Pochi mesi dopo l'ingresso nella world heritage list fervono le attività di pubblicizzazione e cura della muntagna. Dalla creazione di un circuito che unisca i siti protetti dell'isola alla presenza all'Expo 2015 passando per la creazione di un marchio collettivo d'area. «Vorrei che riuscissimo a qualificare la nostra produzione», spiega il presidente dell'ente parco, Marisa Mazzaglia
Etna, i piani per la promozione del territorio Allo studio una rete di beni Unesco siciliani
Una rete dei beni Unesco siciliani, la creazione di un marchio d’area, la creazione di un momento dedicato a’ muntagna anche nel corso dell’Expo 2015. Sono molteplici gli impegni sul tavolo dell’ente parco dell’Etna a pochi mesi dall’ingresso nella world heritage list. «C’è un grande interesse internazionale nei confronti del nostro territorio, anche se a livello locale non ci rendiamo conto della portata di quanto è accaduto», afferma Marisa Mazzaglia, da sei mesi a capo dell’istituzione. Che proprio sul sigillo finale che riguarda l’ingresso del vulcano attivo più alto d’Europa tranquillizza i timori riguardanti il ritardo. Promessa per i primi giorni di ottobre, la consegna ufficiale della targa non ha ancora una data stabilita. «Dipende dagli impegni del ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando». Un rinvio che non preoccupa i vertici dell’ente, dato che anche gli altri siti entrati nello stesso periodo nell’ambita lista – il parco nazionale del Tajikistan e la riserva El Pinacate y Gran Desierto de Altar in Messico – attendono ancora la consegna. «Basti pensare che i pupi siciliani di Mimmo Cuticchio, bene dal 2008, lo hanno ricevuto solo poche settimane fa».
Adesso l’impegno è affinché il riconoscimento venga mantenuto. «Già a settembre siamo stati inseriti nella lista dei siti sottoposti a revisione, così come accade per tutti quelli dell’Europa orientale». Tecnici al lavoro sui «report dettagliatissimi che ci hanno inviato». Tra le informazioni richieste le principali riguardano le azioni intraprese per la condivisione del risultato e il coinvolgimento del territorio. «Si è creato un grandissimo interesse da parte dei Comuni che, da soli o in rete, hanno fatto iniziative legate al riconoscimento. Un modo per far capire che ci si sta appropriando del riconoscimento». Ma non mancherà anche il monitoraggio della conservazione dell’ambiente. Non solo della zona sommitale, quella che tecnicamente fa parte della lista Unesco, ma anche di quello circostante di quella che è stata definita dai funzionari internazionali «icona del Mediterraneo».
Proprio per mantenere il ruolo di primo piano acquisito «abbiamo in mente di creare una rete dei siti Unesco siciliani – svela Mazzaglia – È un lavoro che stiamo preparando con Aurelio Angelini, presidente italiano del comitato scientifico, e con il sindaco di Noto Corrado Bonfanti». L’idea è quella di prendere «le buone pratiche, penso a come ha gestito il riconoscimento l’area del Ragusano, ed evitare le problematiche in cui sono incappati altri siti». Un progetto che ha anche finalità turistiche e che servirà a collegare aree di immenso valore, troppo spesso slegate l’una all’altra. Un obiettivo fondamentale da raggiungere anche in vista della vetrina offerta dell’Expo 2015 di Milano. «Tra pochi giorni rappresenterò i parchi del Sud in una riunione sull’argomento a Roma», anticipa Marisa Mazzaglia.
Altro fronte sul quale l’ente parco è impegnato è la creazione di un marchio collettivo d’area per la valorizzazione dei prodotti etnei, ossia il riconoscimento della produzione locale, troppo piccola per entrare nel circuito della grande distribuzione ma di estremo valore qualitativo. «Questo è già un valore in sé ed è una delle linee guida della nuova presidenza – racconta – Un’agricoltura attenta alle biodiversità, non al servizio delle aziende ma dei diretti fruitori». Sia quelli che già ne conoscono i pregi che – soprattutto – coloro i quali non ne vengono a contatto per l’eccessiva lontananza. Un aspetto che si sposa con un altro bene – questo immateriale – protetto dall’Unesco: la dieta mediterranea. «Vorrei che riuscissimo a qualificare la nostra produzione. Questo tipo di alimentazione, di cui i nostri prodotti sono la base, è un valore in più sotto il profilo della salute». Per questo il modello da seguire «sono i presidi di slowfood. Cercheremo di capire come adattarli al nostro caso».
Tanto lavoro e una serie di progetti impegnativi, soprattutto se si pensa che a differenza di quanto accaduto con un altro bene naturale italiano, le Dolomiti, sul vulcano non sono state effettuate spese consistenti. «Quella era una candidatura seriale, vi hanno contribuito diversi enti, qui è stata proposta solo dal parco». E – contrariamente ai 200mila euro investiti per la promozione del tratto alpino – per l’Etna non è stato stanziato alcun tipo di fondo. «La relazione tra i due casi non regge – afferma ridendo Marisa Mazzaglia – Qui in totale saranno stati spesi ottomila euro, comprese le spese per la benzina. Abbiamo fatto di necessità virtù, cosa che non ci ha impedito di raggiungere il risultato».
[Foto di bellamira]