LA SOCIETA’ TEME RITARDI, SE NON IL BLOCCO. E SI ACCINGE A CHIEDERE LA PROROGA DELLA CIG
La mega inchiesta sul Mose di Venezia potrebbe avere ripercussioni anche su Palermo. E’ proprio nel capoluogo siciliano, infatti, che Fincantieri dovrebbe costruire le ormai famigerate paratie pensate per difendere la città lagunare dall’acqua alta. Una commessa importante per i cantieri navali palermitani: sono previste 200mila ore lavorative, una boccata di ossigeno per le tute blu di via dei Cantieri, sempre in bilico tra l’incertezza e la cassa integrazione.
Ma lo tsunami giudiziario che ha portato in carcere imprenditori e politici, potrebbe compromettere ogni speranza . I vertici di Fincantieri temono ritardi per la commessa, se non addirittura, il blocco totale.
Per questo motivo, anche se la richiesta non è ancora stata formalizzata, la società sarebbe pronta a chiedere, in via precauzionale, la proroga della cassa integrazione per almeno 80 dipendenti. Una vera e propria doccia fredda per gli operai che ne sapranno di più domani, quando i vertici della società incontreranno i sindacati, a Roma, per fare il punto sulle prospettive.
“Se questo scenario venisse confermato- dice Francesco Piastra della Fiom Cgil a LinkSicilia- è ovvio che striderebbe con l’accordo che abbiamo stipulato con l’azienda qualche mese fa e che garantiva la continuità produttiva per almeno 24 mesi, e quindi il rientro di tutti i dipendenti in cassa integrazione”.
L’azienda aveva grantito a Palermo anche il rifacimento di quattro navi da crociera e di una petroliera. Ma, senza i lavori della paratie del Mose, non ci sarebbe posto per tutti i dipendenti.
Una situazione di incertezza che raffredda gli entusiasmi legati all’ottima performance di carpenteria pesante conseguita dai cantieri del capoluogo siciliano nella costruzione dei galleggianti che hanno consentito alla nave Concordia di lasciare l’isola del Giglio per arrivare fino a Genova.
Sulla sfondo, l’ombra della privatizzazione del gruppo, che, sic stantibus rebus, per il capoluogo siciliano potrebbe tradursi nel colpo di grazia.
A meno che, la Regione, come chiesto dai sindacati e dalla stessa azienda, non si decida a dare risposte concrete. Ovvero la definizione dell’Accordo di programma per la realizzazione del nuovo bacino da 80mila tonnellate.
Secondo i sindacati, la costruzione del nuovo bacino off shore potrebbe non solo rilanciare le attività dello stabilimento palermitano, ma indurre il gruppo ad acquisire nuove commesse.
Fiom, Fim e Uilm hanno anche scritto una lettera al presidente della Regione Rosario Crocetta e allassessore alle Attività Produttive Linda Vancheri chiedendo conto e ragione “del mancato rispetto degli impegni assunti nel verbale di riunione sottoscritto presso la Presidenza della Regione, in data 22 maggio”. “Fino a oggi – denunciano i sindacati – non sono state assunte né da parte dellassessorato alle Attività produttive né da parte della presidenza della Regione le decisioni e le deliberazioni concordate nel verbale al fine di consentire la definizione dellaccordo di programma con la società Fincantieri e il ministero dello Sviluppo economico”.
L’inerzia della Regione siciliana, dinnanzi ad una chance così importante, è davvero sorprendente. Ma, forse, non troppo. Da Fincantieri, all’Ansaldo Breda di Carini, fino alla vertenza Telespazio e al caso Fiat di Termini Imerese, le istituzioni siciliane hanno ampiamente mostrato la loro inadeguatezza.
“I grandi gruppi nazionali non trovano interlocutori all’altezza della situazione. Ecco perché- dicono i sindacalisti- in Sicilia si sta verificando una vera e propria desertificazione industriale”.
Non sfugge che a guidare l’assessorato regionale alle Attività Produttive sia una signora vicina a Confindustria Sicilia: “Pensavamo potesse mostrare particolare sensibilità dinnanzi alle vertenze industriali e invece…”.
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