Europee 2019, da Catania gli sconfitti eccellenti Numeri dei flop di Giuffrida, Attaguile e Brunetto

Con un’affluenza ridotta al lumicino (44,36 per cento a Catania e 42,88 in tutta la Sicilia) è facile che si possa dare la colpa all’astensionismo. E i numeri, si sa, cambiano in base alla prospettiva dalla quale la si guarda. Resta il fatto, però, che tra chi non ce l’ha fatta a entrare tra le alate schiere degli europarlamentari siciliani ci sono nomi eccellenti, almeno in provincia di Catania. Se il successo di Dino Giarrusso (Movimento 5 stelle) non può essere messo in discussione, lo stesso può dirsi del flop di uno dei candidati pentastellati di cui più a lungo si è parlato in questa campagna elettorale: Antonio Brunetto, ingegnere con base a Catania. Giovanissimo, tanto da essersi meritato l’appellativo di «baby». Accanto, però, all’aggettivo «alfaniano».

Con le sue 3283 preferenze, sembra che a nulla sia servito l’in bocca al lupo dell’ex sottosegretario Giuseppe Castiglione, genero dell’ex senatore Pino Firrarello. Le foto di Brunetto accanto ai volti noti del Nuovo centrodestra (incluso, appunto, l’ex ministro Angelino Alfano) hanno fatto il giro dei social e dei quotidiani. Lui, a questa testata, precisava: «Era un contesto universitario, chi conosce quel mondo sa che si lavora esclusivamente per gli interessi degli studenti. Si è punti di riferimento per i colleghi, lontani dalle logiche di partito ma uniti nell’interesse comune». 

Tuttavia, quel «bollino nero» che il suo passato parrebbe avergli messo addosso, in qualche modo ha avuto il suo riflesso. E gli toccherà continuare a fare l’ingegnere, magari in attesa della prossima tornata elettorale. La notorietà acquisita da Matilde Montaudo, la grillina avvocata catanese di «troika e perestroika», le è invece valsa 16746 voti a Catania città. Un numero di tutto rispetto se si considera che, candidata alle primarie per le elezioni amministrative di Palazzo degli elefanti (era la primavera 2018), Montaudo è uscita sconfitta dal suo unico contendente: il professore Giovanni Grasso, che l’ha battuta per 17 voti contro 18, e poi l’ha designata vicesindaca. In quel caso, però, si potrebbe obiettare che votavano solo gli attivisti del meet up etneo.

In ordine di percentuali di successo in Sicilia, l’altro trombato d’oro è Angelo Attaguile, della Lega (5056 voti nel Catanese). Settantadue anni, originario di Grammichele, protagonista di un sorpasso a destra dell’aspirante eurocandidato Fabio Cantarella, assessore all’Ecologia del Comune di Catania. Alla presentazione delle liste, il nome di Cantarella era stato sostituito da quello di Attaguile. Di lui si può dire che la vita l’ha trascorsa a pane e politica, di quella vecchio stampo: ex dirigente democristiano, ex deputato nazionale grazie a un accordo tra il vecchio Pdl e gli autonomisti di Raffaele Lombardocommissariato da Stefano Candiani e tornato in auge alla consegna delle liste, quando pare sia stato baciato dalla fortuna che portava il nome di Giancarlo Giorgetti. Su otto candidati nella lista del Carroccio nella circoscrizione Italia insulare, Attaguile si piazza settimo. E forse il suo pensionamento è ormai cosa fatta.

In area Pd, a chi è andata peggio è decisamente Michela Giuffrida. Eurodeputata uscente, 19mila voti in provincia di Catania e oltre 52mila contando insieme Sicilia e Sardegna: quando era stata eletta nel 2013 i voti erano stati più di 93mila. Cinque anni dopo, quasi si dimezzano. A poco sono valsi, quindi, i suoi cavalli di battaglia: il riconoscimento, a livello europeo, della tipicità di olio e cioccolato nostrani. A separarla dalla sua collega Caterina Chinnici (anche lei schiacciata dal successo clamoroso di Pietro Bartolo) c’è un’enormità: più del doppio dei voti. La giornalista catanese, sponsorizzata in passato dal compianto Lino Leanza, adesso deve fare i conti con la sconfitta. Nonostante in suo supporto siano intervenuti anche i big nazionali del Partito (vedi alla voce Andrea Orlando, ex ministro della Giustizia).

Fa meno rumore, ma è pur sempre un flop che fa male, la caduta di Matteo Iannitti, leader del movimento cittadino Catania bene comune, candidato contro Enzo Bianco e Raffaele Stancanelli nel lontano 2013 per la conquista di Palazzo degli elefanti. Ai tempi, aveva portato a casa 1393 preferenze nella sola città; adesso, con tutti i distinguo del caso dovuti alla differenza delle due consultazioni, a Iannitti vanno 1848 voti. In tutta la provincia etnea. Per non parlare del risultato in Sardegna, dove è arrivato ultimo della lista, quasi doppiato dalla collega Anna Bonforte. Un risultato in linea, in fondo, con quello della lista La sinistra nel resto del Pese (a livello locale orfana dell’appoggio di Claudio Fava). Sarà stato il nome a portare sfortuna, in un momento in cui il baricentro del Paese è decisamente molto a destra.


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