Una riflessione ironica e amara sulla difficoltà di comunicare nella società contemporanea.«Unistantanea su quella porzione di vita che si consuma allombra dellinerzia quotidiana»: tutto questo è latto unico 'La porta', in scena a Vizzini dal 21 dicembre
E oltre la porta luomo
Quanto sia difficile e quanto faccia paura posare lo sguardo al di là della staccionata che circonda l’uomo del terzo millennio, trincea fatta di luoghi comuni, di convenzioni incatenanti e di indifferenza crudele e gratuita, lo sa il cuore degli artisti, mentre finge, per comodità, di ignorarlo la stragrande maggioranza degli esseri umani. È questo, in estrema sintesi, lo spirito de “La porta”, l’atto unico opera dell’attore, regista e drammaturgo catanese Nicola Costa e prodotto dall’associazione culturale vizzinese “I Cuntastorie”, mentre “un’istantanea su quella porzione di vita che si consuma all’ombra dell’inerzia quotidiana” è la citazione che ci piace ricordare quando pensiamo a questo spettacolo, che andrà in scena all’auditorium San Sebastiano di Vizzini i prossimi 21, 22 e 23 dicembre.
La scenografia è tanto essenziale quanto densa di significati. Una poltrona da salotto e un tavolino, da una parte; una sedia e una scrivania ingombra di fogli, libri e giornali dall’altra; al centro, una porta. Il primo è l’habitat dell’avvocato, personificazione del cinismo e del materialismo della società in cui ci si trova a vivere (dei tre personaggi, non a caso, è lui l’unico privo di nome proprio, quasi a voler sottolineare la sua inconsistenza e la sua riluttanza a soffermarsi sulle cose davvero imprescindibili dell’esistenza umana): l’autorealizzazione come unico scopo e una dura resistenza a guardare oltre sé stessi; il secondo è quello del teatrante, cioè dell’Artista con la A maiuscola, che con sensibilità e coraggio si batte affinché le parole riconquistino il posto che spetta loro nella gerarchia dei valori, e affinché per mezzo di esse riemerga dall’oblio a cui è stata condannata l’unica vera realtà che dovrebbe coinvolgerci: quella dei conflitti, da quelli personali e interpersonali a quelli combattuti con le armi e pagati con la morte di migliaia di silenziosi, anzi, di silenziati innocenti.
È proprio lo scontro tra prospettive il cuore dello spettacolo, il filo conduttore di ogni dialogo tra l’attore e l’avvocato nonché tra l’attore e una donna, terzo (e ultimo) personaggio a salire sul palco. Caricata del peso di rappresentare l’universo femminile, Luana è innamorata e fragile, divisa tra il sentimento per il suo uomo e l’esigenza di trovare la propria dimensione individuale. È la vittima sacrificata sull’altare dell’incomunicabilità, assieme al suo amore, un amore che, per quanto profondo, non riesce a scardinare le assurde regole di un gioco delle parti che, come oggigiorno accade a moltissime coppie, lascia l’amaro in bocca e però fin troppo spesso sembra l’unica strada da percorrere. Accettando l’inaccettabile e soffrendo in silenzio.
Dietro di loro la porta, presenza minacciosa e quarto personaggio a tutti gli effetti, che dà il titolo allo spettacolo. Un limite che sul palco è fisico ma che in ogni uomo è interiore. Il varco che può condurre alla bellezza e all’armonia e che fa tanta paura all’avvocato. Limite (o confine?) che di tanto in tanto urla la sua presenza, ricordando a tutti, personaggi e spettatori, che esiste «altro» all’infuori dell’io della nostra società di massa e che esistono gli «altri», i senza voce, a cui riserviamo così poca attenzione e interesse, per i quali liquidiamo il nostro impegno in pochi secondi. Giusto il tempo, forse, di inviare un sms.
Nicola Costa dirige “La porta” e ne è protagonista: è lui l’attore, inarrestabile difensore del senso vero delle parole. Costa è un artista noto al pubblico siciliano e apprezzato dalla critica nazionale ed insignito di diversi premi e riconoscimenti: proprio con questo testo ha vinto il Premio Nazionale “I Fiumi” 2003 per la nuova drammaturgia a Venezia. Sul palco, accanto a lui, saliranno altri due artisti siciliani: la catanese Serena Mazzone nelle vesti di Luana (che ha coraggiosamente assunto l’interpretazione del suo personaggio in questo spettacolo come un’importante missione, lavorandovi nonostante qualche piccolo problema di salute) e – nel ruolo dell’avvocato – il giovane palermitano Nicolò Prestigiacomo, mancato idraulico e mancato falegname e mancato barbiere, che il teatro ce l’ha nel cuore, nelle corde vocali e nello stomaco e che, così come Nicola, non avrebbe potuto fare che questo mestiere. Una scommessa che un così abile trio non potrà che vincere, pena una preoccupazione in più per il nostro futuro, un nuovo presagio a minacciare la coscienza di un pubblico che, se refrattario, dimostrerebbe tutta la desolata onnipotenza di questo sadico mondo in giacca e cravatta.