Il fondatore di Cantiere Popolare, Saverio Romano, rilancia l'idea di un centro forte e ricorda al leader del Carroccio le sue responsabilità da esponente del governo gialloverde. Il governatore chiede maggiori attenzioni per l'Isola
Crisi di governo, il centrodestra siciliano scalda i motori Musumeci: «Senza rilancio del Sud, non chiedano voti»
La crisi di governo è ormai aperta e la Sicilia si prepara ancora una volta ad essere laboratorio politico in vista del ritorno alle urne per il rinnovo delle Camere, che potrebbe avvenire già il prossimo ottobre. Così anche nell’Isola si annunciano le prime mosse in vista della difficile partita di scacchi che è la fase di strutturazione delle alleanze con le quali si tornerà al voto. A intervenire già nel primo pomeriggio è stato il leader di Cantiere Popolare, Saverio Romano, che ammette: «non è mai elegante dire “lo avevamo detto”, ma le premesse del governo Salvini-Di Maio erano sin dall’inizio tragiche e tali si sono rivelate per il Paese». Secondo Romano, le responsabilità maggiori del governo gialloverde sarebbero da rintracciare nella «produttività al palo, nella crescita zero, nelle divisioni e disuguaglianze, nell’odio sociale e nei razzismi».
Ecco dunque che l’ex ministro rilancia l’idea di un «centro politico forte», senza il quale «si va allo sbando. Occorre – aggiunge – una federazione di moderati che riporti la governabilità, il buon senso e l’equilibrio delle scelte nell’agenda politica. In Sicilia la situazione è ancora più critica, nonostante il buon governo di Musumeci e della sua giunta. Qui il centrodestra, da tempo, è solo e non sempre una coalizione elettorale. Un anno fa a Cefalù, a seguito di una nostra iniziativa, sembrava che si fosse capito in quale drammatica situazione si trovasse la Sicilia e che occorreva serrare le fila per rilanciare l’iniziativa politica insieme all’azione di governo per scongiurare l’irrilevanza politica e la paralisi amministrativa».
«Da allora – accusa però Romano – abbiamo assistito allo sfilacciamento della maggioranza con la balcanizzazione dell’Ars. Non so se siamo ancora in tempo poiché le imminenti elezioni politiche potrebbero aggravare ulteriormente la scarsa o inesistente intesa tra i partiti e movimenti che hanno vinto le elezioni nell’autunno del 2017. Non so se Musumeci e Micciché vorranno riprendere il filo e riannodare le buone ragioni dell’unità. Per quello che mi riguarda il tentativo va fatto: va aperta comunque una nuova fase, restituendo centralità alla politica, ai partiti del centrodestra e relegando ai margini la demagogia dei populismi».
Netta anche la posizione di Musumeci, seguito a stretto giro anche da un paio di assessori: «Non so, anche se lo immagino, quale piega prenderà questa crisi di governo – ammette il governatore – ma una cosa deve essere chiara a tutti i protagonisti della politica nazionale: il lavoro e il Sud dovranno essere, per chiunque si voglia cimentare nella guida del Paese, due priorità per l’Esecutivo».
Secondo il primo inquilino di Palazzo d’Orleans, «se non si mettono in campo strumenti per consentire al Mezzogiorno di ripartire – prosegue il governatore – la stagnazione economica che colpisce il Meridione continuerà a rodere come un tarlo l’intera società italiana. Il Sud può diventare una delle aree trainanti per la crescita dell’Italia; l’ambiente, i beni culturali e le produzioni enogastronomiche del Mezzogiorno, nel mondo sono considerati dei veri e propri gioielli, ma manca l’impegno concreto dello Stato per consentirci di valorizzare tutto questo. Il Sud non ha bisogno di politiche assistenziali, ma di regole che consentano la celere costruzione delle infrastrutture e lo sviluppo dei servizi indispensabili per creare posti di lavoro di qualità».
«Se la politica nazionale – continua ancora Musumeci- non capisce che i due milioni di meridionali che hanno lasciato la propria terra, nel corso degli ultimi 15 anni, sono un emergenza nazionale, è meglio che eviti di venire a chiedere voti al Sud. E non lo faccia neppure se prima non dice quali sono le ricette da mettere, subito, sul piatto per far ripartire il Mezzogiorno. Noi abbiamo le nostre idee e siamo disposti a condividerle nell’interesse dei nostri concittadini con quanti abbiano a cuore lo sviluppo di tutta la Nazione, e non solo di alcune aree a discapito di altre».
Severo il giudizio di Marco Falcone, assessore regionale alle Infrastrutture e commissario di Forza Italia per la provincia di Catania. «L’esperienza di governo di questi 14 mesi – ha detto – è stata tanto inconcludente quanto inutile. Forza Italia voti la sfiducia al governo Conte, senza esitazioni. Sin dal primo momento, infatti, avevamo denunciato l’innaturalità di un governo fra Lega e Movimento 5 stelle e oggi abbiamo avuto ragione. L’enunciazione di slogan, non seguiti da fatti concreti, si rivela vacua, fragile come una bolla di sapone. Dalle infrastrutture, alle politiche di sviluppo, passando per il welfare, ogni azione di questo governo è stata una vera e propria delusione».
«Come ha già ricordato il presidente Berlusconi – prosegue Falcone – solo il voto potrà porre rimedio a una crisi per la quale la vittoria di un centrodestra rinnovato e plurale rappresenta l’unica soluzione possibile. Forza Italia darà al Paese un progetto di governo serio e di prospettiva. Per fare questo dovremo mettere assieme personalità che abbiano radicamento sui territori, competenze e soprattutto amore per l’Italia. Il prossimo governo, con Forza Italia, dovrà rilanciare politiche concrete per rilanciare il Mezzogiorno, mettendo la Sicilia al centro dell’agenda politica nazionale».
Secondo il deputato regionale Vincenzo Figuccia, infine, «il governo non può che prevedere un coinvolgimento della destra che abbia la guida di Salvini. Ovviamente una maggiore presenza per l’impegno del rilancio del Sud è auspicabile e mi candido a rappresentare questa area che guarda al Sud e alla Sicilia. Sono certo – conclude Figuccia – che questo voto possa essere l’occasione per rinnovare anche il centrodestra siciliano».