Attuale vice del sindaco Alfio Mangiameli ed esponente dell’area Dem del Pd, Andrea Zarbano, dopo aver vinto le primarie, corre per la carica di primo cittadino. Il 37enne dipendente del consorzio di bonifica 10 di Siracusa, che era stato nominato assessore alla vigilia della dichiarazione del dissesto finanziario del comune di Lentini, adesso vuole provare a voltare pagina sostenuto, oltre che dal suo partito, anche da Pdr – Sicilia Futura.
Perché ha scelto di candidarsi a sindaco?
«Ho deciso di non tirarmi indietro in un momento particolarmente difficile per Lentini perché ritengo di essere nelle condizioni per poter ricondurre la città alla normalità».
Quali sono i punti centrali del suo programma? A che cosa la città non può più rinunciare?
«I punti focali del mio programma sono il realismo e la fattibilità. Credo siano inopportune promesse irrealizzabili, specie in un momento in cui è messo a repentaglio perfino il quotidiano esercizio dei servizi essenziali. Quindi, come prima cosa vogliamo ristabilire la normale erogazione dei servizi. Per quanto riguarda una progettualità futura, vorrei dotare il Comune di un parco progetti perché prenda finanziamenti da spendere sul territorio per innescare un nuovo sviluppo economico».
Qual è la figura politica o tecnica (nazionale o internazionale) a cui si ispira?
«Una figura di riferimento della quale ho apprezzato le capacità è Stefano Rodotà, costituzionalista che ha saputo mettere insieme lucidità e modernità ma che il nostro Paese non è riuscito a valorizzare quanto avrebbe dovuto».
In caso non riuscisse ad andare a ballottaggio, con chi si alleerebbe eventualmente nel secondo turno?
«È una campagna elettorale incerta e il ballottaggio non è scontato per nessuno, tanto meno per me. Nell’ipotesi in cui mi dovessi alleare lo farò con chi sarà in condizioni di recepire e condividere gli elementi principali del mio programma».
Elenchi le prime tre cose che farebbe appena eletto primo cittadino.
«La ricetta del successo dovrà partire da una nuova idea di amministrazione. Nell’ultimo periodo, il Comune è stato inteso come una controparte ostile e, invece, deve diventare il miglior alleato e il tutore delle istanze dei cittadini. Quindi, bisogna partire dalla riorganizzazione interna per garantire l’erogazione dei servizi e la normalizzazione del rapporto con la cittadinanza».
Qual è l’avversario che teme di più?
«Li temo tutti ma non un è un timore che determina un condizionamento. Siamo tutti allo stesso livello quindi è una battaglia davvero aperta».
Un pregio e un difetto della precedente amministrazione.
«Nonostante le difficoltà finanziarie, è riuscita a ottenere ottimi risultati sotto l’aspetto culturale e della gestione dei servizi locali. Però ha giocato a sfavore una scarsa comunicazione con i cittadini».
Rispetto agli scorsi 18 mesi in cui lei ha rivestito la carica di vice sindaco, qualora diventasse sindaco, penserebbe a un piano di rinnovamento o continuerebbe sulla stessa linea?
«Io ricopro la carica di vice sindaco dall’ottobre del 2014 e quando mi sono insediato ero consapevole che all’indomani andava dichiarato il dissesto finanziario dell’ente. Io oggi rappresento il presente del centrosinistra a Lentini e mi auguro di rappresentarne anche il futuro. Spero di poter rinnovare l’atteggiamento che si è avuto negli ultimi anni di amministrazione con un cambio di pagina rispetto alla gestione precedente».
Dopo le primarie dalle quali lei era uscito vincitore, si vociferava di un suo ripensamento che avrebbe potuto portate a un passo indietro, era vero?
«Non c’è stato mai un momento in cui io ho ritirato la mia candidatura. Dopo le elezioni primarie che mi avevano legittimato a essere l’unico candidato, ho imposto una riunione all’intero gruppo del Pd e alla coalizione che mi sosteneva e, attorno a quel tavolo, si è concretizzata l’assoluta coesione al mio progetto da parte di tutte le forze politiche di centrosinistra. È stata una occasione per un confronto intenso che ha dato il via a una nuova partenza, dopo esserci messi alle spalle acredini, rancori e questioni passate».
I membri del direttivo locale del Pd si sono impegnati a sostenerla come sindaco unitario del centrosinistra lentinese. Questo mette ordine nella complicata convivenza fra le diverse anime del partito o è un’unione un po’ forzata?
«Non è assolutamente un’unione forzata. Il partito democratico, anche a Lentini, è un grande partito che ha al suo interno diverse correnti e diverse anime che si atteggiano quasi a singoli partiti. Quindi, la dialettica è sempre molto accesa ma, dal punto di vista della compattezza del partito per l’ottenimento di un risultato finale, la coesione è chiara e netta».
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