Cosa nostra, scoperto arsenale tra Paceco e Salemi Kalashnikov e mitragliatori erano sotto al pavimento

Armi, ben oleate e funzionati, e munizioni. È quanto scoperto e sequestrato dalla polizia nelle campagne tra Paceco e Salemi. Un vero e proprio arsenale che sarebbe stato a disposizione di Cosa nostra. L’operazione è stata condotta dagli agenti della Squadra mobile di Trapani che hanno agito in sinergia con i loro colleghi della Squadra mobile di Palermo e dello Sco. 

Quattro kalashnikov con caricatori e munizionamento, due pistole revolver calibro 38, un fucile a pompa, un altro calibro 12 da caccia e poi ancora un mitragliatore Mab 38, un fucile mitragliatore Mp 40, numerosi proiettili e passamontagna nascosti in una casa colonica. Le armi erano occultate sotto il pavimento incellofanate all’interno di alcuni tubi. «In ogni momento potevano essere utilizzate», ha spiegato il capo della Mobile Fabrizio Mustaro, nel corso della conferenza stampa che si è svolta nei locali della questura di Trapani. «I kalashnikov sono recenti – ha spiegato il capo della Mobile – ma i fucili a pompa e il mab ritrovati sono vecchi e contiamo con le perizie balistiche di ricostruire il loro utilizzo e di ricavare elementi per capire quando sono stati utilizzati». 

L’edificio in cui erano nascosti è di proprietà di due soggetti che per il momento non risultato indagati. La loro posizione, tuttavia, è al vaglio degli investigatori. La scoperta dell’arsenale rientra nell’ambito dell’attività di ricerca dei latitanti. Due sono quelli arrestati dalla mobile di Trapani nell’ultima settimana: Vito Marino, figlio del vecchio boss di Paceco Mommu u nanu, condannato all’ergastolo per la strage di Brescia, e Vito Bigione, narcotrafficante rintracciato in Romania. «Mai abbassare la guardia sulle investigazioni che riguardano la criminalità organizzata – ha sottolineato a margine della conferenza stampa il questore Claudio Sanfilippo -. Togliere dal mercato armi così pericolose ci rende felici. Tutto è avvenuto attraverso l’attività costante di controllo del territorio. L’arresto dei due latitanti dei giorni scorsi è la dimostrazione di come le attività vengano svolte costantemente. La stessa attenzione – ha concluso Sanfilippo – è messa per la cattura di Matteo Messina Denaro. Le latitanze non sono eterne».


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Gli investigatori non escludono che alcune delle armi siano state già utilizzate dalla criminalità organizzata. Prossimamente verranno sottoposte ad analisi balistiche per ricostruirne la storia. «In ogni momento potevano essere utilizzate», spiega il capo della Mobile di Trapani

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