Deliri, mercato e bare di cartone

Siete degli eroi. Come avete fatto ad essere puntuali allo spettacolo? Io sono partito stamattina e sono arrivato soltanto adesso: l’ha cominciato così, Beppe Grillo, il suo Delirio al PalaCatania, venerdì 12 dicembre, accattivandosi immediatamente la simpatia del pubblico. Con nordica puntualità, alle 21.40, il comico genovese ha iniziato ad accalorarsi, entrando subito nel vivo della polemica politica e giudiziaria, discutendo dello psiconano (il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi) e del Lodo Alfano, parlando della criptonite (il capogruppo dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro) e di Morfeo (il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano), ridendo del nano più nano (il Ministro Brunetta), abbastanza basso da poter passare sotto i tornelli contro l’assenteismo.

Sin dai primi minuti dello show, risulta semplice tacciare Grillo di fare demagogia spicciola e populismo, anche perché, innegabilmente, è questo quello che il suo mestiere di comico gli richiede. Deve far ridere, e la maniera per ottenere il risultato non è affare di cui il pubblico, profumatamente pagante, si preoccupa. Io i vostri soldi li faccio fruttare, faccio delle cose. Li uso, è la legge di mercato. S’è messo al riparo lui, ad appena qualche minuto dall’inizio. Abbiamo fatto due V-day, scombussolato la politica in Italia, grazie a voi, ai ragazzi, ha detto passeggiando tra le poltrone e, fermatosi davanti ad un giovane spettatore, ha continuato: – Quanti anni hai? Ventiquattro…Non pensare al tuo futuro: non ce l’hai!

Proprio quelli che non hanno futuro, i giovani, hanno raccolto le firme per i due V-Day, hanno sistemato i banchetti in tutte le piazze più importanti d’Italia e hanno invogliato i passanti a collaborare, a far valere la propria voce. Grillo, con dovuta autoreferenzialità, ha parlato di milioni e milioni di persone che hanno sottoscritto le sue proposte: l’8 Settembre per chiedere un parlamento pulito, il 25 Aprile per modificare il sistema dell’informazione.
Se è vero, come ricordato dal comico, che la Costituzione offre ai cittadini le petizioni, le leggi popolari e i referendum abrogativi per decidere del proprio Paese, è anche vero che ci sono delle regolamentazioni al riguardo, e quelle Grillo ha dimenticato di citarle. Così non ha spiegato che, se le firme del 25 Aprile si sono rivelate totalmente inutili, è per via di un articolo, il n° 31, presente nella legge 352 del 1970. In soldoni, l’articolo spiega che non si possono depositare firme per proposte referendarie per sei mesi dopo la data in cui vengono fissate le elezioni a una delle due Camere. A questo articolo bisogna sommare il n° 28 della stessa legge, che dichiara valide le firme ottenute tre mesi prima della consegna del foglio referendario. Facendo mente locale, ci si ricorda che le elezioni del 13-14 Aprile 2008 sono state fissate il 6 Febbraio dello stesso anno. Far trascorrere sei mesi da quella data significa presentare la proposta referendaria il 7 Agosto con firme raccolte nei tre mesi precedenti, ovvero dal 7 Maggio in poi, e se il calendario è uguale per tutti… Si suppone che gli avvocati che Grillo paga grazie alla legge di mercato di cui sopra queste cose le sapessero.

Non c’è stato solo spazio per l’esaltazione di sé, nel Delirio del PalaCatania: Obama e le sue proposte rivoluzionarie, l’imprenditore di Siracusa, Bruno Piazzese, divenuto un simbolo della lotta anti-racket, i video con le parole di vari premi Nobel su economia ed ecologia. Riciclaggio, risparmio energetico, PDL e PD meno L, e Catania, che non avrebbe più niente da perdere e nemmeno avrebbe meritato di vincere i soldi del Superenalotto. E poi la crisi, con un applauso semplice strappato cavalcando l’onda dell’Onda: Il vero cancro di questo Paese è l’informazione. Diamo un miliardo di euro ai giornali del liberismo, e li togliamo alle Università, alle scuole, alla Ricerca.

Dopo più di due ore di critiche al sistema che c’è e a quello che non c’è ma potrebbe e, forse, dovrebbe esserci, Beppe Grillo decide di annullare fisicamente la sua presenza. Sul palco, fino a quel momento inutilizzato poiché il comico si muoveva tra il pubblico e lo rendeva protagonista, viene puntato un riflettore che illumina una bara. Sì, una bara. Di cartone, con tanto di rivestimento in legno riciclato, imbottitura di cellulosa e fiori finti, che costa solo 45 euro. Da là dentro, assicura il comico che, nel frattempo, ci s’era chiuso dentro, si rivaluta la vita e ci si rende conto di quanto tempo utile s’è speso inutilmente parlando di Berlusconi o Veltroni, quando poi, alla fine, basterebbe farsi forti della depenalizzazione della Cassazione, togliersi il pensiero, e mandarli a fanculo.


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