Quando l’estorsione mafiosa diventa «regalo di Natale»: c’è chi ha «il portafoglio pieno pieno»

È bastato un attimo di distrazione e sono partite le indagini che hanno permesso agli inquirenti di ricostruire gli episodi di estorsione da parte del mandamento mafioso delle Noce di Palermo. Nel maxiblitz di qualche giorno fa sono indagate cinquanta persone per associazione mafiosa, estorsione, intestazione fittizia di beni, associazione finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti. Invece di fare come sempre e lasciare il cellulare all’interno del bauletto di uno scooter o del cruscotto di un’auto, Cosimo Semprecondio lo porta con sé. Così gli inquirenti ascoltano in diretta una prima richiesta estorsiva a un imprenditore da parte dell’uomo inserito nella famiglia mafiosa di Cruillas-Malaspina. Il primo dei sei episodi di estorsione (alcuni soltanto tentata) ricostruiti nel corso delle indagini a Palermo.

«Ho il portafoglio pieno pieno così»

Semprecondio parla al telefono con un sodale e si lamenta del comportamento di Calogero Cusimano. Meglio noto nell’ambiente con lo pseudonimo di Gino il panellaro (anche lui della stessa famiglia mafiosa e anche lui tra i fermati), viene criticato per avere consegnato alla persona sbagliata i soldi del pizzo di Pasqua. Mille euro di estorsione ricevuti da un imprenditore del settore edile per un cantiere in viale Lazio a Palermo. Invece di finire direttamente nelle mani del superiore gerarchico Salvatore Peritore (della famiglia di Altarello), passano prima proprio da Semprecondio. «Gli ho detto: “Che sono questi soldi? E me li stai dando a me?“». Semprecondio si lamenta perché «ho il portafoglio pieno pieno così…Ora domani mattina subito me li devo levare queste cose di sopra».

L’«oltraggio» della distribuzione dei pos

I dissidi interni, però, sono poca roba se paragonati a quelli esterni. L’affare si sposta ai piani alti, infatti, quando c’è un imprenditore da punire. Da vendicare, c’è, infatti un «oltraggio» che il titolare di una gastronomia della zona della Noce, avrebbe fatto a Girolamo Quartararo. L’uomo, accusato di fare parte della famiglia mafiosa di Altarello, ha il monopolio per la distribuzione di dispositivi pos nelle zone controllate dalla sua cosca mafiosa. L’imprenditore della ristorazione, per arrotondare, avrebbe osato immettersi nello stesso settore. Un’iniziativa che diventa subito motivo di rancore. «Tu venditi le panelle, che il mestiere di vendere pos e aprire i conti lo devo fare io!», così urla Quartararo con tono minaccioso presentandosi davanti alla panineria della vittima.

«Questo sai di che ha bisogno? – chiede retoricamente raccontando l’episodio a uno dei sodali – Di due pugni in bocca! C’è da farlo piangere!». Così i due cominciano ad architettare una punizione esemplare, ragionando sulla cifra da estorcere al titolare della gastronomia per non chiudere. Una questione talmente importante va riferita anche a uno dei superiori, Benedetto Di Cara, detto Il Tabellone. «Cinque carte (ovvero 500 euro, ndr) come acconto. E non solo. Non è più Pasqua e Natale. Ora c’è pure primo di maggio e fa parte pure della arrostita». Quando alla fine di marzo del 2023 vanno a intascare i soldi, «quello (la vittima, ndr) si è messo a tremare tutto. Con questi mi compro i dolci e ti prendi una colomba pure tu», decretano per fare una equa divisioni dei soldi dell’estorsione.

«I figli sono pezzi di cuore»

C’è chi, a un linguaggio violento, preferisce toni smielati. E scuse più o meno credibili. Tra le vittime di una tentata estorsione a Palermo c’è pure un imprenditore titolare di una ditta che si occupa di noleggio e installazione di ponteggi per l’edilizia. È lui che, nel marzo del 2024, contatta Paolo Bono che è in ritardo all’appuntamento al bar. «Scusami, mio nipote è caduto a scuola e ci sto andando», è la giustificazione che l’uomo accusato di fare parte della famiglia mafiosa di Altarello propina all’imprenditore. «Non ti preoccupare! Prima il piccolo viene, vai!». In realtà, però, Bono non aveva avuto nessun imprevisto. Viene monitorato, infatti, mentre va dal reggente Antonino Di Martino (morto poi nel marzo del 2025). Secondo quanto emerso dalle indagini, i due avrebbero concordato di chiedere un’estorsione da 15mila euro. Assicuratosi che l’imprenditore non portasse con sé testimoni o forze dell’ordine, Bono prova a rifissare l’appuntamento. Questa volta, però, è la vittima a rifilare la scusa di dovere stare «a casa con la bambina». A questo punto, Bono non può che ricambiare la comprensione: «Va bene, i figli vengono prima di tutto, sono pezzi di cuore».

Il pizzo da «mettere in cambusa»

Tra gli imprenditori taglieggiati c’è anche chi avrebbe provato a risparmiare qualcosa. È il periodo delle festività di Pasqua, e Bono e Quartararo sono costretti a ricorrere a Vincenzo Tumminia. Detto Il ragioniere, è considerato il capomafia. La questione riguarda la cifra dell’estorsione a un imprenditore che gestisce l’attività di parcheggio e autorimesse a Palermo. A ballare sono 200 euro. «Tu volevi metterli in cambusa», dicono i due rimproverando l’imprenditore dopo che a fare quadrare i conti ci ha pensato Tumminia fissando la cifra a 1200 euro. Quando la vittima accetta, i toni cambiano: «Non ho ombra di dubbio. La vostra serietà io la conosco che è infinita», sostiene adesso Bono.

Il «regalo di Natale»

Il calendario del pizzo è scandito dalle feste comandante. E da Pasqua a Natale è un attimo. «Lo devi decidere tu! Non ce n’è data di scadenza», dice Carlo Castagna a una delle sue vittime. L’imprenditore ha la risposta pronta: «Ovviamente prima di Natale. Te lo faccio il regalo, però – aggiunge – tu devi capire che io sono senza nessuno […] Devo pagare, ma mica faccio tutti questi soldi». L’imprenditore, parla a cuore aperto e non fa mistero del periodo di difficoltà economica. Tanto che «se mi arrestano, posso andare a domandare pure le sigarette al carcere». Una confidenza di fronte alla quale Castagna sembra non restare indifferente: «Tu queste giustificazioni non li devi dare a nessuno, neanche a me». Un consiglio al quale la vittima risponde con un attestato di affetto fraterno: «Io sto parlando con un fratello mio!». Di fronte a una tale dimostrazione d’affetto, Castagna si mette a disposizione: «Tu, se hai difficoltà, me lo fai sapere». Del resto, si sa, a Natale sono (quasi) tutti più buoni.


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