Emanuele, paraplegico dopo un’immersione in mare «Medici hanno spento il dolore, buona sanità esiste»

Emanuele ha 55 anni, è nato a Segrate, nel Milanese, e vive a Vittoria. Nella città ipparina vivono anche i suoi figli, ma da due anni, a causa delle cure e dei frequenti ricoveri, passa la maggior parte del tempo a Palermo. Per oltre 25 anni, fino al novembre 2015, ha lavorato come operatore tecnico subacqueo per varie imprese italiane. Un lavoro nato dalla passione per il mare, le immersioni e l’archeologia subacquea che da 24 mesi circa, però, non può più svolgere. Emanuele, infatti, a causa di un’embolia midollare che lo ha colpito durante una immersione, adesso è paraplegico, costretto all’utilizzo delle stampelle o della carrozzina. Una vita libera è divenuta così schiava del dolore, fino al novembre scorso, quando un intervento chirurgico gli ha restituito un po’ di normalità

Le lesioni ci sono ancora, Emanuele non può utilizzare le sue gambe in autonomia, ma la sofferenza fisica che aveva reso un inferno le sue giornate non c’è più, e lui oggi ci tiene a ringraziare quella che chiama «buona sanità» che ha trovato in Sicilia, a Palermo, a Villa delle Ginestre, senza alcun viaggio della speranza nelle cliniche estere o del nord Italia. «Nel novembre scorso – racconta – ho subito un intervento durato quasi tre ore, servito ad applicarmi un neuromodulatore spinale lungo la schiena che, inviando degli impulsi elettrici, spegne il dolore»

A occuparsi di lui sono stati la dottoressa Giorgia La Rosa e l’equipe medica del reparto di medicina antalgica diretta dal dottor Silvestro Crinò del Centro di alta specializzazione nella cura di traumi midollari, guidato dal dottor Massimo Darbisi. «Dopo due giorni di degenza – continua – e un’accurata istruzione sul dispositivo esterno e sulla cura delle ferite, ispezionate e medicate dalla squadra magica del dottor Crinò – ovvero gli infermieri specializzati Giuseppe Militello, Libio Stabile, Michele Cangiemilla, le dottoresse Arone e Di Girolamo – sono rientrato a casa per il periodo di prova che per me poteva già considerarsi concluso il giorno stesso, dato che i dolori erano già completamente spariti». 

Il dramma di Emanuele inizia il 4 novembre 2015, al termine di un’immersione di lavoro sulla condotta subacquea per lo scarico a mare dei reflui di Sferracavallo, in provincia di Palermo, al servizio di una ditta del capoluogo, alla profondità di 40 metri. Un’immersione tranquilla, in compagnia di un secondo diver con cui svolge le stesse mansioni negli stessi tempi, e che li vede uscire dall’acqua e risalire sulla barca senza alcun problema. «Purtroppo, dieci minuti dopo, ancora con la muta addosso – ricorda – ho avvertito la sensazione che dall’ombelico in giù tutto si stesse svuotando dalle forze, in maniera così rapida da non darmi il tempo di sedermi. Sono caduto a terra come un sacco vuoto. Mi è stato subito somministrato ossigeno puro e mi hanno messo sul mezzo navale più veloce per trasferirmi al porto di Palermo, dove mi attendeva già chi avrebbe dovuto trasferirmi in ospedale. Qui la diagnosi è stata tremenda: embolia midollare all’altezza del tronco e ischemia frontale sinistra. Comincia così la lunga degenza presso il centro specializzato in lesioni midollari di Villa delle Ginestre, a Palermo, dove dopo un anno esatto, con estrema professionalità, mi hanno portato ad una ripresa parziale delle funzioni delle gambe». 

Se qualcuno si stesse chiedendo se c’è qualcosa che si possa fare per evitare incidenti simili, questa è la risposta di Emanuele: «Gli incidenti subacquei sono legati principalmente a due fattori. Velocità di risalita eccessiva, o superiore in ogni caso ai dieci metri al minuto, o la mancata esecuzione delle soste di decompressione. Dopo 25 anni di lavoro nel settore so benissimo come trattare le immersioni e questa, per l’appunto, era una delle più tranquille. Tutto mi fa pensare, dunque, ad una tragica fatalità». Da quel giorno, e fino a quello dell’intervento di installazione del neuromodulatore spinale, ci sono stati consulti medici, terapie farmacologiche pesanti e fisioterapia intensiva, ma anche lunghi giorni a letto in preda a dolori lancinanti alle gambe e alle cosiddette parestesie, fastidi dovuti a formicolio intenso, senso di bruciore o di attraversamento di corrente o piuttosto senso di scorrimento di liquidi lungo le gambe.  

«A Villa delle Ginestre le fisioterapiste Lea De francisci, Marisa Gnoffo, e Eleonora Rumeo Romeo, e i medici sono diventati la mia seconda famiglia. Quelle dell’intervento sono state tre ore strazianti, ma dopo pochi minuti dalla sua fine ho già cominciato a star bene. Alla vigilia di Natale sono stato dimesso ed è stato naturalmente il miglior regalo che io abbia mai ricevuto. Finalmente posso trascorrere le giornate con i miei familiari, con i miei amici e soprattutto posso programmare la mia vita anche per i giorni successivi, sicuro che il dolore non potrà più fermarmi. La buona sanità esiste veramente e può crescere con l’aiuto che amministratori e politici possono e devono dare alla ricerca e agli ospedali o centri come Villa delle Ginestre di Palermo».


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