Regione siciliana: arrivi in un ente e ti ritrovi i precari. Succede anche allesa, sigla che sta per ente di sviluppo agricolo. Dove ritroviamo mille e 100 dipendenti, la metà dei quali, neanche a dirlo, precari.
Esa, ancora con questo carrozzone
Regione siciliana: arrivi in un Ente e ti ritrovi i precari. Succede anche allEsa, sigla che sta per Ente di sviluppo agricolo. Dove ritroviamo mille e 100 dipendenti, la metà dei quali, neanche a dirlo, precari.
La politica siciliana, quando cè di mezzo la possibilità, anche la più remota, di creare precariato, è onnivora. Anche un Ente ormai da decenni fuori dalla storia produce precari. Per lesattezza, 550, come precisa il parlamentare regionale, Nello Musumeci. Che propone sì di sbaraccare lEsa (sarebbe ora!), ma di salvaguardare il personale.
“Sciogliere l’Ente di sviluppo agricolo siciliano e trasformarlo in dipartimento della Regione”, dice Musumeci. Che aggiunge: “L’Esa ha ormai esaurito la propria funzione istituzionale e rappresenta solo un sovrappeso burocratico. Vanno invece tutelate e valorizzate – secondo l’esponente de La Destra – le risorse umane e professionali dell’Ente, a tempo indeterminato e determinato, che potrebbero trovare impiego in compatibili strutture dell’assessorato regionale alle Risorse agricole e forestali. Porteremo la proposta all’attenzione dell’Ars con un’apposita mozione”. (a sinistra, fot0o tratta da entedisviluppoagricolto.it)
Noi abbiamo grande rispetto per lonorevole Musumeci e per i dipendenti dellEsa. Ma, con tutta la buona volontà, non riusciamo a capire che funzione utile dovrebbero svolgere, oggi, i dipendenti di questo Ente. E poi, utili a chi?
A rigor di logica, dovrebbero essere utili allagricoltura. Ma la nostra sensazione è che se i soldi – tanti soldi! – che la Regione ogni anno spende per tenere in piedi la struttura burocratica dellassessorato e dellEsa venissero utilizzati direttamente dagli agricoltori siciliani le cose andrebbero meglio: per la Sicilia e, soprattutto, per gli agricoltori. .
La prova di quello che scriviamo lhanno fornita, proprio in questi giorni, i vertici politici e burocratici dellassessorato regionale alle Risorse agricole e alimentari. Lassessore Dario Cartabellotta e la dirigente generale Rosa Barresi hanno revocato un bando comunitario dopo 13 mesi di assurda attesa. Un atto che ha il solo scopo di togliere 13 milioni di euro ai Gal, cioè a chi li avrebbe utilizzati nellesclusivo interesse degli agricoltori e dei territori ai quali tali agricoltori fanno capo.
E vero, non tutte le esperienze dei cosiddetti Gruppi di azioni locali (Gal) della Sicilia sono positive. Là dove i Gal sono controllasti dai politici sono un fallimento. Ma andare a togliere le risorse al Gal di Caltagirone, protagonista di grandi esperienze imprenditoriali ed economiche, è stato un delitto. Come ha sottolineato in un’interrogazione lo stesso Musumeci.
Pensare che unesperienza come il Gal di Caltagirone sia stata bloccato dalla malapoltiica e dalla malaburocrazia (ammesso che tra le due cose ci sia differenza) mentre discutiamo ancora dellEsa che, oggi, non serve assolutamente a nulla è semplicemente incredibile. E dà solo la misura del totale fallimento della Regione siciliana in materia di agricoltura.
LUnione Europea, nel 2007, ha stanziato 2 miliardi di euro per lagricoltura siciliana. Lo ha fatto con il cosiddetto Piano di sviluppo rurale (Psr). Ebbene, sarebbe interessante capire come sono stati spesi questi soldi. E quali agricoltori ne hanno beneficiato indirettamente e direttamente.
Invece non si sa nulla. E non cè un solo parlamentare di Sala dErcole che, ad oggi, abbia mai chiesto conto e ragione di questi soldi. Un po come il miliardo e 600 milioni di euro del Fondo sociale europeo (Fse) sparito nel nulla.
Non vogliamo offendere nessuno se diciamo che la politica siciliana, a partire dai primi anni 80 in poi, ha utilizzato lEsa prima come stazione appaltante per grandi opere pubbliche (soprattutto le dighe), spesso rimaste incompiute o inutilizzate. Dagli anni 90 in poi lEsa è diventata un bacino dove sistemare precariato. Ingenti risorse finanziarie che, invece di essere utilizzate per sostenere lagricoltura siciliana, sono state dilapidate per sostenere le clientele politiche.
L’Esa, lo ricordiamo, prese il posto, nel 1965, dell’Eras, l’Ente per la riforma agraria siciliana (riforma agraria che, sempre per la cronaca, lArs varò nel 1950 e che fu un mezzo fallimento).
Dal 1965 in poi iEsa è stato solo un centro di potere. A parte qualche lodevole iniziativa editoriale, alcune grandi opere fondiarie e lassistenza tecnica agli agricoltori (attività tra ombre e luci), lEsa ha prodotto solo potere allo stato puro. E clientelismo.
Oggi è ancora Ente regionale non economico di diritto pubblico, sottoposto alla vigilanza della Regione.
Invece di pensare a trasferire questo personale negli uffici dellassessorato, sarebbe più serio pensare a un ruolo unico ad esaurimento. Per un motivo semplice: perché allagricoltura siciliana non servono altri burocrati: servono intelligenze professionali, infrastrutture per coordinare la produzione e la commercializzazione dei prodotti e tanta innovazione tecnologica.