Cosa c’è dietro la scelta di non riaprire Etnaland nel 2020 Direttore: «Equiparati a piscine, meglio garantire il futuro»

«Arrivederci al 2021». Sono i primi di giugno quando sul sito di Etnaland compare, in alto in bella vista, questa scritta. Il messaggio è chiaro: il parco divertimenti di Belpasso – causa coronavirus – dà appuntamento direttamente alla prossima estate. «Sono diversi i motivi che ci hanno spinto a saltare un anno», spiega a MeridioNews il direttore Francesco Russello. Una scelta diversa rispetto ad altri parchi italiani che hanno aperto al pubblico tra sanificazioni, mascherine, gel igienizzante, distanza di sicurezza, ingressi contingentati e prenotazioni. «Noi, e non siamo stati i soli – aggiunge il direttore – abbiamo deciso rinunciare all’appuntamento di quest’anno per assicurare di esserci negli anni a venire». 

Per l’ottavo anno di Etnaland erano già state annunciate grandi novità, prima tra tutte l’esclusiva nazionale dell’attrazione a tema 44 gatti. «E, invece, abbiamo scelto di non aprire. Innanzitutto – spiega Russello – perché ci sono parti dei protocolli di sicurezza che dovrebbero ancora essere chiariti meglio». A livello nazionale, infatti, i parchi tematici sono stati equiparati a piscine «che non superano i 315 metri quadrati e dove la gente passa un’oretta. Per noi – va avanti il direttore – ci vorrebbero misure ben diverse. In pratica, è stato come dare la direzione della Ferrari a un meccanico di zona». Una situazione, insomma, incompatibile da vati punti di vista con una riapertura nella stagione estiva 2020.

«Oramai siamo alla fine della prima settimana di luglio. Anche volendo pensare di aprire ad agosto, sarebbe impossibile – fa notare Russello – perché per organizzare l’apertura di Etnaland sono necessari almeno due mesi e mezzo di formazione del personale, a maggior ragione adesso che ci sarebbero anche tutte le norme anti-Covid da fare rispettare». Sui tempi ha influito anche il ritardo accumulato nei mesi del lockdown da alcuni cantieri che stavano lavorando a nuove attrazioni. 

Oltre alle valutazioni sui tempi, sulla non apertura hanno influito anche considerazioni di tipo economico. Personale in cassa integrazione e gli stagionali che, per quest’anno, dovranno guardare altrove. «Per noi la perdita economica sarà del cento per cento – dice Russello – ma abbiamo subito rimborsato chi aveva già acquistato biglietti o pacchetti e non con i voucher». Eppure ci sono altri importanti parchi divertimento in Italia (vedi Gardaland) che hanno aperto al pubblico. «La maggior parte di questi appartiene a multinazionali e – sottolinea il direttore – avendo alle spalle realtà così importanti, è più facile affrontare anche certi rischi». 

Il più grave quest’anno riguarda l’incertezza sul turismo che non permette di fare previsioni. «Se avessimo aperto – ammette – sarebbe stata una stagione durante la quale ci saremmo fatti tanto male. Non potevamo rischiare di non riuscire ad aprire il prossimo anno». Quella di rimanere chiusi, per il direttore Russello, è dunque una scelta di lungimiranza. «Per garantire all’azienda continuità ispirandoci a un concetto che va tanto di moda, quello della resilienza – conclude – ovvero di resistere in un momento di crisi, riuscire a far fronte alla difficoltà e superarla». Con Etnaland chiuso, chissà dove andranno quest’anno le persone a fare il tappina-sharing


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