Alcune riflessioni sulla condizione dell'immigrato in Italia, alla luce della vigente legge Bossi -Fini
Cosa vuol dire essere un immigrato?
Chiunque può essere un immigrato, ma come viene accolto un cittadino che emigra in un paese straniero? Si dice spesso, anzi è scritto anche nei tribunali, che “la legge è uguale per tutti” ma…non è così. Sappiamo bene, infatti, che in realtà il paese di provenienza è importante(eccome!!). Infatti se un immigrato è statunitense, francese o tedesco, è trattato in maniera molto diversa e più ospitale rispetto a un immigrato africano, rumeno, serbo ecc.
Mi sono chiesta quali siano le condizioni richieste agli emigranti (soprattutto provenienti da paesi in via di sviluppo come quelli africani o dellEuropa orientale) per poter rimanere il più a lungo possibile nel paese ospitante. Ed alla conferenza che si è tenuta l8 giugno, presso la sala Falcone-Borsellino, ho trovato delle risposte interessanti.
A questa sono intervenuti il dott. Pietro Bonomo (direttore sanitario), Giuseppe Miceli (referente immigrazione USL), Irene Chessari (che si occupa del disbrigo pratiche alla questura di Ragusa), Salvatore Brullo (responsabile dei servizi di protezione per richiedenti asilo e rifugiati della fondazione S. Giovanni Battista), i quali hanno descritto la realtà che queste persone devono affrontare, e naturalmente dei cittadini provenienti dall’Africa che hanno testimoniato le proprie esperienze.
Tutti sappiamo in quali condizioni disumane gli emigranti (uomini, donne e a volte anche bambini) si avventurano in mare, senza sapere minimamente cosa troveranno in Italia. Sono pieni di speranza e di desideri, però non sempre riescono a raggiungere questa “terra promessa”: a volte la morte li attende proprio durante il viaggio, ma, anche quando la raggiungono, spesso i loro sogni vengono infranti.
Ciò che spegne le loro speranze è la legge, che li spinge a vivere nell’illegalità. Gli immigrati che arrivano sulle nostre coste non sanno certamente quali sono i loro diritti e i loro doveri, perché nessuno glieli ha spiegati. Secondo la legge Bossi-Fini sui flussi d’ingresso, possono avere il permesso di soggiorno solo 30 immigrati per provincia!!! Ma la realtà è completamente diversa, infatti proprio nella nostra provincia ce ne sono più di 10.000. Sempre secondo la legge, un immigrato per poter permanere più a lungo in Italia deve avere la carta di soggiorno, ma per avere la carta di soggiorno deve produrre reddito. Domanda: come fanno queste persone a produrre reddito legalmente se non hanno la carta di soggiorno? Eppure sappiamo bene che queste persone lavorano in Italia, naturalmente clandestinamente facendo i lavori che gli italiani non vogliono fare.
Per non parlare del ricongiungimento familiare, che la nostra legge rende quasi impossibile, eccetto rari casi.
Ma cosa chiedono queste persone quando arrivano in Italia? Molto spesso chiedono asilo e rifugio politico, ma neanche questo è così semplice perché, in tal caso, la richiesta va fatta entro 8 giorni dall’arrivo in Italia: ma molto spesso gli immigrati non conoscono tale scadenze, e scadendo il termine non è più possibile fare un ulteriore richiesta. Di conseguenza, alla scadenza del visto, invece di tornare in patria restano in Italia, passando da una posizione di legalità ad una posizione di illegalità.
Un altro punto molto importante, e direi essenziale, è quello della sanità. Quando arrivano in Italia vengono accolti nei CPT, Centri di Permanenza Temporanea, dove ricevono i primi aiuti. Che non riguardano le cure sanitarie: in questo caso devono andare in ospedale. Spesso però non vogliono andarci perché temono che, poiché clandestini, la polizia li rimandi nel loro paese. Però oggi, grazie alle lotte e all’impegno di medici in provincia, ci sono 3 ambulatori disponibili per gli immigrati senza permesso di soggiorno, dove ricevono una prima assistenza. A questi pazienti viene rilasciato un tesserino sulla fiducia, dov’è indicato solo il nome del richiedente affinché possa usufruire delle strutture sanitarie e dei farmaci senza pagare il ticket. Questo è soltanto un primo passo, ma se ne devono fare tanti altri ancora perché ogni uomo possa godere dei propri diritti.