Dissesto, la volata romana e la minaccia della discarica Sicula: «Crediti per 15 milioni, così chiudiamo i cancelli»

Stessa storia, stesso posto e stesso bancomat. Dal 2008 al 2018 non sono certo anni d’oro, ma la storia si ripete. Salvo Pogliese come Raffaele Stancanelli e Nello Musumeci come Raffaele Lombardo, con l’obiettivo di rattoppare un Palazzo degli elefanti crepato un po’ ovunque. Così si fa largo la strada dell’anticipazione dalla Regione Siciliana (ci sarebbe già un ddl pronto) per tirare avanti un altro mese, finché i soldi non arriveranno dal governo centrale in finanziaria. Meglio se a fondo perduto, perché sennò restituirli sarà un altro grande dramma. Com’è complicato essere sindaco di Catania quando i nodi vengono al pettine e quando c’è da stendere la mano un po’ di qua e un po’ di là, sperando che un giudice, a Roma, scelga di prendere tempo. Perché oggi è la giornata più importante per il Comune: alle 10 il costituzionalista Agatino Cariola, alle sezioni riunite della Corte dei conti, inizia a discutere il ricorso alla dichiarazione di dissesto buttata sul piatto dalla magistratura contabile di Palermo. Il dispositivo della sentenza (cioè la decisione, senza le motivazioni) è atteso a partire dal primo pomeriggio di oggi e le possibilità sono solo due: bere o affogare. Il primo caso avrà la forma di un rinvio. Il secondo sarà il default.

Gli occhi di tutti sono quindi puntati sulla Capitale. Sembra che, trovandosi a Roma per il suo ruolo di senatore, potrebbe decidere di assistere all’udienza anche l’ex sindaco Stancanelli, sotto il cui mandato è stato redatto il primo piano di riequilibrio economico-finanziario del Comune. Lui, però, all’epoca aveva l’acqua meno alla gola di quanto ce l’abbia oggi il suo giovane omologo. A pendere sulla testa di Pogliese arriva adesso anche la minaccia della Sicula trasporti, la società di Lentini che gestisce la discarica in cui il municipio conferisce i rifiuti indifferenziati: «Avanziamo poco meno di 15 milioni di euro – dice a MeridioNews il titolare, Giuseppe Leonardi – Finora siamo rimasti, ma a breve potremmo decidere di chiudere i cancelli e rimandare indietro gli autocompattatori». L’emergenza igienico-sanitaria, a quel punto, sarebbe un fatto concreto. E a nulla potrebbe servire l’ottimismo di Rossella Pezzino De Geronimo, proprietaria di Dusty: «Confido che la situazione si risolverà nel più breve tempo possibile. Siamo in attesa e sappiamo che l’interesse del governo sulla città di Catania c’è ed è concreto», dichiara.

«Il conferimento in discarica costa al Comune di Catania circa 1,2 milioni di euro al mese», spiega Marco Morabito, ex dipendente dell’Ecologia del Comune di Catania e, dopo la scadenza del suo contratto, transitato alla Sicula. «La normativa dice che le fatture vanno pagate entro 60 giorni dal momento in cui vengono emesse, ma molto difficilmente le amministrazioni pubbliche riescono a rispettare queste scadenze». Quasi sempre si arriva a 90 o a 120 giorni, talvolta anche a 150. «Perciò non è corretto dire che il Comune non ci paga da oltre un anno – continua – Soltanto che se prima i pagamenti, nonostante i ritardi, avevano una cadenza regolare, da qualche tempo questo non accade più. Cosa che, chiaramente, ci ha messo in una situazione difficile». Anche perché Catania vale circa «550 tonnellate al giorno». «Se non ci saranno spiragli – interviene il patron Leonardi – rischiamo di perdere i soldi che abbiamo guadagnato. E se è vero che sono tante le amministrazioni in ritardo, è anche vero che Catania è certamente la commessa più grossa». 

Certo è che rimandare indietro la spazzatura sarebbe un ulteriore elemento a favore del dissesto immediato. Perché sarebbe un’altra di quelle azioni di ordinaria amministrazione, assieme al pagamento degli stipendi, non supportate da alcuna copertura nelle casse comunali. «Non abbiamo ancora ricevuto alcun preavviso di chiusura – replica l’assessore all’Ecologia Fabio Cantarella – Quando e se accadrà tenteremo di fronteggiare il problema. Allo stato attuale, però, siamo in attesa di troppe risposte». Quelle di Stefano Candiani, braccio destro di Matteo Salvini in Sicilia, dovrebbero arrivare nel giro di un paio di giorni: al governo nazionale si chiede l’ormai celebre anticipazione sul contributo straordinario di 400 milioni chiesto più di un mese fa. Soldi che potrebbero essere accreditati dopo l’approvazione della finanziaria. Salvo Pogliese, intanto, aspetta la telefonata del presidente della Regione Nello Musumeci, per discutere di un eventuale contributo da Palermo. Dieci anni fa l’allora primo cittadino Stancanelli aveva bussato alla porta dell’ex governatore Raffaele Lombardo, ottenendo in cambio cinquanta milioni di euro, da restituire in più rate trattenute dai fondi regionali degli anni successivi. 

Di quella somma, restano da ripianare ancora 32 milioni di euro, a piccole dosi. A Catania, adesso, basterebbero trenta milioni per superare il mese e pagare, almeno, le spettanze di ottobre. Le analogie con quanto accaduto dieci anni fa, però, richiamano alla mente anche la mano del governo nazionale su vicende locali: ai tempi il ministro dell’Economia è Giulio Tremonti e all’ombra dell’Etna vengono paracadutati 140 milioni di euro dal Cipe. Soldi che servivano per mettere in pareggio il bilancio, che aveva esattamente quel disavanzo. La stessa cifra che, secondo i bene informati, pesa sul Consuntivo di quest’anno dopo l’approvazione dei correttivi


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