rischio è che a certa clientela potrebbe sostituirsi nuova forma di affarismo. Il grigiore calato nel settore della Formazione professionale, dicevamo, non fa bene al tentativo del presidente Crocetta di ripulire il citato settore e restituirlo alla legalità.

Le reazioni non si sono fatte attendere. Unanime si è alzata la voce tra presidente di Enti formativi e lavoratori del settore, nei giorni scorsi, segnalazioni che abbiamo raccolto e sintetizzato in un accorato appello: “Ora basta, non siamo tutti mafiosi”. Il mondo della Formazione professionale si aspetta, fiducioso, che il presidente Crocetta possa celermente insediare l’Ufficio stralcio per definire le rendicontazioni con gli enti formativi e liberare risorse indispensabili per dare ossigeno ai lavoratori. È paradossale che la stragrande maggioranza degli enti formativi ha rendicontato le spese sostenute per le attività erogate negli anni precedenti (dal 2002 al 2011) e, pur avendo maturato milioni di euro da incassare, la burocrazia e le procedure assurde bloccano il completamento di questa importante fase che sbloccherebbe anche le polizze fideiussorie che vincolano ancora dopo tanti anni parte del patrimonio degli enti.

In diverse occasioni, dalle pagine di questo giornale, vi abbiamo raccontato di un settore a due velocità. Da un lato il presidente della Regione con il suo slancio “da ariete” che ha scardinato molte sacche di malaffare nella Formazione professionale e dall’altro una stentata attività politico-amministrativa che poco ha inciso sulla programmazione delle attività.

Un giudizio disarmante quello sull’operato degli assessori “tecnici” che non hanno saputo imporre un progetto alternativo a quello ereditato dal precedente Governo dell’allora presidente Raffaele Lombardo. Analizzando gli ultimi dieci mesi di governo nel settore, il giudizio non può che essere negativo.

Ad un’inversione di rotta politica, voluta dall’attuale esecutivo Crocetta, non ha fatto seguito un nuovo progetto convincente di rilancio del settore. A rischio disimpegno le risorse del Fondo sociale europeo (Fse) del settennio 2007/2013, per incapacità sia del governo Lombardo che di quello attuale, guidato da Rosario Crocetta, di qualificare la spesa per la modernizzazione del mercato del lavoro siciliano ed alla riqualificazione del sistema formativo regionale. A rischio l’avvio del Piano giovani, che nell’ambito del Piano di azione e coesione (Pac), dovrebbe garantire all’esecutivo di mettere in pista strumenti e incentivi per dimagrire il sistema formativo regionale, qualificandone l’offerta.

Analisi impietosa, dicevamo, per via dell’incapacità di mettere in sequenza atti amministrativi necessari e vincolanti. Bocciatura rafforzata dall’unanime protesta di enti formativi, organizzazioni sindacali, lavoratori e parte della politica regionale. Chiara, a tal riguardo, la posizione della Cisl siciliana, che, nei giorni scorsi, per voce di Bernava, ha chiesto al presidente della Regione, la rimozione dell’Autorità di gestione. Figura strategica per la gestione delle risorse comunitarie, ricoperta in Sicilia da Anna Rosa Corsello, dirigente generale, “fiduciario del Palazzo”, responsabile del dipartimento Lavoro e ad interim della formazione professionale.

Più volte dalle pagine di questo giornale abbiamo sottolineato il coraggio del presidente della Regione siciliana nel debellare il settore della Formazione professionale da malfattori, mafiosi e truffatori. Abbiamo anche enfatizzato, nelle scorse settimane, il ruolo impavido del presidente Crocetta, un vero condottiero, una sorta di moderno cavaliere templare a capo della crociata contro clientele e malaffare, mafia e illegalità diffusa. Una maniera efficace per salvare la Formazione professionale dal baratro affaristico e criminale. Va riconosciuto che i risultati non si sono fatti attendere. Con l’aiuto della magistratura il Governo regionale, ha già raggiunto importanti traguardi verso la pulizia del settore formativo dalle società d’affari, dagli speculatori e dai malfattori.

Brillanti risultati, quindi, tutti da attribuire esclusivamente alla caparbietà del Governatore della Sicilia di contrastare ogni forma di clientela affaristico-mafiosa. Parallelamente dovrebbe avviarsi una fase attiva di rilancio, cosa che non è avvenuta. Ci chiediamo allora, tali risultati sono sufficienti per la costruzione di una casa della legalità nel settore della Formazione professionale?

Fare pulizia sì, ma chi resta deve pur lavorare? Se così non fosse il settore verrebbe liberato dai mafiosi ma senza salvaguardare enti e lavoratori non resterebbe più nulla da gestire. A meno che l’interesse non sia proprio quello di azzerare per ricostruire dalle macerie. In tal caso si potrebbe registrare solamente una sostituzione di affari e prebende. A guadagnarci, quindi, resterebbero sempre i soliti?


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