Crisafulli & Papania sacrificati dal ‘cannnibalismo’ dei farisei

Levati tu che mi ci metto io: all’insegna di questo slogan il Pd romano (per la precisione, la Commissione nazionale farisaica… pardon di garanzia) ha sbattuto fuori dalle liste i parlamentari nazionali uscenti, Nino Papania e Mirello Crisafulli. Le motivazione di queste due esclusioni sono politiche.

In una nota romana del Pd diffusa oggi si legge: “La Commissione nazionale di garanzia del Pd, presieduta da Luigi Berlinguer in base a un criterio di opportunità, ha deciso di non includere nelle liste elettorali le candidature di Mirello Crisafulli di Enna e Antonio Papania di Trapani”.

Il Partito democratico siciliano si priva di due pezzi forti. Lo fa a chiusura delle liste, nella speranza che i due non provochino “danni”.

Ovviamente, bisogna essere molto ingenui per pensare che una decisione così ‘pesante’ sia maturata stasera. Con molta probabilità, il progetto di mettere fuori dalle liste Crisafulli e Papania è già noto da tempo nei piani ‘alti’ del Pd. Se la notizia è stata comunicata stasera – anche se preceduta da una martellante campagna di stampa, soprattutto a carico di Crisafulli – è per provare a limitare i danni.

Papania e Crisafulli sono personaggi politici molto diversi.

Il primo ha un estrazione democristiana. Trapanese di Alcamo, Papania è il classico prodotto della Seconda Repubblica. Un politico venuto fuori da una provincia ‘complicata’ dove per emergere bisognava sgomitare.

La fortuna di Papania è legata alla sua elezione, negli anni ’90, prima a Sala d’Ercole e, poi, al ruolo di assessore regionale al Lavoro (in quegli anni i 12 assessori regionali venivano eletti dall’Ars).

Allora l’assessorato al Lavoro gestiva la formazione professionale: ed è gestendo questo settore che Papania consolida la propria posizione politica nello scenario politico regionale, dentro la Margherita e, soprattutto, nella sua provincia.

Come tanti suoi predecessori, Papania costruisce le proprie fortune politiche con gli Enti di formazione professionale. Attenzione: non è il solo: quasi tutti gli assessori che si sono occupati di questa branca dell’amministrazione regionale a partire dalla seconda metà degli anni ’80 sono rimasti più o meno legati al settore, direttamente o indirettamente, ai corsi di formazione.

Forse, rispetto ad altri, Papania andava subito al sodo, senza fronzoli. Da assessore regionale, ‘scivola’ su una vicenda che diventa giudiziaria e si becca una condanna di due mesi. Cose vecchie, che risalgono a oltre dieci anni fa.

Con l’avvento del Pd, Papania si sistema nella corrente ‘Innovazione’: un gruppo di ex democristiani del calibro di Francantonio Genovese da Messina (nipote dell’ex Ministro Nino Gullotti), Totò Cardinale da Mussomeli e altri Dc che, in Sicilia, non hanno innovato un bel nulla, costruendo le proprie fortune politiche sul clientelismo allo stato puro.

Molto diversa la storia politica di Mirello Crisafulli, cresciuto nella sua provincia: Enna. Crisafulli viene dal vecchio Pci, del quale è stato, sin da giovane, dirigente. Nella sua lunga carriera c’è una grande conoscenza dei problemi dell’agricoltura. Crisafuli, infatti, è stato dirigente della Confcoltivatori, oggi Cia.

Una caratteristica del ‘comunista’ Crisafulli è sempre stata la sua concezione quasi ‘eretica’ della politica: in pieno ‘craxismo’, quando l’ordine del suo Partito (che, con molta probabilità, conosceva sin dalla fine degli anni ’80 quello che sarebbe successo con Tangentopoli) era quello di ‘massacrare’ i socialisti, lui si rifiutava di ‘obbedire’ a direttive che considerava demenziali.

Crisafulli, nella cosiddetta Prima Repubblica, è sempre stato un fautore dell’unità tra comunisti e socialisti. E quando il Pci, poi Pds, propugnava l’eliminazione fisica di Craxi e del Psi, lui non era affatto d’accordo. Forse perché sapeva che l’eliminazione dei socialisti, alla lunga, avrebbe indebolito tutta la Sinistra italiana: cosa che si è puntualmente verificata.

Alle elezioni politiche del 1994, quando il ‘Polo progressista’ di Achille Occhetto – che in Sicilia era gestito da un folto gruppo di dilettanti allo sbaraglio – pensava di vincere le elezioni, l’unica voce dissenziente era proprio la sua.

In quella campagna elettorale il Pds, la Rete di Leoluca Orlando e le varie ‘frattaglie’ di una sinistra più immaginaria che reale, impongono ai socialisti di “saltare un turno”. L’unico dirigente del Pds che si rende conto dell’errore che sta commettendo il suo Partito è proprio Crisafulli, che ad Enna riunisce sotto un’unica bandiera comunisti e socialisti. E infatti Enna, già allora, è l’unica provincia ‘rossa’ della Sicilia.

Da allora la storia politica siciliana ha sempre dato ragione a Crisafulli e torto alla maggior parte dei suoi compagni di Partito. Da qui i problemi di questo particolare dirigente post comunista. Perché avere ragione in un Partito che, in Sicilia, dall’avvento della Seconda Repubblica in poi, ha sempre perso è un bel guaio.

A Crisafulli i tanti ‘vinti’ del suo Partito – ovvero quasi tutti i vecchi dirigenti siciliani del Pd – non possono perdonare il consenso popolare di cui gode nella sua provincia. I suoi avversari – che per trovare il poco consenso che amministrano sono costretti a inventarsi le ‘bombe’, gli attentati, le antimafie (tutte di facciata, ovviamente), persino le alleanze con presidenti della Regione inquisiti per mafia e tanto altro ancora- non possono che vedere come il fumo negli occhi un dirigente che, nel suo territorio, esercita il potere con autorevolezza e non con autorità.

Nella storia di Crisafuli c’è anche la parentesi di assessore regionale alla Presidenza nel Governo presieduto da suo compagno di Partito, Angelo Capodicasa. E’ il Governo regionale che vede la luce nell’autunno del 1999, in seguito al ribaltone romano dell’Udeur di Francesco Cossiga: un ribaltone che va in scena anche in Sicilia con la Sinistra siciliana – Pds in testa – che va a governare con soggetti che, poi, finiranno nei guai con la mafia (insomma: l’accordo tra il Pd e il Governo Lombardo, nella scorsa legislatura, non è una novità…).

Da assessore Crisafulli è promotore della legge regionale numero 10 del 2000: è la legge che ha distrutto l’amministrazione regionale, un provvedimento che crea dal nulla, in una notte, 2 mila dirigenti: un numero superiore a quello dei dirigenti che, allora, si contavano in tutta la Francia. 

Crisafullli si è sempre difeso dicendo che la legge di ‘riforma’ della pubblica amministrazione regionale – la legge numero 10, per l’appunto – lui l’aveva pensata in modo diverso. Detto questo, l’assessore era lui: e non può che essere lui il responsabile politico dello sfascio dell’amministrazione regionale.

La disgrazia di Crisafulli è un incontro con un personaggio chiacchierato: il famigerato Bevilacqua, considerato vicino ad ambienti della provincia ennese non esattamente raccomandabili. Un uomo che, peraltro, viene trattato molto male dal parlamentare del Pd.

Da questa storia Crisafulli uscirà indenne sia dal punto di vista giudiziario, sia rispetto al suo Partito.

Oggi, dopo tante legislature alle spalle – all’Ars e a Roma – Crisafulli è fuori dalle liste elettorali. Ed è fuori per far posto ad altri. Pensare che Crisafulli e Papania siano stati messi fuori dalle liste per un fatto morale, in un Partito che, per quattro anni, ha gestito la Regione siciliana con Raffaele Lombardo è quasi comico (peraltro, Crisafulli era contrario all’accordo con Lombardo: mentre ad ‘epurarlo’, oggi, sono proprio quelli che hanno fatto affari con il Governo Lombardo, a cominciare dai ‘farisei’ del Pd romano). 

Che farà Crisafuli? La domanda non è oziosa. Perché se, alla fine, Papania, benché grande maestro di clientele, non farà nulla, la stessa cosa non si può dire di Crisafulli.

Va da sé che qualche ‘serpe nella sua provincia ennese, già ‘ammaestrata’ dal Pd romano, ci sarà di certo. Ma tutto questo non basterà a tenere a freno Crisafulli, se quest’ultimo dovesse decidere di fare qualcosa.

Lo ripetiamo: se nell’Ennese c’è un dirigente politico in grado di mobilitare tanti ex comunisti ed ex socialisti, ebbene, questo è Crisafulli. Siamo proprio curiosi di capire cosa succederà non domani o tra sette giorni, ma quando gli elettori di questa provincia si recheranno alle urne.

 


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