Dramma della solitudine: donna trovata morta a nella sua casa di Termini Imerese

“Quando si muore si muore soli”, canta Fabrizio De Andrè in una delle sue prime canzoni: “Il testamento”. Il cantautore si riferisce alla solitudine della morte nel momento del trapasso. Ma ci sono ‘altre solitudini’ che, spesso accompagnano gli uomini in vita: coma la solitudine “insopportabile” di Cesare Pavese, lo scrittore delle Langhe piemontesi che si tolse la vita perché non gli andava più di vivere in un mondo che non comprendeva e che, forse, non lo comprendeva.

C’è, poi, un’altra solitudine meno letteraria, più vicina alla vita di ogni giorno e di ogni uomo e donna: la solitudine della vecchiaia, del tempo che ci sfugge, che passa sopra di noi lasciandoci a distanze siderali dagli altri che ci stanno intorno: o meglio, dall’indifferenza di un mondo dove gli anziani non sono più, di fatto, un valore. 

A questa morte frutto, anche, di solitudini anonime si ascrive la storia a non lieto di una donna trovata morta, il giorno di Ferragosto, a Termini Imerese, grosso centro alle porte di Palermo, cittadina che, negli ultimi mesi, è finita sulle pagine dei giornali per via della chiusura dello stabilimento Fiat.

Questa volta, però, non sono le automobili che da queste parti non si costruiscono più a guadagnarsi le luci della ribalta. Questa volta, di scena, è la solitudine che noi non vogliamo vedere, forse perché ci ricorda quello che non riusciamo più a fare.

Ma la realtà è lì, pronta a presentare il conto. La donna, di 82 anni, anziana e sola, è stata trovata senza vita nella sua abitazione. Una casetta dalle parti di contrada San Girolamo, zona periferica di Termini Imerese.

La donna, come già detto su con gli anni, era da tempo sofferente. Ma non si era arresa: non si era arresa ai malanni inevitabili che arrivano con l’avanzare dell’età: e non si era arresa alla solitudine.

Una morte come tante altre, tipica di una società – la nostra – che si dice progredita ma che, in realtà, è regredita. Una morte da dimenticare, da rimuovere. Perché, in fondo, nella società in cui viviamo è come se vecchiaia e morte fossero state abolite con decreto legge.

Nulla a che vedere, sia chiaro, con il messaggio del cristianesimo, con la venuta sulla terra di Gesù che “ha vinto la morte”: al contrario, il tentativo goffo, se non stupido, di fare finta, come già accennato, che né la vecchiaia, né la morte facciano parte della nostra vita.

Nelle grandi culture – delle quali noi non facciamo più parte – la vecchia rappresenta la saggezza: l’esperienza e la conoscenza da tramandare alle generazioni future. Da noi, sempre più spesso, gli anziani vengono abbandonati e muoiono da soli, proprio come la donna anziana trovata morta a Termini Imerese.

Una notizia da relegare nelle ultime pagine dei giornali, magari in breve, per non intristire. Per non fare riflettere. Mentre la vita va. Anzi, se ne va…

 


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"quando si muore si muore soli", canta fabrizio de andrè in una delle sue prime canzoni: "il testamento". Il cantautore si riferisce alla solitudine della morte nel momento del trapasso. Ma ci sono 'altre solitudini' che, spesso accompagnano gli uomini in vita: coma la solitudine "insopportabile" di cesare pavese, lo scrittore delle langhe piemontesi che si tolse la vita perché non gli andava più di vivere in un mondo che non comprendeva e che, forse, non lo comprendeva.

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