Direzione Pd, l’imputato è il governo Crocetta Raciti: «Oltre gli ultimatum, a fine mese valuteremo»

Non è ancora la resa dei conti, ma la direzione del Partito Democratico siciliano, in corso di svolgimento in un hotel di Palermo, rappresenta un passaggio importante per il futuro del governo di Rosario Crocetta. Proprio dall’interno del Pd, in particolare dal deputato Fabrizio Ferrandelli, nei giorni scorsi è partita la richiesta di sfiduciare l’esecutivo. E, nonostante la precisazione del capogruppo democratico all’Ars Baldo Gucciardi: «non è la posizione del partito», i malumori hanno superato la soglia di guardia, soprattutto dopo le dimissioni di Lucia Borsellino da assessora alla Salute. 

A chiarire la posizione del più importante partito della maggioranza, ci pensa subito il segretario regionale Fausto Raciti: «Ribadiamo la totale fiducia nei confronti dei quattro assessori indicati dal Pd, ma questa è una fase delicatissima, dobbiamo affrontare quello che sta accadendo insieme con i nostri alleati. A fine luglio convocheremo l’assemblea regionale del partito, in quella sede valuteremo se ci sarà stata la svolta che aspettiamo». Ancora un mese di tempo dunque concesso al governo Crocetta per mostrare nei fatti il cambio di passo sperato. Che, secondo Raciti, si deve concretizzare nella programmazione e nei settori rifiuti, acqua e riforma delle Province. Dopodiché il Pd potrebbe anche staccare la spina. 

Il governatore si dice «disposto ad assumermi tutte le mie responsabilità se il partito me lo chiede. Ma io – aggiunge – ho ereditato una Regione con sei miliardi di deficit. Mettiamo che oggi decida di dimettermi, il tema è questo? Se il partito me lo chiede, mi dimetto». Quindi Crocetta contrattacca: «Ritengo però irresponsabile andare ora alle elezioni anticipate, ma non lo dico perché temo di perdere. Siamo noi a dover agire adesso, con il Pd e gli alleati abbiamo la responsabilità di salvare la Sicilia dal default. Ma se siamo delegittimati, se ogni settimana dicono “cade il governo”, la nostra azione non può essere efficace. Potrei anche essere il celebrante del mio funerale – conclude –  Quando mi sono candidato, l’ho fatto perché ero convinto di vincere le elezioni. Se domani la situazione sarà diversa, parliamo, discutiamone, non ho problemi».

Ma il presidente dedica una lunga parte del suo discorso, circa venti minuti, a quelli che definisce «attacchi alla sua vita privata». «Se Bill Clinton fosse stato gay, si sarebbe salvato? Io sono una vittima, anche nel mio partito c’era chi voleva allontanarmi. Faccio outing – aggiunge – mi tolgo la giacca, così si vedono gli effetti del lifting addominale». Il riferimento è all’articolo pubblicato sul Il Fatto Quotidiano, a firma di Pietrangelo Buttafuoco, dal titolo La Sicilia dello sbiancamento sul caso di Matteo Tutino, il primario di chirurgia estetica, amico del presidente, arrestato nei giorni scorsi. Articolo a cui anche il segretario Raciti accenna quando dice di aver «letto alcuni articoli voyeuristici, non ci interessano, non li useremo, non c’entrano con questo dibattito». Eppure Crocetta si sofferma a lungo sulla sua vita privata, l’omosessualità e gli interventi chirurgici, al punto che un delegato lo interrompe urlando: «Adesso possiamo parlare dei problemi della Sicilia?».

Presenti alla direzione tutti i big del partito: i deputati regionali Antonello Cracolici, Giuseppe Lupo e Gucciardi, l’ex senatore Mirello Crisafulli, Beppe Lumia. Ma anche i più critici nei confronti di Crocetta che preferirebbero andare al voto anticipato: il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone e lo stesso Ferrandelli che rafforza i concetto già espresso giorni fa: «Il Pd non ha nulla da spartire con cricche e cerchi magici di cuffariana e lombardiana memoria – afferma – Crocetta ha tradito il Partito Democratico e noi dobbiamo avere il coraggio di staccare la spina. Diamo la parola ai siciliani, consentiamogli di decidere, anche attraverso primarie, quali idee e quali uomini e donne possano interpretare al meglio il cambiamento. Sfiduciamo Crocetta, ora». 

«Siamo oltre la tattica e le schermaglie – afferma il segretario Raciti dal palco – siamo al punto decisivo di questa legislatura: siamo oltre gli ultimatum, a questo punto sta al presidente della Regione capire qual è la strada giusta. Dal giorno dopo il voto abbiamo richiamato tutti alla responsabilità per evitare quella confusione che si è creata fra ruoli istituzionali e ruoli politici, quando invece sono ruoli differenti». 


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A Palermo tutti i big del Pd siciliano. Una parte dei democratici vorrebbe staccare la spina all'esecutivo. Il segretario regionale: «Siamo al punto decisivo di questa legislatura, sta al presidente capire qual è la strada giusta». Il governatore replica: «Se il partito me lo chiede mi dimetto». Poi parla della sua vita privata: «Se Bill Clinton fosse stato gay, si sarebbe salvato?»

A Palermo tutti i big del Pd siciliano. Una parte dei democratici vorrebbe staccare la spina all'esecutivo. Il segretario regionale: «Siamo al punto decisivo di questa legislatura, sta al presidente capire qual è la strada giusta». Il governatore replica: «Se il partito me lo chiede mi dimetto». Poi parla della sua vita privata: «Se Bill Clinton fosse stato gay, si sarebbe salvato?»

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